La fine della specializzazione Chi scrive è un ragazzo 21enne di Monza che si è diplomato un paio di anni fa or sono con una maturità scientifica tecnologica all’istituto Enrico Fermi di Desio. Dopo aver finito gli studi, contando che avevo tanto nella mente ma nulla nell’esperienza, ho deciso di seguire la strada che reputo sarà quella maestra nel prossimo futuro: l’informatica. Essendo un ambiente vastissimo ho deciso di specializzarmi perché le mie ottime conoscenze nell’hardware (non hai idea di cosa vuol dire “giocare con un pc”. Se lasci un attimo da parte il gioco in sé e ti applichi sulla configurazione dei dettagli grafici e sonori rischi di passare giornate a fare test su componenti con il fattore mamma che continua: ”quand’è che finisci di giocare? Piuttosto prendi un libro e studia!&rdquo ![]() ad un approccio più commerciale come ad esempio un fornitore o un rappresentante (non che adesso disdegno i 2 lavori, anzi!). Così ho deciso di seguire un corso convenzionato dalla Comunità Europea sulla protezione e amministrazione di reti informatiche della durata di 1 anno imparando i fondamentali e qualcosa di più sull’argomento. Il corso doveva comprendere anche l’attestato Ecdl con i 7 esami anche questi convenzionati a 15 euro a esame... probabilmente gli organizzatori del corso sono scappati con i soldi (non è una palla) e non si sono fatti più sentire... Con i miei compagni aspettiamo ancora un po’ e poi avvisiamo Striscia (unico metodo per avere giustizia in queste cose, purtroppo!). La gente non capisce (come tu sostieni da tempo) la straordinaria utilità della rete: velocità (e-mail) e informazione (forum): nel periodo in cui una vignetta può inclinare i rapporti tra Oriente ed Occidente, che un virus kamasutra è capace di metterti a 90° ma è impossibile che ti trovi, e che il comando dei vigili di Milano sono in balia di 4 hacker novelli (un po’ godo...). La psicosi da internet è elevata... indovina dopo 1 anno cosa faccio? Il call-center! Quanto costa un’assenza Lavoro per un’importante società telefonica a 5 euro l’ora più incentivi in base ai contratti venduti. Contratto a progetto di 6 mesi, ma il bello è che se sto a casa più di 2 giorni in un mese, non solo non vengo pagato per i due giorni di assenza, ma in più la mia paga oraria scende a 4 euro l’ora per l’intero mese, se rimango a casa più di 6 giorni la retribuzione scende a 3,5 euro l’ora. Se sto a casa, non solo non vengo pagato ma devo restituire i soldi all’azienda. Grazie legge Biagi! il mio futuro a 38 anni ora è più roseo. Lavoro di famiglia Ho 25 anni. Ieri mi sono licenziato da un call-center in cui mi pagavano 6 euro all’ora. No, non mi sono licenziato per la paga, scherzi? La paga è buonissima. Mi sono licenziato perché facendo poche ore sono arrivato addirittura ad accumulare, a gennaio, 60 euro di stipendio. Ok, ci sono anche altri motivi, ma non è questo il punto. Il punto è che anche la mia mamma e il mio papà, in un’altra città, lavorano in un call-center. Hanno entrambi più di 50 anni, e ora guadagnano poco meno di 5 euro all’ora. Prima erano disoccupati (da un anno); prima ancora avevano una bellissima attività artigianale, da molti anni. L’attività è stata chiusa, non mi pare necessario riportare i motivi. Anzi, mi piacerebbe me li spiegassero i nostri dipendenti. Ora hanno un bel contratto co.co.co.co.co.co.co. Una volta andavamo in vacanza, in pizzeria e al cinema. Ora chiamiamo la padrona di casa per chiedere se possiamo pagare l’affitto (di 200 euro!) in un periodo migliore e stiamo attenti a quanti caffè prendiamo al giorno. Ah, ho una sorella di 17 anni, un’adolescente a costo zero, per sua fortuna. Se avesse interesse nelle cose che la tv del popolo nano propina sarebbe depressa. Dimenticavo: nel lavoro dei miei genitori, se non sei produttivo, ti lasciano a casa, senza pensione, ma pieno di ferie. Speriamo che vada in ferie anche la padrona di casa. Come stanno le cose Sono uno studente universitario. Lavoro ormai da un anno in un call-center del meridione. Per ovvi