Nick: Psyke Oggetto: sì, però Data: 7/11/2008 21.42.11 Visite: 105
Casalesi, ancora un arresto ma è allarme tritolo Un altro calcio all’arroganza della camorra. La Squadra Mobile di Caserta ha arrestato Vincenzo Cirillo, 26 anni, fratello di Francesco, in manette a giugno per le estorsioni subite dall’imprenditore Domenico Novello - ucciso dai Casalesi per aver denunciato i suoi estorsori –, e cugino di Alessandro, detto "o sergente", arrestato lo scorso settembre con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso con l'aggravante della finalità terroristica. Lo stesso reato contestato a Vincenzo Cirillo e agli presunti killer finiti in carcere per la strage di Castel Volturno del 18 settembre scorso: Giovanni Letizia e Oreste Spagnuolo, scissionisti del clan Bidognetti, capeggiati dal superlatitante Giuseppe Setola. Vincenzo Cirillo potrebbe essere solo un pesce piccolo, un fiancheggiatore, e tuttavia fornire informazioni preziose sullo squadrone della morte, il gruppo di fuoco che da maggio 2008 ha usato i kalashikov per uccidere 18 persone, e sullo stesso Setola, padrone incontrastato della camorra nel casertano, in quel nel cono d’ombra che si stende da Casal di Principe lungo la Domiziana, fino a Mondragone, regolato dal pizzo, dal traffico di droga, dagli omicidi senza soluzione di continuità. E da Gomorra, dopo le minacce di morte a Roberto Saviano e alla giornalista de Il Mattino Rosaria Cappacchione, arriva un altro allarme che mette i brividi. A lanciarlo sono i pubblici ministeri e la Direzione distrettuale antimafia di Caserta: i Casalesi sarebbero in possesso di 50 chili di tritolo, una quantità di esplosivo devastante da usare contro i loro bersagli preferiti: pentiti, giornalisti e forze dell’ordine. Secondo l’intelligence la notizia, trapellata da intercettazioni e da dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, è da ritenersi fondata, tanto da alzare al massimo le misure di sicurezza per gli obiettivi ritenuti sensibili. Al Viminale è già scattato il codice rosso: allerta massima sul cordone già steso intorno a Saviano, ai giornalisti minacciati da anni e al magistrato anticamorra Raffaele Cantone. Nel mirino di Setola e compagni potrebbe esserci anche le postazioni dell’Esercito – i 500 parà che lo Stato ha inviato nel casertano e che dovrebbero rimanere oltre la scadenza di dicembre – le questure e le caserme dei carabinieri, dove partono le denuncie dei collaboratori e dei pentiti. È stato uno di loro, Oreste Spagnolo, a raccontare al pool antimafia, lo scorso 7 ottobre: «Setola mi ha detto che cercava di procurarsi un detonatore con telecomando. Non mi ha spiegato cosa voleva farci, ma diceva che rea un modo facile per uccidere». Ma a Caserta il pericolo non è solo il tritolo. Un’altra arma degli eredi di Bidognetti e Schiavone "Sandokan", silenziosa ma altrettanto devastante, è il consenso, la compartecipazione di chi vive a Gomorra, di chi tace per abitudine, chiude gli occhi e volta le spalle alla legalità. A questa gente, ma anche alle persone che hanno deciso di ribellarsi alla legge dell’arroganza, era rivolta la protesta di giovedì 6 novembre organizzata da Sinistra democratica a Casal di Principe. Settantamila manifesti (scritta bianca su fondo rosso) affissi nel cuore della terra di nessuno in segno di solidarietà per Roberto Saviano: «La camorra è una montagna di merda», «Saviano è amico mio», «Facciamo neri i camorristi». Manifesti che già all’alba di venerdì sono apparsi strappati o addirittura coperti di insulti contro l’autore di Gomorra. Un’altra traccia di consenso per l’antiStato, per i nuovi mafiosi campani, sempre più simili, per strategia, crudeltà e forza ai Corleonesi stile anni ’80-‘90, quelli della mattanza di Palermo, delle stragi di Capaci e via D’Amelio. "[...]Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti...[...]" |