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Nick:  Ahstarte
Oggetto: Capitolo 18 - Una nuova vita...il Dubbio
Data: 27/1/2004 10.31.7
Visite: 492

Era tutto così confuso, così assurdo, proprio come nei sogni che lo avevano angosciato per anni.
Vittorio era stordito da tutti quegli avvenimenti, il coraggio e la determinazione lasciarono il posto alla paura, solo adesso sembrava essersi risvegliato , essersi reso conto del pericolo che aveva corso.
Cosa c’entrava Monica in tutto questo? Perché l’avevano ammazzata?
Prese la mano di Andrea e si diresse all’esterno del parco.
Si abbassò per parlare con il piccolo sconosciuto che teneva per mano: "Il mio nome è Vittorio, sono un amico della tua mamma, mi ha chiesto di venirti a prendere, più tardi ci raggiungerà. Va bene piccolo?", il bambino annuì . (n.b. Queste parole potrebbe dirle anche nel capitolo prima, quando l’uomo gli consegna Andrea, e qui potrebbe solo dire :"Adesso andiamo, ti porto dalla tua mamma. Va bene piccolo?")
Il bambino sembrava tranquillo, non faceva domande , non lo guardava, come se non ci fossero spiegazioni che volesse ottenere.
Vittorio non riusciva a parlare, l’unica cosa che poteva fare era stringergli la mano e portarlo al sicuro.
Al sicuro, quale posto poteva essere sicuro? Casa sua? Casa di Chiara?
Non gli venivano in mente altri posti.. ma poi rifletté, ormai i Dodici avevano ottenuto quel che volevano, per adesso poteva stare tranquillo.
Arrivarono nel suo appartamento, indicò il divano al bambino e si precipitò ad avvisare Chiara, chissà come doveva essere preoccupata… uno squillo, due, tre… nessuna risposta.
Forse era in mezzo alla strada e non sentiva il telefono, avrebbe riprovato tra un po’.
Si sentiva nervoso come ad un esame, non sapeva come comportarsi con Andrea, avrebbe atteso l’arrivo di Chiara per dirgli tutto, per il momento doveva solo aspettare.
"Ho chiamato la mamma, ma non mi ha risposto, più tardi riprovo, vuoi dell’acqua?", Andrea disse di si e Vittorio gli porse un bicchiere.
Erano a casa da dieci minuti e Vittorio era completamente perso, non sapeva cosa fare!
Padri lo si diventa con il tempo.. lui non sapeva da dove iniziare, accese la televisione, per fortuna c’è sempre qualche cartone animato.
Gli sembrava di vivere la trama assurda di un film, dove tutto può accadere, dove non c’è nessuna logica apparente.. adesso pensava a Chiara, all’assurdità del suo gesto, al perché non gli avesse detto subito di quel bimbo, non aveva senso!
Lasciò Andrea seduto davanti alla televisione e andò nella camera da letto, si sedette sul letto, avrebbe voluto riflettere ma non sapeva da dove cominciare.
Doveva stabilire delle priorità, doveva pianificare i suoi pensieri, come per mettere a posto una stanza molto disordinata. Chiara, Sara, Pierluigi, Andrea…
Pianificare, mettere in ordine..
Mettere ordine nel proprio mondo di relazioni e percorrere avanti e indietro il tunnel dove si era fermato il tempo della sua vita.
Decise di iniziare dalla cosa più semplice, Pierluigi.
Avrebbe potuto chiamare Sara, ma non sarebbe stato in grado di affrontarla adesso, prese l’elenco degli ospedali della città e iniziò a chiedere del signor Bonera, ricoverato quella mattina.
Il terzo tentativo fu quello giusto.
Il signor Bonera era deceduto, era arrivato in fin di vita in sala operatoria, non c’era stato nulla da fare.
Ecco il primo punto chiarito.
Avrebbe voluto sfogarsi come si conviene, ma aveva tante altre cose da ordinare nella sua mente, forse era solo una scusa, in realtà era furioso con Pierluigi per avergli ingarbugliato la vita e non provava dolore per la sua morte, non ne aveva voglia né tempo.
Il suono del campanello lo distolse da quei pensieri, Andrea si avvicinò alla porta con lui, era Chiara, finalmente lei.
Avrebbe voluto stringerla forte, ma lei si precipitò ad abbracciare suo figlio.