motivi non rendo pubblico né il mio nome (dato che lo dico al telefono ogni giorno) né il nome dell’azienda per cui lavoro, però posso dirti che ogni giorno per sei ore (e a volte anche di più, anche se il contratto resta sempre uguale: senza “straordinario&rdquo ![]() a centinaia di “dubbi, incertezze, perplessità e reclami” di gente che usa il telefonino del “Tronchetto dell’infelicità”. Il mio stipendio (dopo innumerevoli, vani tentativi di capirci qualcosa, anche andando a “pestare i piedi” ai burocrati aziendali) ammonta a 5 euro “lordi” l’ora. Il mio contratto (co.co.pro.) dice espressamente che lo stipendio non è basato su compensi orari, ma è un mix di percentuali varie sulla produttività e sui risultati raggiunti “globalmente dall’intero novero degli operatori” più incentivi di rendimento ecc. Il mio contratto (trimestrale) dice che non posso percepire meno di 1.000 euro/mese (lordi) e non più di 1.300 euro/mese; da circa 5 mesi non riesco a percepire più di 750 euro/mese perché (mi è stato risposto) la mia percentuale di “non fatturato” è salita al 20,03%! Sai perché? Perché da circa 5 mesi sto tentando di dare risposte “certe e comprensibili” a centinaia di migliaia di persone che sottoscrivono offerte al limite della “truffa” (per come vengono pubblicizzate) e che chiamano ogni giorno sempre più incaz...te; la durata di ogni chiamata che prendo, in questo modo, supera ampiamente i 3 minuti (di mediocrità nellerisposte, che il Committente considera uno standard di ottima produttività ![]() di “accontentarmi” dei 650-700-750 euro/mese che mi passa l’Azienda. Per lo meno mi levo lo sfizio di dire a tutte le persone che mi chiedono legittimi chiarimenti come stanno veramente le cose! Con buona pace del Tronchetto e di tutti gli Italiani che usano il telefono cellulare! Quando cade la linea... Ho 36 anni e lavoro nel più grande call-center italiano precario ormai da oltre 5 anni con contratto di collaborazione a progetto: no ferie; no malattie; no paga fissa, ma lavoro a cottimo; si guadagna in base ai contatti utili, alle telefonate ricevute portate in porto; penso sempre più di non aver futuro e se non vivessi ancora con i miei (l’unico mio ammortizzatore sociale) sarebbe ancora più pesante per me; le buste paga si aggirano sui 600 euro mensili quando va bene ma ne ho avute tante che non superavano i 400 euro; mi accorgo di non esistere per gli apologeti di questa legge; questi pensano che questo schifo di legge Maroni riguardi solo giovani che devono farsi la paghetta mensile per pagarsi le tasse universitarie e l’uscita del sabato sera; non hanno capito che c’è gente (la maggioranza) che con quei contratti precari e quelle paghe da fame ci deve vivere! E che ci sono tantissimi ultratrentenni; non capisco perché il lavoro precario debba costare meno di un lavoro a tempo indeterminato; in proporzione non costa di più affittare un auto o magari un dvd che acquistarli? Ecco: dovrebbero fare in modo che per un azienda questa forma di contratto costi più di uno a tempo indeterminato, proprio perché i rischi e l’aleatorietà sono maggiori. Voglio concludere solo ricordandovi che quando chiamate un call-center perché avete un problema o solo per un informazione, non stupitevi se cade la linea, se l’operatore è impreparato o a volte scortese; l’azienda impone e preferisce la quantità alla qualità e se la chiamata dura troppo vieni “invitato” a tagliare e oltre un certo lasso di tempo non guadagni più per cui... cade la linea. Io non ho più stimoli; faccio il mio lavoro ma non ci metto quella passione e quel sovrappiù di professionalità perché l’azienda non mi gratifica né economicamente (anzi sono frequentissimi gli errori in busta paga sempre a perdere) né in altra maniera. ( 14/9/2007 21:40:57 - N. 280277 ) |
