Nick: Viola* Oggetto: re:santoro vs. diretto Data: 22/9/2009 23.50.35 Visite: 53
non si fa, ovviamente ;) ecco di che si tratta: Sons of Anarchy - stagione uno I Sons of Anarchy sono una banda di motociclisti che gestiscono un’officina meccanica, e allo stesso tempo sono dei criminali che commerciano armi e combattono, ogni giorno, con la bande rivali di messicani, nazisti e neri. Jax, figlio del defunto leader del gruppo, vorrebbe seguire l’ultimo volere del padre e cercare di dare una sterzata legale ai Sons, ma deve scontrarsi con l’attuale boss nonché nuovo compagno di sua madre, Clay, un uomo spietato che non ha alcuna intenzione di lasciarsi sottomettere dagli ideali moralistici del ragazzo. Paragonata a una versione a due ruote de I Soprano, Sons of Anarchy è figlia della creatività di Kurt Sutter, una delle menti dietro The Shield, forse il telefilm più innovativo, spiazzante e importante di questi ultimi anni. Era quindi lecito aspettarsi un certo gusto per le scorrettezze, i colpi bassi, una brutalità che attorciglia lo stomaco, ma sebbene Sons of Anarchy tenti di rifarsi, filosoficamente, alle vicende di Vic Mackey e compari disonesti, è solo nella seconda parte che si può assaporare la vera natura della serie. La partenza è infatti affidata a una sequenza di episodi autoconclusivi che, per quanto seguano un preciso scenario, un background che collega personaggi, eventi e slealtà assortite, restano impressi soltanto per il carisma di uno straordinario Ron Pearlman, immancabilmente a suo agio nel ruolo del duro, roccioso, impenetrabile capobanda, e dei suoi comprimari, caratterizzati in maniera splendida e convincente. Ma una volta scavato sotto lo strato di scontatezze, si nota subito la volontà di costruire personaggi solidi, insoliti, irriverenti, ed è infatti questo aspetto che risplende, che colpisce. Se le trame principali soffrono di scarsa inventiva, ogni figura della serie, compresi i comprimari meno appariscenti, presenta personalità specifiche, curate, realistiche. I Sons of Anarchy sono criminali, pezzenti, alcolizzati, ossessionati dal sesso e dalle armi, e per quanto possano essere simpatici e apparentemente alla mano, rimangono sempre dei banditi dominati da modi di fare spigolosi, sbagliati, immorali. Quindi niente irritanti fuorilegge dal cuore buono, cattivi solo perché così li dipinge la storia, ma che in realtà si mostrano altruisti, piacevoli, sorridenti, volentorosi e altri blablabla di schifose bontà assortite. È soprattutto per mezzo di queste sublimi caratterizzazioni che, quando la trama principale raccoglie certe linee tracciate nei primi episodi e prende finalmente corpo, rivelandosi in tutta la sua inaspettata complessità psicologica, si rimane travolti dalla violenza, dalla ferocia, dall’insensibilità che tutti i protagonisti, tutti, dimostrano di possedere, tanto che dolore e sofferenza trapassano lo schermo più di una volta (impossibile non portarsi le mani alla bocca dall’atroce twist piazzato nei tre episodi conclusivi). Magnifico il rockeggiante accompagnamento sonoro, sporco e sanguigno, così come la fotografia, che segue le stesse coordinate calde e sudate: elementi fondamentali per delineare le giuste atmosfere e sottolineare i numerosi momenti ricchi di pathos e lirismo. Disapice quindi per una partenza in sordina, nonostante la roboante esplosione di apertura, ma Sons of Anarchy cresce episodio dopo episodio, e le aspettative per la seconda serie sono molte, moltissime. D’altronde, come non si fa a pregustarla già sapendo che Ron Pearlman sarà affiancato da un altro duro come Henry Rollins? "You're born alone and you die alone, and this world just drops a bunch of rules on top of you to make you forget those facts. But I never forget. I'm living like there's no tomorrow, because there isn't one." Don Draper - "Mad men" |