Era la prima volta che li vedeva insieme, non immaginava Chiara che fa la mamma...e in effetti il ruolo sembrava non le si addicesse.
Sorrise pensando.. che coppia di genitori!
"E’ stato tremendo.. è successo di tutto.."- "Adesso non ho tempo Vittorio, voglio portare il bambino lontano per qualche giorno, ho paura".
"Calmati tesoro, non volevano colpire Andrea, né te, è stata tutta colpa di Pierlu..- realizzò per la seconda volta che il suo amico non c’era più e la sua voce si incupì - di Pierluigi, vedi lui portava avanti una ricerca sui sogni..",
"Tutta colpa sua? E tu cosa c’entri allora? … No! Non voglio sapere nulla! Sapere troppo potrebbe metterci in pericolo, voglio solo star fuori da questa storia".
Voleva dirle di Monica, magari parlandone con lei avrebbero potuto darsi una spiegazione, ma invece le disse:
"Hai ragione, non è prudente dirti tutti i particolari, cosa vuoi fare?",
"Vado a Milano da una mia amica, solo per qualche giorno, cosa ne pensi?",
"E’ una buona idea.." – l’aveva appena ritrovata e già doveva separarsene, ma era per il suo bene –"Allora vado, ci sentiamo stasera".
Avrebbe voluto baciarla, ma davanti ad Andrea…"Ciao piccolo, ci vediamo presto",
lei lo abbracciò per un lunghissimo istante, gli diede un bacio sulla guancia e gli sussurrò
"Grazie, ti amo".


Si richiuse la porta alle spalle e andò a stendersi sul divano.
Voleva tornare ai suoi perché, ma soprattutto voleva pensare al suo futuro.
Finalmente le cose sembravano aver preso la direzione giusta, era così eccitato al pensiero della sua nuova vita, sarebbe stato tutto perfetto, lui con la donna che amava ed il loro bambino… voleva fantasticare.
Incappò nel solito programma pomeridiano, l’argomento erano i trapianti.
Il malato, sopra la sua bicicletta, stava parlando al giornalista e diceva di sentirsi meravigliosamente bene e che il cuore trapiantato batteva come se fosse il suo, che era stata dura superare i momenti difficili, eccetera, e tutto questo, gli aveva tolto la voglia di cominciare a fantasticare, come se gli fosse venuto un colpo al cuore.
La realtà limita sempre la fantasia.
Spense la televisione. Il silenzio in cui era immerso cominciò ad essere turbato dai rumori che provenivano da fuori.
Chiuse la finestra , ma sentì il rumore delle zampe di Nutella che battevano contro il vetro del balcone.
Aprì la porta finestra per farlo entrare e vide che nessuna nuvola aveva nel frattempo oscurato l’azzurro manto del cielo.
Pareva che la calda luce pomeridiana lo invitasse insistentemente ad uscire, a riprendersi il suo tempo, mentre lui faceva di tutto per rabbuiare il suo animo in quella piccola stanza.
Possibile che non trovava un po’ di pace?
Le condizioni oggettive non agevolavano i suoi desideri.
Lo consolava, tuttavia, il pensiero di poter telefonare a Chiara e magari la possibilità di raggiungerla tra qualche giorno.
Regnava di nuovo il tanto desiderato silenzio, ma questo silenzio non era di quelli rigeneranti, di quelli che provi quando ti immergi in te stesso, quando ti trovi ricco di segreti e puoi autoalimentarli di sogni gettando via il superfluo.
Questo era il silenzio del nervosismo, un silenzio dissolvente, come quando cerchiamo con le nostre antenne una stazione e non riusciamo a captarla sul piccolo schermo del nostro cervello .
Avveniva questo: un silenzio formato da righe , da strisce o dall’effetto riso della televisione, quando si odono le voci, ma non si vedono le immagini.
Tutte le volte che gli accadeva di non potersi esprimere , ma di sentirsi oppresso, aveva sempre disponibile un sogno dentro il quale potersi tuffare per ritrovare il coraggio e la serenità.
Si assopì dopo qualche minuto che fissava il lampadario…

Si destò che era notte fonda, non ricordava se avesse fatto dei sogni, si disse che i sogni gli avevano procurato sempre guai, ma che non si erano mai sbagliati, almeno non completamente.
Rialzandosi lentamente ripensò a quel sogno che gli aveva permesso di sapere dell’esistenza di Andrea, che gli aveva fatto ricordare Chiara, che gli aveva fatto riscoprire la devastazione dell’amore.