Tutti a casa Lavoravo per meno di 5 euro l’ora. Io studio e vivo coi miei, quindi ancora ancora mi poteva andare bene. Ma le storie che vedevo in quel call-center erano paurose. Studenti ma anche laureati, operatori turistici, ingegneri, gente in gamba, con famiglia, che conosceva 5 lingue, costretti a sottostare a contratti che cambiavano (in peggio) ogni mese a piacimento dei datori di lavoro e senza preavviso, e in sostanza a un lavoro monotono e sottopagato (300- 350 euro al mese in media). Tutto ciò fino a quando un giorno siamo stati avvisati che dal giorno dopo non ci saremmo più dovuti presentare al lavoro perché il call-center sarebbe stato chiuso. Fine del gioco, tutti a casa e non importa se senza preavviso. Magari non hai un’altra offerta pronta sottomano e per un mese o due magari non lavori affatto e devi trovarti un modo per mangiare e pagare le bollette. Le aziende chiaramente fanno il loro gioco ma sono le leggi che devono tutelare i lavoratori ca..o! Il cliente non conta nulla Quarantadue anni, laureato con 110/110 e lode in sociologia, dopo anni di piccoli lavori saltuari, approdo come co.co.co. presso un call-center di una nota compagnia telefonica. Si guadagna a chiamata, ma si è ben formati, e se si vuole, si offre un ottimo servizio al cliente... Lo scorso anno con la legge Biagi il contratto diventa di somministrazione... 550 euro al mese per 4 ore.... Da allora il cliente che chiama non conta nulla... la formazione precipita... conta solo vendere... c’è una pressione psicologica su noi addetti da parte di chi gestisce il call-center pazzesca... obiettivo è solo uno: vendere servizi e prodotti, e guai se non ci si riesce... Resisto un anno... poi mi dimetto: ora sono senza lavoro... Aspettando una telefonata Nei call-center non si impara un mestiere. Non si costruisce il proprio futuro. Si aspetta una telefonata che permetta di guadagnare meno di un euro, e se la telefonata non arriva non si guadagna. Si sta lì, in attesa che il telefono squilli. Oppure che qualcuno risponda, e si faccia convincere ad attivare linee, tariffe, a comprare prodotti, sottoscrivere abbonamenti. E la flessibilità d’orario comincia presto ad andare in un’unica direzione. Se in sei ore non si guadagna abbastanza per poter sopravvivere, si resta seduti sette, otto, nove ore. Si fa richiesta per il doppio turno. E nonostante ciò, non si costruisce nulla. Il futuro resta un discorso ancora da affrontare. Ma non oggi. Oggi bisogna chiamare. Vendere. Capita talvolta, a taluni fortunati, di ricevere un vero stipendio. Una busta paga. Che c’è per tre, quattro mesi. E poi chissà? E poi puoi restartene a casa perché il contratto è scaduto. A cercare lavoro, sperando di trovare l’impiego per il quale anni di studio sono stati investiti. E finire in un altro call-center. Ho la fortuna di aver finalmente trovato un impiego vero, ma vedo mia moglie, e molti dei miei amici arrancare fra una cornetta e l’altra. Si capisce questo quando si parla di precariato? Che non si tratta di cambiare semplicemente lavoro ogni tanto, ma di lavorare spesso praticamente gratis, chiusi in cubicoli alienanti innanzi a un pc? ( 10/9/2007 22:36:16 - N. 279137 ) |
Tutti a urlare nel microfono Ho lavorato presso un call-center di Torino: una schifezza. Con 5,50 euro all’ora, lordi, contratto in prova, a loro dire durante la formazione, che poteva andare da una settimana a 2 mesi ma che poi si rivela durare necessariamente 2 mesi onde evitare malumori e scontri interni. Tutti in uno stanzone, tutti che urlano a ‘sto benedetto microfonino, che poi, voglio dire, c’hai il microfono apposta per non urlare ed invece tutti ad urlare, un caldo allucinante, pausa di 10 minuti dopo 2 ore e poi dritti fino alla fine ed obbligo di fare 4 contratti al giorno. Spingevano addirittura a non dire tutto quanto e i miei “capi” erano meno informati di me sul mondo delle tlc. Sono durato 3 giorni. Poi me ne sono andato, a tutto c’è un limite. Insomma, meglio in cantiere, davvero... Freddo, ma corretto Io lavoro in un call-center outbound (vendita telefonica). Il lavoro è part-time per scelta mia, e la retribuzione oraria è di 7 euro + un buono pasto giornaliero di 6 euro (rarissimo nel parttime), inoltre al raggiungimento degli obiettivi (budget di vendita) ci sono anche dei premi