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tupamaro

nome:

Gabriele
eta': 50
Citta'.: Zena
Descrizione: Figgiu du Zena


"Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti… Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso…"
J. Bonnot



ave maria
ie veng acopp’ scampia
addo’na vota era canapa
mo spade e neve pe‘a via
sentiment i ascarffati
jorne uno pe nato
na carezza male asciuta

santa maria
nun n’c’è sta niente a capì
è nu munno de mbruoglie
chiu sperisce e t’attacche
chiu t’arravuoglie
e so vulie e so verrizzi
profumo ca puzza
sott’u surore anema chete
fa pantano e fete

a peste
a peste

a paura nce fa addivintà furesta
e s’accidono mamma e pate, frate,
uno contro a nato
ma chi l’ha voluta, chi nce l’ha mannata

a peste
a peste

nun se può morì ciore
dance ‘o riesto
e simme jute e simmo venuti
e è ghiuta comme è ghiuta
simme uommen e nun ce arrivamm
e a te cercamm aiuto

ave maria
nun è cazzimm da mia
ma nun sapimm chi amma crerere
e a chi amma prià
e si isso over nce ha criato
e nce vo accussi bene
pecchè nce sta tantu mmale
pecchè nce stann tanti ppene

santa maria
cammenanne ngopp ‘o ffuoco
jenne jenne ngopp ‘e spine
foss ‘o sole d’int ‘o core
uocchie cielo pe guardà
fosse overo nata vita
accummingianno do capo
solamente ammor sule verità

a peste!
a peste!

na carretta sona ‘a campana
nchiur ‘a fenesta!
pezze nfront, nguoll, nfaccia,
attuorn e pede e mmane
attravierz terr scavez
na lacrema int’ ‘o mar

a peste!
a peste!

sicchie d’acua, fuoco, villaggi
capann e bestie
e simme jute e simme venuti
e è ghiuta comme è ghiuta
simme uommen e nun ce arrivamm
e a te cercamm aiuto

ave maria







E giunge infine il tempo
di chiedere tempo ancora
non troppo ancora
per ora
non tutto il tempo che serve
per compiere a pieno lo scempio
che liquida queste conserve
ma solo quel poco
quel niente che basta
a un varco che brilli più fioco
nell’ultima luce rimasta
accesa
per volgersi indietro
scrutare
vedere nel mare
di vetro
del proprio passato la resa
il termine ultimo il perno
intorno al quale sospeso
ruotò all’esterno
sorpreso
dall’intimo inferno
l’interno
fuggendo dal centro
o appena squagliò sgocciolando
quel grumo di intrecci che dentro
rimase nel tempo rappreso
ignaro del come
del quando
del senso persino del nome
da dare all’intimo sbando
che segna il vano confine
il solco invano scavato
fra quello che dentro s’imprime
e i miseri rivoli
inversi che rodono questo
sterrato
terriccio che aspetta che giunga
la pioggia ma presto
e ingiunga
infine quel tempo
che privo
di pena
col solito scempio
riesca a dare la piena
al flusso che tutto travolge
dicendo finita la lunga
inutile attesa e in vista
comunque l’arrivo
il punto cui tutto si volge
per leggere infine la lista
di quanto ficco nelle bolge
la sorda memoria
spiccando dal fatto la storia
di quello
che un tempo invano s’attese
e ancora ci offende
emerso dal perso budello
al quale ciascuno s’arrende
finché
alla fine il tempo non giunge
di rendere tutte le rese
di chiudere il conto
col sé
o con quanto di sé si pretese
in fondo
intatto
restasse dal ciò che dal fondo
ci punge
o quanto da fuori soggiunge
l’intenso dolore del tatto
di questo perpetuo sfiorarsi
e quasi sfiorire
nel mutuo intreccio di masse
in cui come sparsi
fra strette matasse
ci tengono tutte le spire
del mondo
nel tremulo intrico di tracce
che tratte non sanno sbiadire
tramando piuttosto nel volto
il tenue residuo
di quella catena di facce
per cui l’individuo
si mostra nel tempo convolto
rappreso
in ciò che per tempo congiunto
fu assolto
e subito preso
nell’attimo stesso nel punto
in cui ogni anello si tocca
insieme si spacca
di questa catena di padri
e madide madri
tremanti finché non si scocca
quel rivolo smunto
che all’altro dall’uno s’attacca
assorto e infine sussunto
a pietra tombale dei tratti
contratti
da quanto attrassero i sessi
le fami
i ciclici stanchi processi
dei frutti sui rami
finché finalmente non giunge
il tempo di dirsi gli stessi
d’intendere quanto ci punge
l’identico sprone
o quanto gli stessi richiami
ci chiamino a chiedere prove
che sono le stesse per tutti
il senso comune che impone
che ognuno ributti
altrove
l’immagine dove
si serra e presto si scioglie
il grumo
che infisso va infitto
nel rapido fumo
di cui son fatte le spoglie
che in dosso come abiti in fitto
ricoprono solo le voglie
che a tutto resistono
e vive di quanto ci vive
ci vivono sopra
o dentro o dove si scopra
frammisto
nel limo
di queste allagabili rive
il segno del transito intenso
il torto frammento
che primo
si diede a intendere un senso
a questo dispendio
che come implacabile vento
diffonde l’incendio
di questo volere
che tutti trascende
che scorre fra instabili corpi
nel fremito che li rapprende
e liquida come le cere
o come un broglio di torpidi
ammassi
perché non è vivo
fra questo scolare di grassi
nient’altro che il rivolo
estraneo estremo
che spinge sui soliti passi
nel solito treno
insomma l’insieme di spinte
che sono le nostre passioni
ma nostre per dire
per crederci ancora padroni
di queste mirabili mire
e mete distinte
da tutti raggiunte
in meno di niente
e spente
o meglio disgiunte
dal proprio richiudere il cerchio
in quanto malgrado le finte
o i nostri bei sogni del cazzo
in questo volere voluto
è insomma chi vuole soverchio
chi crede di farsi soggetto
piuttosto che il muto
pupazzo
sommosso da questo progetto
in cui ogni cosa si tiene
perché quest’orribile fame
che sempre ci viene
e voglia di strame
di carni mucose
e liquidi vari
è lei che ci vive le cose
che siamo
ed è questa fame la vita
che vuole la vita
l’intenso richiamo
al quale restiamo
senza altri ripari
che il fare di sì con la testa
di sì fino a farla finita
con quanto ancora si appresta
a farci ripetere sì
era questo che m’ero proposto
andare se fu mai andare
oppure restare sul posto
così
aspettando che il tempo giungesse
infine giungesse di dare
l’addio alle solite resse
e dunque placasse
la rabbia furiosa del flusso
che induce qua giù a girare
fra tumide masse
ad ogni minimo influsso
sul culo
per quanto insulso
sia questo ruotare
sull’asse
e questo continuo rinculo
ad ogni più piccolo impulso
così che per ogni boccone
un ampio rigurgito assale
propulso
a farsi rivale
di quanto da fuori s’impone
al punto che il solo motore
che spinge
e tante movenze ci finge
nei piedi nel cranio nel cuore
nei sessi
è solo un roco singhiozzo
qualcosa che viene da dosso
e lascia fremendo gli stessi
un moto insomma che è un mosso
restare sul posto
il viaggio d’un secchio nel pozzo
fin dove ristagna riposto
quel cupo rimorso
d’aver dato corso
a questa sequela di giorni
nei quali lo vedi
tu pure ritorni
tu piccola goccia che scorse
là dove adesso risiedi
nel fango del futile forse
finché
se sfumata
farai la fine di tutto
ciò che qui infine svapora
in me
mentre vedi già chiudo la grata
di questa confusa stipata
dimora
e spengo la luce
su quanto è andato distrutto
che giunga infine lo scempio
di quanto tuttora
malgrado me stesso m’induce
anche ora
a chiedere tempo
soltanto
a chiederlo intanto
che scuce
sebbene non troppo né tanto
non proprio più tanto
ancora
per ora




