Blog di HermannSimon

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Con il Quinto US Open consecutivo conquistato, il Re dimostra di essere ancora vivo.
Grazie, Federer.












Forza, Roger!







( 9/9/2008 14:38:16 - N. 348884 )
blog modificato il: 09/09/2008 14:40:08

1. Scale dell’Università – Pizzeria - Stazione Centrale
2. Cinema (in tono maggiore?)
3. Bar a Piazza San Domenico Maggiore
4. Mensa Universitaria
5. Cinema (in tono minore?)
6. L’incontro casuale porta a casa sua…
7. Salto alla Feltrinelli
8. Lungomare
9. Marionette, Pub, Beautiful
10. Il lungo addio; in moviola tra un ristorante, una casa e le serali strade napoletane.


Passano gli anni e le persone cambiano radicalmente, sopraggiungono incontri, passano persone (comprese quelle di coabitazione ad uno spazio temporale più vasto), situazioni, cose, storie.
Eppure quelle sono le 10 tappe che maggiormente regnano nel mio immaginario collettivo. Per ragioni intime, per quel senso di inespresso ed inesplorato, per convinzioni del destino.
Queste tappe non avranno un seguito diretto o indiretto perché non esistono le fiabe. Però sono li’, lontane e vicine. Non necessariamente vissute per essere in prima linea in una vita futura altrimenti passatista e dunque inetta. Ma la cancellazione delle stesse è pressoché impossibile.

I capelli erano lunghi, di un castano anomalo, il corpo snello, gli occhi come i miei.


( 9/9/2008 01:52:15 - N. 348820 )