che permettono di aumentare lo stipendio anche di un buon 20%. L’azienda è di prim’ordine e storicamente conosciuta nell’ambito del servizio che offre (per intenderci spazi editoriali e non bond argentini). L’ambiente di lavoro è sicuramente un po’ “freddino”, all’americana con i tutor che ti controllano e ti incentivano alla vendita. Ho anche lavorato in ambienti meno sani, sottopagato, e schiavizzato da ex impiegati di call-center che diventati una volta tutor sono alla stregua dei secondini. Io, per mia scelta e per tutta una serie di motivazioni extra lavoro, non ho grossi problemi o insoddisfazioni, ma ciò non toglie che la situazione non possa e non debba essere migliorata. Innanzi tutto il caro e vecchio sciopero anche se non tutelato o autorizzato, procurerebbe a queste aziende danni economici notevoli rispetto alla perdita, da parte dell’impiegato, di qualche giorno di stipendio, se non alla perdita dello stesso impiego (questi posti sono sempre alla ricerca di qualcuno da assumere quindi trovare un’altra posizione di m... non sarebbe poi così difficile). Volendo esagerare un bel licenziamento in massa sarebbe ancora più efficace, in quanto non bisogna dimenticare che solitamente in certe aziende, una volta assunti si fanno dei corsi di formazione della durata di almeno una settimana, lasso di tempo che in caso di un assenteismo totale provocherebbe danni considerevoli ai fatturati delle stesse (aziende telefoniche, assicurative ecc. ecc.). EQuesto libro è concesso in licenza Creative Commons. E’ vietata ogni forma di vendita. queste sono solo alcune soluzioni, chissà quanti di voi potrebbero dalla loro esperienza proporne altre... o forse il problema è proprio questo? Lavoratori intestinali Ho lavorato per due mesi in un call-center, assunto tramite un’agenzia di lavoro interinale. Paga lorda, 6,70 euro l’ora, con due pause da un quarto d’ora. Non potevi chiacchierare se nessuno chiamava, non potevi sentirti libero di andare al bagno, non potevi nemmeno protestare se qualcosa non era giusto. Il clima era più simile a quello di una scuola elementare, con la perfida maestrina che cazziava tutti coloro i quali non si conformassero a sufficienza. Sono stato ripreso per aver osato mangiare una caramella tra una telefonata e l’altra, (NB: non mentre rispondevo). In caso di contestazione, sempre queste parole: “Oè, _intestinali_... Entrate dalla porta principale ma uscite dalla porta di servizio, e nessuno ci farà caso. ricordatevelo”. Ho lavorato per due mesi, giusto per coprire il boom di contratti. Poi, appena inutile, di nuovo a casa. Però mi hanno costretto a fare la media di 70 attivazioni al giorno. Penso che se avessi lavorato meno, magari avrei ancora quel lavoro... Oggi? Disoccupato, con una laurea, un master da pagare (sì... ma come???), esperienza, tirocinii gratuiti in tutte le salse, ma quando si tratta di chiedere la tua “pagnotta”, ti si ride in faccia. Ultima offerta di lavoro, 20 euro per 8 ore al giorno, per seguire un ragazzo autistico. In nero. Al peggio non c’è mai fine. Coraggio. Non posso concedermi nulla Ciao a tutti. Sono un ragazzo neo diplomato in informatica. Dopo diverse domande di lavoro sono stato chiamato da un’azienda informatica del posto che mi ha inviato in un presidio presso l’amministrazione comunale della mia città. Il mio compito, come già citato nel post, è quello di rispondere al call-center per l’assistenza tecnica informatica. Ho un contratto co.co.pro. a 4 ore al giorno per 580 euro al mese circa. Non ho trovato nessun altro impiego. Il contratto mi è stato fatto inizialmente di 4 mesi (15 sett 2005 - 15 gen 2006) successivamente rinnovato per altri 8 mesi fino al 14 settembre 2006. Forse sono fortunato perché dalle voci che sento dire l’azienda vuole cercare di formarmi al fine di uscire da questobuco di ufficio e rispondere in continuazione al telefono. E meglio ancora da quello che sento dire, teoricamente l’azienda dopo circa un anno di co. co. pro. cerca di assumere tutti con un contratto a tempo indeterminato. Sta di fatto però che io per un anno non posso concedermi nulla, né una macchina né nulla. Anche perché con 500 euro non si va molto lontano. Vorrei sottolineare che anche l’amministrazione comunale stessa non assume più, ma sempre co. co. co. co. co. co. co. pro. e compagnia bella. A volte mi chiedo... ma con tutti questi co co co co co forse non siamo noi i polli? E potremmo paragonare la Legge Biagi a un’aviaria che non ci dà speranze di crescita! Vado via salutando tutti con un co.co.co.co.co.co.dé! ( 31/8/2007 18:50:6 - N. 276647 ) |