Pierluigi si era addentrato in una galassia sconfinata, dove tempo e spazio non esistono, dove i desideri e le paure giocano a rincorrersi, dove forse è racchiusa l’essenza stessa di una vita.
Cercò il cellulare sul tavolo per vedere se Chiara lo avesse cercato. Nulla.
Anche se erano le 03.45 non poteva restare nell’incertezza, non poteva star tranquillo senza sapere che la sua famiglia, rabbrividì dolcemente pensando a loro tre come ad una famiglia, stava bene.
La chiamata non ebbe successo, il portatile di Chiara era spento.
Non si fece sopraffare dall’angoscia e si sforzò di pensare positivo, decise di prepararsi qualcosa da mangiare, non ricordava nemmeno quando avesse mangiato l’ultima volta.
Mentre mangiava pensava a Sara, non avrebbe potuto rimandare per sempre, almeno una telefonata avrebbe dovuto fargliela, avrebbe dovuto spiegarle, tranquillizzarla, aveva avuto già la sua dose di infelicità.
Compose il numero mentre finiva di masticare gli spaghetti, il telefono suonava, era tipico di Sara, non spegneva mai il telefonino, nemmeno nei momenti più topici.
Gli rispose una voce tutt ’altro che assonnata,
"Pronto, Sara ti ho disturbata?"- "No, non riuscivo a dormire, finalmente ti sei ricordato di me. Non osavo chiamarti, non so in che guaio tu ti sia cacciato", "Vorrei spiegarti tutto.. che ne dici se ci incontriamo tra mezz’ora in quel bar in centro? E’ l’unico aperto per tutta la notte"- "Va bene, tra mezz’ora. Ciao."- "Ciao..".
Sparecchiò velocemente e andò sciacquarsi la faccia per rendersi presentabile, fu pronto in dieci minuti e decise di avviarsi con passo lento all’appuntamento.

Fu sorpreso di trovare Sara già lì, non era mai stata una persona puntuale.
Si sedettero nell’angolo più buio del bar e Vittorio parlò per mezz’ora senza mai essere interrotto, le disse tutto di Chiara, di Andrea, dei Dodici, dei sogni… di Pierluigi.
Sara lo aveva guardato tutto il tempo negli occhi, ad un tratto gli aveva anche preso la mano, era stato un gesto di affetto per fargli capire che gli era vicina, come per condividere gli affanni trascorsi.
Quando ebbe finito il suo racconto, Vittorio finalmente guardò meglio Sara, era bellissima, era un miscuglio d’infantilismo e di maturità.
Queste caratteristiche contrastanti che coesistevano in lei, le notava così chiaramente soltanto adesso, dopo che aveva attraversato quella tempesta, dopo che era stata costretta a rialzarsi per l’ennesima volta.
Il suo volto aveva i bagliori di una giovinezza intatta, il suo corpo era di una sfrontatezza particolare che non sempre si accordava con l’espressione del suo viso.
Il suo viso poteva esprimere concetti diversi, ma il suo corpo diceva una sola cosa <>.
Era assorto in queste meditazioni quando Sara si alzò, e dandogli un bacio sulle labbra gli disse:
"Adesso voglio andare, non c’è altro da dire."
Vittorio si offerse di accompagnarla mai lei non glielo permise.
Iniziò a camminare sul lungo mare pensando all’amore.
Ma che cos’era davvero l’amore?
Chiara e Sara erano i poli opposti del suo pianeta. Anche se adesso aveva ritrovato Chiara non avrebbe mai dimenticato la storia con Sara.
Era quasi l’alba, volle passare sotto casa di Chiara, per avere l’illusione di essere a pochi metri da lei, anche se sapeva che era a Milano.
C’era una cosa strana però… da una stanza proveniva una luce fioca, di quelle che emanano le piccole lampade che sono sui comodini.
Vittorio si sentì terrorizzato all’idea che ci fosse qualcuno in casa, non aveva sue notizie da molte ore ormai, si sentì uno stupido ad essere stato così tranquillo, ad averla fatta andar via senza di lui.
Per fortuna il portone era aperto, corse su per le scale stando attento a non far troppo rumore.
Si ritrovò di fronte alla porta chiusa.
Gli tremavano le mani, non aveva con se nulla che potesse fungere da arma, ma non avrebbe potuto perdere altro tempo.