GOMORRA


L’impero economico camorristico è come una pentola a pressione che macina di continuo per poi esplodere quando la legge del sistema lo richiede. Movimenti sotterranei, illegalità che viaggiano sui bordi di putride periferie, palazzoni fatiscenti che fanno da scudo ad umanità che vanno ben oltre i margini a cui si crederebbe. Questo potere è mirabilmente riassunto nel libro, prezioso tour de force giornalistico/romanzesco, appassionato ed appassionante cronaca di un marciume che quasi parte dal nulla e si espande come un virus contagioso.
Roberto Saviano è un eroe civile, complementare al Don Peppino Diana, innocente vittima assassinata dalla camorra nel marzo del ’94, a cui Saviano dedica un capitolo del suo libro.
Il “Gomorra” libro è e resterà un documento di inestimabile valore che tra decenni saprà ancora testimoniare indelebilmente un periodo, un territorio, un dramma comunque impossibile da cancellare.
Matteo Garrone non avrebbe potuto fare una scelta più saggia nel porsi al cospetto di una trasposizione cinematografica di un’opera di tale portata. Infinita la mole di personaggi, storie, azioni concentrate nelle 331 pagine del libro. Spunti presi in prestito, una storia (quella del sarto Pasquale) estrapolata e ricucita su pellicola con discreta fedeltà e rispetto, indizi disseminati qua e là tra le righe e gonfiati, fatti storie, micro (macro?) vicende di un male assoluto.
Cinque storie incastrate senza incroci materiali, lasciate evolvere con un rifiuto del colpo di scena e di traiettorie tipiche del gangster movie.
L’incipit del film è già di per sè memorabile: uomini e ragazzi sfatti o tirati a lucido in un solarium che dovrebbe garantire una pelle splendida per coloro che caricheranno pistole e dosi di stupefacenti. Le luci violacee delle lampade abbronzanti che si fanno attrezzi alieni sposano note neomelodiche sulle quali si staglia la scritta a caratteri cubitali dipinti di rosa carico: GOMORRA. Prima però fluttui di sangue sciolti in inquadrature fisse di freschi cadaveri. Forse l’unica concessione spettacolare di un film che invece rifiuta ogni tipo di scorciatoia incorporando un’essenzialità che non è obbligatoriamente sinonimo di semplicità.
Matteo Garrone non ha voluto fare un film di denuncia, non nomi e cognomi di camorristi noti o meno, spiaccicati e fatti sentenza, non una lotta buoni/cattivi a sottolineare dove va piazzata di preciso la giustizia.
In “Gomorra” le istituzioni nemmeno ci sono. Pochi sono gli scontri a fuoco, relativamente poche addirittura le banconote in bella mostra, se consideriamo che rappresentano la linfa vitale del sistema tutto.
Garrone ha voluto fare un film dove lo sguardo è incollato al personaggio di turno, un occhio quasi alla Dardenne con pedinamento che riesce a non dare scampo. A testimonianza del discorso, l’immagine si riempie talvolta di sfondi sfocati: anche la distesa dell’enorme sartoria cinese è totalmente assorbita dalla nuca di Pasquale, dai suoi sguardi spaesati dediti esclusivamente ad indicare all’occhio dello spettatore lo stato d’animo del protagonista. Lo scavo della pellicola non affonda gli artigli nella malavita, quanto piuttosto in persone che sono addobbi di essa, vittime e carnefici. Nessuno dei protagonisti delle cinque storie è un uomo di prim’ordine del sistema. Addirittura il Franco di Toni Servillo, forse il più spregevole tra i personaggi principali, sembra serenamente invischiato in un meccanismo presumibilmente non azionato da lui stesso.
L’infanzia di Totò – cosi’ come quella degli altri ragazzini pronti a sottoporsi all’esame dell’antiproiettili - nemmeno può dirsi rapinata. Una prassi, un processo vitale dove la scelta non è qui di casa, dove la vita è onnipotenza e viceversa.
Mai un gratuito estetismo in “Gomorra”: i campi lunghi sono tanto apprezzabili nella loro mirabile compostezza tanto quanto lo scheletro dell’immagine nasconde una paesaggistica che mette paura tanto è degradata (agghiacciante l’aerea ripresa sui tetti dei palazzi con piscine per bambini).
Fondamentale la scelta del cast (che recita quasi sempre in dialetto napoletano, sottotitolato per l’occorrenza): l’impressionante scavo sui volti dei personaggi è affidato a veterani attori di matrice teatrale (Toni Servillo, Gianfelice Imparato), affiancati da uomini di teatro meno noti, presi dalla compagnia teatrale Arrevuoto di Scampia, messi spesso in scena accanto ad attori non professionisti, pescati direttamente dalla strada. Necessario anche il contributo tecnico, con una citazione d’obbligo per il sound designer Leslie Shatz (già collaboratore di Gus Van Sant), che compone il tappeto sonoro di traffici, spari e musica che emerge esclusivamente dagli ambienti che dominano la scena. Il più delle volte sono canzoni neo-melodiche (“che i camorristi ascoltano poco prima delle proprie missioni”, scrive Saviano, che a sua volta ha contribuito alla stesura della sceneggiatura).
L’autore c’è eccome, ma non ci pensa a far pesare la sua presenza, agendo il più delle volte per sottrazione di immagini, con sequenze che tagliano improvvisamente i momenti che potrebbero affogare in patetismi e facili lacrime: si veda come viene sbrigato il pur struggente episodio dei due piccoli amici, Totò e Simone, che devono salutarsi perché presto legati a faide nemiche. Resta una statua di Padre Pio in scena, poi subito tirata su da una fune. Come dire: “lontano da Dio e dagli uomini”.
Se si esclude parzialmente il personaggio di Roberto - che comunque abbandona la personale attività, senza per questo potersi dire salvatore della patria – in “Gomorra” non si respira una sola ventata di speranza. Tutto è terribilmente nero.
Non un rimando alle virate grottesche alla Elio Petri né una forma di inchiesta alla Francesco Rosi.
Matteo Garrone sembra aver trovato l’unica chiave possibile per affrontare un tema tanto spinoso: da una parte il cineocchio rosselliniano fedele ma non per questo sempre obbediente, dall’altro lo scavo in un territorio, che non assomiglia a quello di nessun altro. Come il film, fuori da ogni genere e tendenza, spartiacque di una visione che ci dice chi siamo e dove stiamo andando. E per questo epocale.





