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Nick: FandangoL
Oggetto: Capitolo 2 - Amara scoperta
Data: 9/11/2003 13.18.54
Visite: 492

I classici saluti di circostanza dopo un divorzio:
“Allora mi raccomando, riguardati”
“Ci sentiamo”.
Stava quasi per sfuggirgli un “Ciao tesoro” ma, per fortuna, le parole gli rimasero in gola. Non era proprio la situazione adatta.
Mentre si allontanava un pensiero improvviso. Si voltò e, tornando sui suoi passi, disse:
“Sara, Sara. Scusami ancora, ma mi sa che la mia penna è rimasta a casa.
Sai che ci tengo, il mio portafortuna. Il ricordo di Papà. Devo firmare un contratto importante e sai che ci tengo a farlo con quella penna.”
“Domani mattina sono a casa, devo risistemare le mie cose adesso che sei andato via.
Passa a prenderla”.
La penna. La bellissima penna Mont Blanc regalo di Papà.
Ancora ricordava le parole che gli disse quando gliela diede:
“Adesso che hai un lavoro puoi considerarti veramente un uomo.
Nel tuo lavoro l’immagine è importante e utilizzare una bella penna potrà aiutarti”
E gli mise davanti la scatola.
Il giorno dopo si alzò presto, come d’abitudine, e si diresse verso la casa della moglie.
Pardon, la ex-moglie pensò. Si sarebbe mai abituato a considerarla una ex?
Bussò al citofono?
“Chi e’?”
“Io” rispose. Come aveva fatto tante volte dal giorno del matrimonio.
Salì le scale pensando: “E adesso? Come la saluto?”.
Era la parte più imbarazzante del dopo divorzio.
Lei era davanti la porta ad aspettarlo. Sara risolse la questione dandogli un veloce bacio sulla guancia. Ma l’imbarazzo (ed il rossore di lei) erano evidenti.
Altre parole di circostanza:
“Tutto bene?”
“Si e tu?”
“Bene” (erano divorziati solo da un giorno e già erano a quello?)
“Ti posso offrire qualcosa?”
“Magari un caffè”
“Dai allora vieni in cucina”.
La loro cucina. Quante volte avevano preso il caffè assieme. Come era diversa l’atmosfera oggi.
L’imbarazzo era evidente. Silenzio di tomba.
Per evitare lo sguardo di Sara iniziò a curiosare qua e là.
Gli cadde l’occhio sul post-it attaccato al frigorifero: “PG – 10.30”.
Cosa vorrà dire PG si domandò svogliatamente? Ovvio, che stupido che sono. Sara era la segretaria del Procuratore Generale. Un semplice appuntamento di lavoro.
Sara gli servì il caffè su un vassoietto, con tanto di zuccheriera accanto, come si fa con gli estranei.
Prese la tazzina e buttò giù quel liquido nerastro. Sara faceva il caffè di schifo.
“Poco male. Ne prenderò un altro più tardi” Pensò.
“Adesso devo andare.”, le disse e si diresse da solo verso la porta. Dopotutto era un ospite particolare e non c’era bisogno che lei lo accompagnasse. Lei lo seguì comunque. La penna era pronta lì all’ingresso.
Questa volta fu lui a trarla d’imbarazzo con un altro bacio sulla guancia.
Lei si schernì perché la vestaglia era un po’ aperta e si vedeva il reggiseno. La richiuse.
Pensò: “Guarda che ti ho esplorata centimetro per centimetro. Cosa vuoi coprire che io già non conosca?”. Le sorrise e disse: “Ti chiamo presto”.
Mentre scendeva le scale poi ci ragionò su. Perché mai l’avrebbe dovuta chiamare?
Ormai non c’era più nulla che li legava.
La mattinata di lavoro scorreva veloce. Era sempre stata la sua forza dimenticare tutto durante le ore di lavoro. Niente problemi o preoccupazioni. Solo lavoro. Attento e concentrato. Per questo aveva successo.
Era in strada al telefonino. La solita chiamata del solito rompiscatole: “Non si preoccupi, è tutto a posto, il suo problema lo consideri risolto…”.
Mentre parlava si voltò guardando l’altro lato della strada. La vetrina del caffè di fronte.
Quasi gli si fermò il battito del cuore. Non ci poteva credere. Seduta ad un tavolino, proprio davanti alla vetrina, Sara.
Sguardo dolce, piedi che si toccano, la mano destra di lei incrociata nella sinistra di lui, occhi negli occhi con…
“Pierluigi! Pigi! PG!”
Cazzo!
Guardò con più attenzione. Era proprio lei.
Dal telefonino una voce:
“Pronto, pronto. Mi sente? Non la sento più”.
Rispose: “Mi scusi, ma ora devo proprio andare”, e chiuse.
Restò lì paralizzato a guardare. Ma come? Era lui quello che tradiva. Le donne l’adoravano.
Era lei che restava a casa la sera, quando lui diceva: “Torno tardi, ho una cena di lavoro”.
E invece…
PIERLUIGI? Proprio Pierluigi?
Me se glielo aveva presentato lui. E lei, falsa come poche, che diceva: “Ma quanto è noioso quel Pierluigi, come fai ad essergli tanto amico?”.
Pierluigi si voltò verso l’interno del caffè e alzò una mano, probabilmente aveva chiesto il conto.
Lei si girò a prendere il suo impermeabile. E si alzò in piedi.
Doveva andare via di lì, altrimenti lo avrebbero visto. Non era proprio tipo da scenate. E poi cosa avrebbe potuto dire? Ormai erano divorziati. Avrebbe fatto la figura dello stupido.
Ma doveva sapere. Doveva sapere. Ma come?
Si nascose dietro un angolo di strada e attese che si allontanassero.
“Cazzo! Camminano mano nella mano” disse sottovoce.
Una signora che gli passava accanto lo guardò malissimo. In effetti sembrava un guardone.
Dopo qualche passo si scambiarono un lungo bacio. La sensazione che provava era la stessa di una stilettata al cuore. Solo che il dolore era continuo, crescente. Aumentava con la durata del bacio.
Si staccarono e Pierluigi proseguì lungo il marciapiede.
Lei fece per attraversare. Veniva nella sua direzione. Vittorio si voltò e si allontanò a passo svelto.
Gli scoppiava la testa. Gli sembrava di impazzire. Mai avrebbe potuto immaginare…