Doveva sapere chi c’era in casa.
Appoggiò l’orecchio all’uscio, ma non sentì nulla, decise di bussare.
Dopo qualche minuto udì dei passi leggeri avanzare per il corridoio, una mano si appoggiò alla maniglia, e una voce in allerta chiese:"Chi è?" – "Chiara? Sei tu? Sono Vittorio..".
Passarono pochi istanti, poi Chiara decise di aprire.
Vittorio era indeciso se abbracciarla o schiaffeggiarla.. che ci faceva lì? Perché non gli aveva detto nulla?
"Entra, sbrigati!", Chiara lo afferrò per un braccio e lo trascinò in casa, avendo cura di richiudere la porta a chiave.
"Ma non dovevi essere a Milano? E Andrea dov’è? Perché non mi hai avvertito?", Vittorio poneva le domande senza aspettare le risposte.
"Calmati!.... Ti avrei chiamato domani, ho dovuto fare mille cose, non sono riuscita a partire,…. ho portato Andrea dai miei genitori, ho saputo di Monica… sono stata in giro per scoprire qualcosa. Quando sono rientrata… era tardi per chiamarti."
Vittorio non riusciva a capire, quelle spiegazioni suonavano così strane, così inverosimili.
Camminava avanti ed in dietro, la paura non si era ancora dissolta, e il dubbio iniziava ad insinuarsi in lui.
Chiara iniziò a baciarlo dolcemente, gli sfilò la giacca e i dolci baci diventarono sfacciati, Vittorio era immobile per i dubbi e nel contempo ipnotizzato dalle carezze di Chiara.
Era troppo nervoso, la abbracciò e poi le prese la testa fra le mani, voleva guardarla negli occhi, avrebbe voluto ritrovare la serenità per perdersi nei suoi occhi.
"Andiamo a letto, è già giorno e tra un po’ dobbiamo decidere cosa fare."- Chiara lo condusse nella sua camera da letto, scostò le coperte e si immerse in quel tepore, Vittorio la seguiva meccanicamente.
Avvolto nelle coperte, tra le braccia della sua amata, tra i dubbi e tra le parole non dette, la guardò assopirsi accarezzandole i capelli.


Frugava nella sua mente, cercava la logica dove non c’era, cercava in tutti i modi di ignorare il comportamento strano di Chiara, le sue risposte affrettate.
Perché non era partita?
Perché non gli aveva detto niente? Come riusciva a dormire?
Iniziò a guardare la stanza, era tutto in perfetto ordine, i vestiti piegati sulla sedia, i trucchi ed i profumi messi in fila davanti allo specchio, tutti i ninnoli comprati durante i suoi viaggi messi sulle mensole.
Era come se quella camera l’avesse già vista, in particolare ricordava il comodino che si trovava alla sua destra.
Era un’immagine sfuocata, ma la sensazione di dejà vu era molto forte.
Dove aveva già visto quel comodino? Osservò il portacandele orientale posto su un lato e la lampada sul lato opposto, sembrava mancasse qualcosa, cosa c’era un tempo nel centro?
Scese piano dal letto e osservò a lungo il cassetto del comodino.
Come poteva non fidarsi di lei?
Era così che voleva iniziare la sua nuova vita? Non fidandosi del suo amore?
Avrebbe dovuto farsi logorare dai dubbi?
Eppure quella stanza l’aveva già vista… ma dove? …… Forse in uno dei suoi strambi sogni,… ma si, era probabile.
In fondo, che c’era di male ad aprire un semplice cassetto?
Mentre lo apriva guardava con la coda dell’occhio nella direzione di Chiara, non avrebbe voluto farsi trovare in quella situazione.
Quello che vide in quel cassetto fu come una doccia fredda. Le pupille si dilatarono e il dejà vu gli fece rivedere la scena che non ricordava, era la scena che aveva visto in sogno..
Ecco cosa mancava su quel comodino.
Una foto. Una foto messa in una bella cornice. Perché la foto era stata chiusa in un cassetto?
Ma soprattutto perché nella foto c’era il suo amico Pierluigi?
Ancora quel maledetto sogno…



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Capitolo 18 - Una nuova vita...il Dubbio   27/1/2004 10.31.7 (491 visite)    Ahstarte
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      Sul capitolo...   27/1/2004 11.30.20 (196 visite)   `Luk4s`
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