Una mia recensione tratta da
http://www.ondacinema.it/film/recensione/gomorra.html
( 30/5/2008 20:40:5 - N. 335298 )
blog modificato il: 30/05/2008 20:42:38

E chi disdegna il mondo virtuale ?!?
Voglio dire: ne ho conosciute di persone grazie ad internet. Pensate un po’: alcuni meritavano pure di essere conosciuti. Una particina di queste conoscenze ha, in qualche modo, preso parte alla mia vita, pur con pochi superstiti che ancora riesco a frequentare. E ciclicamente capita di conoscere altre persone, incontrarle, frequentarle.
Aberriamo entrambe le sponde: inserirsi in chat per mirare ad appuntamenti prestabiliti o far finta di nulla perché “in fondo quella persona l’ho conosciuta in rete e non s’ha da frequentare”. Due vedute imbecilli: la seconda forse ancor più della prima.
Voglio dire: ci sono giornate durante le quali si naviga in rete per assorbire la nullafacenza periodica, che poi ti ritrovi la sera con gli occhi stanchi e il mal di testa regolare. Caspita se capita anche a me!
Eppure, in questo infinito calderone c’è una cosa che non riesco a far mia: lo scambio su msn.
Io non ci riesco a chattare su msn, non riesco a far emergere nessun aspetto della mia personalità in quel modo. In verità non mi piace farlo nemmeno con persone con le quali il rapporto è già collaudato. Il “problema” (?) è presumibilmente il mio. Insomma: saranno due mesi o forse più che non vi accedo per un solo attimo. Liberi di chattare. Tutti. Ma che il programma non faccia da scudo ad incontri live. Voglio dire: ci sono persone che si scambiano messaggi per anni interi senza essersi mai incontrati. Ecco: ‘sta roba non la capisco mica.
In poche parole posso dire che msn ha la propria utilità, se ben dosato si fa pure svago, ma una cosa non capisco e proprio non condivido: gli scambi che vengono riportati sui blog di ircnapoli. Posto che nel 95% dei casi un qualsiasi scambio può interessare solo ed esclusivamente ai due interlocutori, quegli estratti rappresentano attimi di svago, ed è qui che fatico a comprendere: quel determinato momento, senza nemmeno la scusante di un chiacchiericcio faccia a faccia che possa conservare un momento “autentico”. Che ognuno la veda come meglio crede: per quanto mi riguarda nessun scambio da msn merita di essere riportato su un blog di ircnapoli. Dalla mia prospettiva: proprio una cosa senza senso alcuno.


( 20/4/2008 20:20:50 - N. 329424 )

Le recensioni cinematografiche che ho scritto, per Ondarock, nel primo quadrimestre del 2008.
Se a qualcuno va di leggerle... fa sempre piacere:

“Cous Cous” ( “Le Graine et le mulet" ) di Abdellatif Kechiche
http://www.ondacinema.it/film/recensione/cous_cous

“Into the Wild” di Sean Penn
http://www.ondacinema.it/film/recensione/nelle_terre_selvagge

“Lo scafandro e la farfalla” ( “Le scaphandre et le papillon” ) di Julian Schnabel
http://www.ondacinema.it/film/recensione/scafandro_farfalla

“Il Petroliere” ( “There will be blood” ) di Paul Thomas Anderson
http://www.ondacinema.it/film/recensione/petroliere

“Sweeney Todd” di Tim Burton
http://www.ondacinema.it/film/recensione/sweeney_todd

“Un bacio romantico” ( “My Blueberry Nights” ) di Wong Kar-wai
http://www.ondacinema.it/film/recensione/bacio_romantico

“Tutta la vita davanti” di Paolo Virzi’
http://www.ondacinema.it/film/recensione/tutta_vita_davanti





( 17/4/2008 20:21:29 - N. 328954 )
blog modificato il: 09/09/2008 14:44:13

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