Tempo rubato Ho lavorato quattro anni per un famoso call-center di Bologna. Per carità la paga era accettabile ed ero assunta (una delle ultime fortunate) a tempo indeterminato. Ma, superati i 27 anni, mi sono sentita addosso una specie di “pressione” dall’alto. Diciamo che sentivo che comunque qualcuno stava dando al mio lavoro una data di scadenza. Risultato: la maggior parte del mio stipendio è servita per la psicanalisi, i corsi di Yoga ecc. Ora mi sono licenziata, vivo in campagna e amo la vita. Figuriamoci quei poveri ragazzi che vendono Adsl & Co. per 200 euro al mese: Basta... non lasciate che rubino il vostro prezioso tempo. Zero euro fissi Mi pagavano (udite udite) 30 centesimi a contatto utile (cioè la telefonata chiusa con un “no grazie&rdquo ![]() arrivavo in periodi di grazia a 200 euri, negli ultimi mesi invece, quando erano finiti i nomi da chiamare e riciclavano i numeri di gente che aveva rifiutato (e che continuava a rifiutare), prendevo max 50 euro. Insomma era possibile che se in un giorno nessuno rispondeva tornavi a casa con un pugno di mosche. Lavoravi gratis, anzi facevi pubblicità gratis. Il mio contratto era di 3 mesi rinnovato ogni volta di 3 mesi se mantenevi una media di attivazioni l’ora superiore ad un tot: una logica che portava alcuni biechi colleghi a raccontare cazzate al telefono per vendere. In finale: lavoravi col patema del rinnovo, col patema di attivare e di riuscire a spiegare il prodotto a chi rispondeva altrimenti manco pagavano! Meglio fare come i rumeni, aspetti che la mattina ti raccolga qualcuno e ti porti al cantiere, almeno ti metti in tasca 50 euro con un giorno non con un mese! Voglio metter su famiglia Ho 33 anni e lavoro da 13. L’unico contratto a tempo indeterminato che ho avuto è stato nel 1993 quando lavoravo presso un fast food. Al tempo lavoravo per mantenermi agli studi e oggi lo ricordo come il periodo più ricco della mia vita... poi... co.co.co. e contratti a tempo determinato. Ho lavorato per 1 anno a tempo determinato presso un famoso tour operator italiano ma l’11 settembre ha fatto chiudere gli uffici a Bologna, poi dopo altri 2 Questo libro è concesso in licenza Creative Commons. E’ vietata ogni forma di vendita. tempi determinati sono approdata in aeroporto a Bologna come impiegata di scalo (agente di rampa), con tanto di professionalità acquisita con corsi Iata ed esperienza. Dopo 3 anni e ben 7 o 8 contratti a tempo determinato, (scusate, ho perso il conto) mi hanno lasciato a casa insieme ad altri 40 colleghi. La società per la quale lavoravo è in rosso, ma nessuno ne parla... anzi l’aeroporto di Bologna è ormai considerato un aeroporto internazionale. Da settembre sono praticamente disoccupata... ah, no... lavoro presso un call-center per 5,30 euro lorde l’ora... e mi piacerebbe mettere su famiglia. Ma con quale coraggio? Aspettando la scena Laurea 110 e lode nell’ambito delle arti visive nel 2004. Da quel luglio c’è mia sorella che deve continuare a studiare, esco di casa e comincio la mia vita di 24enne emancipata economicamente. A sentire la destra cacchio, son tutti lì che m’aspettano. Spasmodica ricerca del lavoro nel mio campo, durata tutta l’estate. Cazzo, dopo una settimana ho già un lavoro! Allora è proprio vero, aspettavano tutti me! Un call-center di un corriere espresso. Bene, per sentirmi cazziare al telefono quattro ore al giorno, meno di cinque euro all’ora. Spazio lavorativo circa trenta centimetri quadrati, in cui gestire telefono anteguerra e