“Finalmente. Finalmente libera di poter esprimere i miei sentimenti.
Niente più sotterfugi. La speranza di ricevere quelle telefonate:
‘Stasera non torno a cena’
E quei fugaci rapporti, consumati nel terrore di sentire la porta aprirsi.
Amore mio. Pigi. Che fortuna incontrarti”.
Camminando ricordò il primo incontro. Quella stretta di mano distratta, mentre Vittorio lo presentava come “il suo compagno di doppio a tennis”, nonché caro amico.
E lei che aveva quasi ignorato quel ragazzo dall’aspetto così dimesso, dai vestiti sgualciti, la barba un po’ incolta.
Eppure, nei giorni successivi, lo aveva incrociato altre volte in strada. Abitava a pochi passi da casa ma non lo aveva mai notato. E solo rivedendolo aveva colto la bellezza del suo sguardo. Quegli occhi nerissimi, intensi, penetranti.
E quella maledetta telefonata, alla ricerca di Vittorio che era scomparso…
“Ciao Pigi, come va?”
“Bene e tu?”
“Anche io. Senti, saltiamo il resto dei convenevoli. Vittorio è lì da te?”
“Non lo vedo da stamattina”.
Pochi attimi di silenzio e Sara proseguì:
“E’ ormai un paio di mesi che fa così. Scompare serate intere. Telefonino spento, mai un recapito. Dimmi la verità… c’è un'altra”
Un silenzio che parve interminabile. E poi quel filo di voce:
“Sai, Vittorio è amico mio e non so se ti posso dire”.
Ora era lui a tacere, probabilmente imbarazzato dalla situazione:
“Però non ce la faccio più a tenergli il gioco.
SI! C’è un'altra. Anzi, a dirla tutta, ce n’è più d’una”.
Sara attacco il telefono e iniziò a piangere.
E tutte le serata passate con Pierluigi a parlare di tutti i problemi tra lei e Vittorio. Ormai era diventato lui il suo confidente. L’amico. Il migliore amico.
E quella sera incredibile. Vittorio era dimenticato, lontano. Tutti e due seduti sul divano a ridere di cose stupide:
“Ma come si fa a chiamare un cane Nutella?”
“Beh, basta chiamare il gatto ‘Pane’”
“Già immagino la scena: Smettetela di mordere Pane e Nutella”
E giù a ridere insieme. E poi Pigi d’improvviso…
“Non posso più resistere”
E quel bacio…
E quella volta al cinema, tutti e tre:
“Sai, Pigi era da solo a casa, ti dispiace se lo portiamo a cinema con noi?”
“No, figurati” (figurati se mi dispiace)
E lei, seduta tra Vittorio e Pigi. Vittorio che sgranocchiava i popcorn, con Pigi che non faceva altro che cercare di tenerle la mano nel buio.


“Domani, domani domani.
Domani tutti i nodi verranno al pettine.
Non ci possiamo più nascondere. Al matrimonio di Luigi la situazione sarà chiara a tutti. Vittorio compreso. E poi cosa mai potrebbe dirci? Ormai non ha più nulla da pretendere da lei”.
Pierluigi sorrideva mentre si dirigeva al proprio lavoro. Sorrideva al futuro, sorrideva alla vita. La sua vita era così cambiata da quando c’era lei. La sua Sara.


NOTIZIA ANSA. Tragica rapina stamane alla filiale del Monte dei Paschi di … A seguito della sparatoria scoppiata tra i poliziotti giunti sul luogo sono rimasti uccisi due malviventi: Samir bel Sahif, marocchino di 23 anni e Mario Terzapi, 35 anni, milanese, quest’ultimo già noto alle forze dell’ordine. Uno degli agenti della volante è rimasto ferito ad una spalla. Due dei quattro rapinatori hanno bloccato un passante e sono fuggiti su un’auto risultata rubata. La polizia ha comunicato da poco il nominativo dell’ostaggio: Pierluigi … di anni … rappresentante.



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