Nick: falconero Oggetto: DAMMI 3 PAROLE Data: 22/4/2004 21.37.39 Visite: 30
Dammi 3 parole di Annalisa Terranova "Gloria, Patria e Onore". Sarebbe una bella ed intelligente canzoncina; ma non credo che vincerebbe il Festival di Sanremo. Perché queste tre parole fanno ancora troppa paura. Perché sono semplici e dirette e perché parlano al cuore. Perché sono parole care a tutti i bambini, finché la scolarizzazione adolescenziale e la sindrome innata di "fare i grandi", non li porta a scimmiottare l’atteggiamento dissacrante e menefreghista che fa tanto "fico" e la facile trasgressione omologata e omologante. Perché sputare su queste parole è ancora un atteggiamento da primo della classe e da coccolo del professore. Perché il professore, se non ha addirittura fatto il Sessantotto, ha almeno fatto il Settantasette.Eppure sono le parole care a Don Chisciotte, paradigma di rivoluzionario conservatore che legna - ricambiato dolorosamente - una società moderna che tra snobismo ed utilitarismo ha perso il gusto delle cose che danno senso alla vita. Sono le parole di tutti gli eroi dei fumetti di ogni latitudine. Nessun bambino si identifica con l’imboscato che astutamente riesce a portare a casa la pelle e facendo il mercato nero si arricchisce. Si identificano tutti, invece, con il ragazzino che parte volontario e si fa ammazzare per tenere alta la bandiera o per portare in salvo il suo camerata ferito. Certo, il primo è un "vincente" e il secondo un "perdente", ma finché la società non ci insegna altrimenti, siamo tutti convinti che sia meglio morire da eroe e perdere con onore piuttosto che vincere slealmente e da vigliacco.E in questa candida lettura del mondo non ci sono "parti sbagliate", solo comportamenti sbagliati.E quindi ha pianto amaramente il nostro cuore di bambino - ancora non domato dalla logica dell’utile e del politicamente corretto - nel sentire un ministro del nostro governo, proprio quando ci toccava l’emozione di vedere per la prima volta i nostri eroi di El Alamein degnamente celebrati dal ricordo dell’intera nazione, affermare dinanzi ai familiari ed ai sopravvissuti di quel calvario, che quelli che noi consideravamo splendidi esempi "sono morti dalla parte sbagliata e con l’alleato sbagliato".Ma che cosa centra questo con il sacrificio glorioso, con l’abnegazione eroica che porta a scegliere la morte in nome e per conto della propria Patria e del proprio popolo, per mostrare al mondo che gli italiani sono anche capaci di scegliere tra la vita e l’onore? Non è una polemica contro il ministro della Difesa, è solo un messaggio accorato di un popolo ferito nei suoi valori più cari. C’è, certamente, anche un errore storico nell’esternazione del ministro. Come si fa a parlare di parte sbagliata per un episodio accaduto prima dell’otto settembre del 1943? Fino a quella data - e su ciò tutti concordano, eccetto, forse, i comunisti - la "parte" era una sola: quella dell’Italia, rappresentata dal Re e dal suo primo ministro. Fu l’Italia - e non il Fascismo - ad entrare in guerra con l’Inghilterra e la Francia al fianco dei tedeschi. è all’Italia - e non al Fascismo - che gli Usa dichiararono guerra a sostegno dell’Unione sovietica e dell’Impero britannico. Gli aerei inglesi bombardavano le città italiane, non le sedi del partito fascista. E i marinai, gli aviatori ed i soldati che morirono, come i nostri civili vittime dei bombardamenti, erano semplicemente italiani, come tutti noi.E per molti di noi - e forse, chissà, anche per il ministro - erano nonni e genitori, fratelli, sorelle e figli. E non si può parlare con leggerezza dei nostri caduti, non si può continuare con ipocriti distinguo. Alcuni sono giunti a sostenere che sia legittimo celebrare i carristi ed i bersaglieri morti ad El Alamein, ma non i paracadutisti, perché questi ultimi erano volontari e quindi, di fatto, aderivano al Regime. Ma il "regime" era quello del Re, fino alla sua fuga dell’otto settembre, e i paracadutisti sono quelli che hanno pagato il tributo di sangue più alto in quella battaglia. Ed infine, senza nulla togliere all’eroismo degli altri soldati, l’eroismo del volontario è ancora più significativo, proprio in virtù del suo volontarismo.Ma questi sono sofismi, e forse anche sofismi sciocchi. Forse addirittura irrispettosi quanto l’indelicata e imprecisa affermazione storica del ministro in questione. Noi a fare queste differenze non ci riusciamo. Noi non riusciamo ad impedirci, con il nostro cuore da bambino, di velarci gli occhi di commozione leggendo i racconti delle "gesta" - non minori di quelle che abbiamo ascoltato a scuola, quando si studiava "epica", di Rolando o del Cid Campeador - dei nostri eroici perdenti. E di sognare. Sognare un sogno sciocco ed inadeguato, inattuale e forse ancora fuori legge. Sognare di essere stato uno di loro, di aver avuto un’occasione, in un’altra vita, di stare al fianco di quelle migliaia di piccoli giganti. Non fieri di sé, ma fieri della propria Patria. Così fieri e fortemente orgogliosi di essere italiani da non permettersi un passo indietro, anche dopo aver finito le munizioni, anche martoriati di ferite e senza più le armi, perché non si potesse dire nel mondo che gli italiani cedevano, che gli italiani si arrendevano, che gli italiani fuggivano o consegnavano le loro bandiere.Sessant’anni di retorica della diserzione non hanno sconfitto il loro esempio, se a noi bambini è ancora naturale trovarsi a sognare di essere un giorno alla loro altezza. Se nelle nostre preghierine prima di addormentarci, come in un lampo di luce, affiora ancora il desiderio, fosse pure nell’ultimo respiro della vecchiaia, di avere la forza di scegliere dove e quando morire e soprattutto come.E morire abbracciato alla bandiera, con la divisa a brandelli, ma con ancora in testa un basco con la folgore ed il paracadute e con il cuore pieno di amore per l’onore d’Italia, resta per noi, francamente e malgrado tutto, il modo migliore.
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