computer antidiluviano. Un caldo boia. Per refrigerarci ci si piantava i ventilatori nella schiena. Le finestre non si aprivano completamente. Se il tuo collega posto alle tue spalle è ciccione ti tocca stare tumulato nella tua postazione con pochissima possibilità di movimento, le sedie cozzano tra loro. Dopo una settimana mi rompo decisamente i coglioni. Comincio a girare per i laboratori artigianali, di scenografia, in cerca di lavoro e quando va bene mi offrono uno stage per qualche mese in cui mi dicono che, cazzo, lo stage è gratis, cioè non devi pagarli per lavorare, e che un pranzo non mi verrà negato. Manco un’opera di mutuo soccorso... Trovo finalmente un lavoro in uno studio scenografico, l’esperienza finisce a gennaio. A gennaio punto e a capo. Altro call-center, altra storia. Altro contratto mensile rinnovabile. Dopo un mese a vendere alimentari e a sentirmi dire che sono la peggiore del call-center, checcavolo, prendo 5,20 all’ora, potevo autoconvincermi di che privilegio fosse smerciare burrate per telefono, mi rompo di nuovo le palle. E ripunto e a capo. Tra un lavoretto e l’altro per tirar su 700 euro devo fare due lavori. Ho trovato un buon lavoro a fine primavera 2005, con contratto sempre a termine. Per me ormai è un alibi per mettere da parte soldi, e in futuro aprire un laboratorio tutto mio. Al 26 sera!!! ( 30/8/2007 14:33:32 - N. 276345 ) |
Piange il telefono Nel 1850 il costo di uno schiavo in America era 1.000 dollari, circa 38.000 dollari di oggi. Un investimento. Meglio del mattone. Lo schiavo andava istruito, la sua salute tutelata, la sua famiglia protetta. La legge Biagi, co.co.co. e co.co.pro. hanno portato insicurezza e stipendi da fame. Fare lo schiavo sudista era più conveniente. Almeno poteva farsi una famiglia. Lo slogan ‘Lavorare tutti, lavorare meno’ è stato raggiunto. L’Italia si è trasformata in una nazione di precari, di sotto-occupati e di senza lavoro. Di universitari che rispondono nei call-center a cinque euro all’ora. Lordi naturalmente. Un master alle spalle Sono anch’io un lavoratore di call-center. Ho 27 anni, sono laureato e ho un master alle spalle. Sono uno di quelli altamente qualificati che stentano a trovare un lavoro dignitoso e che ripiegano nei call-center per avere qualche centinaio di euro in più in tasca. Sono anch’io uno schiavo moderno. Circa un mese e mezzo fa sono stato assunto come operatore outbound (in pratica rompere le balle alle persone fino alle 9,30 di sera!) per una scuola di inglese di Napoli a 5 euro lordi l’ora. Inutile dirti che in questo call-center siamo tutti laureati o laureandi (potendo scegliere scelgono il meglio, mi pare ovvio!). Questa mattina sono stato convocato dal mio supervisore in merito al mio recente rendimento: a detta sua scarso e aggravato dal mio comportamento “strafottente nei suoi confronti”. Che tradotto significa: rifiutarsi di venire a lavorare prima senza che il tempo in più venisse conteggiato, richiedere la copia del contratto che abbiamo firmato senza che ci fosse la data di fine rapporto e, cosa più grave di tutte, esprimere le mie idee (ci tengo a precisare comunque che il mio rendimento non è poi così scarso: non sono mai stato assente nel mese di marzo e ho già fatto un paio di contatti utili ai fini dell’obiettivo mensile). Tutti quelli che lavorano, hanno lavorato e, sono sicuro, lavoreranno in questo call-center firmano contratti di collaborazione a tempo determinato nei quali è lasciata in bianco la data di fine e soprattutto senza che ne venga data la copia firmata (i più fortunati hanno al massimo una fotocopia!). Il supervisore, dopo aver ricamato in modo patetico sul mio comportamento “sovversivo” mi ha invitato a firmare le dimissioni e al mio rifiuto è andato su tutte le furie dicendomi che solo per tale comportamento meritavo di essere mandato a casa (rinunciare di firmare le dimissioni?). In evidente difficoltà mi ha fatto parlare con il direttore dicendo che non voleva altri casini e che stavo dando i numeri. ( 30/8/2007 14:28:37 - N. 276343 ) |