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Nick: Viola*
Oggetto: era pakistano
Data: 18/2/2009 19.53.22
Visite: 67

di fede islamica

Pakistano in America, era il patron di una rete modello di integrazione
FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK
Doveva essere il simbolo della rinascita dei musulmani in America e nel mondo dopo il crollo di immagine seguito agli attentati dell’11 settembre 2001. E invece Muzzammil Hassan, pakistano di 44 anni, da 25 residente negli Stati Uniti, si è reso protagonista di uno dei più atroci atti di barbarie, la decapitazione della propria moglie. Lo stesso atto che terroristi privi di scrupoli compiono in nome di Dio per giustiziare nemici e «infedeli». E a rendere questo gesto ancor più atroce è il motivo che ha spinto l’uomo a tagliare la testa della donna: la gelosia, il delirio e la possessione. «Senza dubbio è una delle forme di violenza domestica più inaudite a cui abbiamo mai assistito», racconta Frank Sedita, procuratore distrettuale di Erie County, nello Stato di New York, secondo cui a spingere l’uomo a tanta violenza sarebbe stata la richiesta di divorzio da parte di Aasiya Z. Hassan, 37 anni e madre dei suoi quattro figli.

Muzzammill Hassan aveva appena diciannove anni quando decise di lasciare il Pakistan alla volta degli Stati Uniti. Porta con sé solo qualche vestito, la fede e una gran voglia di dimostrare di potercela fare da solo. Dopo qualche lavoretto di fortuna, riesce a entrare in una banca di una cittadina a nord di New York, dove lavora alcuni anni mettendo da parte i soldi per crearsi una famiglia. Si sposa con Aasiya e ha quattro bambini. La sua è una vita fatta di lavoro, sacrifici, ma anche di soddisfazioni. Sino a quell’11 settembre 2001 quando gli attacchi terroristici compiuti da Al Qaeda costringono l’America a diventare diffidente nei confronti di arabi e musulmani. E in quegli anni che Muzzammil matura l’idea di lasciare il lavoro in banca e dar vita a Bridges Tv. Non una stazione televisiva come tante, ma la prima emittente in lingua inglese rivolta ai musulmani residenti in America. Uno strumento per rilanciare l’immagine della minoranza religiosa e combattere «facili stereotipi», un ponte (bridge, appunto) tra due culture. Il canale inizia a trasmettere nel 2004 e si rivela un successo, anche se negli ultimi tempi, raccontano fonti vicine alla famiglia Hassan, gli affari non andavano proprio bene, complice la recessione che miete vittime in tutto il Paese. Ma nulla poteva far pensare a una tragedia come quella a cui si sono trovati di fronte la scorsa settimana gli investigatori di Orchard Park, la cittadina nei pressi di Buffalo dove viveva e lavorava Muzzammil.

L’uomo piomba alle 18:20 nel distretto di polizia locale e racconta che la moglie, Aasiya, è morta. «Ci ha detto che era successo nei locali di Bridge Tv, al centro di Orchard - spiega il commissario Andrew Benz - così siamo corsi lì e abbiamo trovato il suo corpo». Ma quando gli agenti entrano nei locali dell’emittente si trovano davanti a uno spettacolo raccapricciante: un lago di sangue intorno al corpo senza testa di Aasiya. Nonostante l’arma del delitto non sia stata ancora trovata è apparso subito chiaro che l’autore di quel barbaro gesto poteva essere solo il marito. A carico di Muzzammil infatti non ci sono solo le tracce riscontrate dalla polizia nei locali dell’emittente, ma anche una richiesta di divorzio che era stata presentata dalla moglie qualche tempo prima. Le cose non andavano più bene fra loro e Aasiya non poteva più sopportare gli atteggiamenti possessivi e gelosi dell’uomo, che spesso sfociavano in atteggiamenti violenti. Nei suoi confronti era stata spiccata il 6 febbraio una diffida ad avvicinarsi all’abitazione della donna. Troppo per Muzzammil che non può sopportare un affronto del genere a decide di mettere fine a modo suo alla storia d’amore.

Decapitando la moglie, Hassan ha causato il fallimento del suo sogno americano, ma ha anche dato un colpo ai suoi stessi sforzi di rilanciare l’immagine della comunità musulmana in America. Un appello perché sia salvata la vita di un giovane iraniano che dovrebbe essere impiccato oggi per un delitto commesso quando aveva 15 anni, è stato rivolto dal suo avvocato al capo dell’apparato giudiziario, ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi. Il condannato, ha scritto ieri il quotidiano Etemad Melli, si chiama Rahim Ahmadi-Kamabaladi, ha 19 anni ed è stato riconosciuto colpevole di avere ucciso a coltellate un altro ragazzo quattro anni fa a Shiraz. L’esecuzione è in programma nel carcere di questa città, nel Sud dell’Iran. Il suo avvocato, Mohammad Mostafai, si è rivolto all’ayatollah Shahrudi perché l’impiccagione sia sospesa e sia riaperto il caso. Rahim afferma di avere ucciso per legittima difesa.
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La testa tagliata   18/2/2009 18.12.3 (277 visite)   Viola*
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