Monsieur le Président
Je vous fais une lettre
Que vous lirez peut-être
Si vous avez le temps.
Je viens de recevoir
Mes papiers militaires
Pour partir à la guerre
Avant mercredi soir.
Monsieur le Président
Je ne veux pas la faire
Je ne suis pas sur terre
Pour tuer des pauvres gens.
C’est pas pour vous fâcher
Il faut que je vous dise
Ma décision est prise
Je m’en vais déserter.

Depuis que je suis né
J’ai vu mourir mon père
J’ai vu partir mes frères
Et pleurer mes enfants.
Ma mère a tant souffert
Qu’elle est dedans sa tombe
Et se moque des bombes
Et se moque des vers.
Quand j’étais prisonnier
On m’a volé ma femme
On m’a volé mon âme
Et tout mon cher passé.
Demain de bon matin
Je fermerai ma porte
Au nez des années mortes
J’irai sur les chemins.
Je mendierai ma vie
Sur les routes de France
De Bretagne en Provence.
Et je crierai aux gens
Refusez d’obéir
Refusez de la faire
N’allez pas à la guerre
Refusez de partir.
S’il faut donner son sang
Allez donner le vôtre
Vous etes bon apôtre
Monsieur le Président.
Si vous me poursuivez
Prévenez vos gendarmes
Que je n’aurai pas d’armes
Et qu’ils pourront tirer

(Boris Vian)



A CARLO

A te che punti la pistola
Attento a colpire
Non ho solo un cuore, ma tanti
Ascolta i tamburi e trema
Guai
A chi separa gli amici

Io non sapevo
Quante cose accadevano
E le prendevo come promesse
Di qualcosa di più vero
E di più grande
Ora so che erano la mia Storia
Quel pomeriggio fu unico nella mia vita
Ma solo ora posso dirlo

Quella ferita resterà
La mia cicatrice più profonda
Quello fu l’unico amore
E gli amici che ho salutato
Quella volta partirono davvero
Ero felice, ma ne dubitavo
Quelle pagine erano il mio libro
Poiché io sono stato
Più di quanto sono, e sarò.




LE DATE NASCOSTE


Giugno 1521:
viene ucciso, dall’esercito di Hernan Cortèz, Cuauhtèmoc, ultimo imperatore Atzeco. Dopo essere stato catturato gli furono bruciati i piedi per fargli rivelare dove si trovava l’oro della città. Tenochtitlan fu rasa al suolo, la sua popolazione sterminata.

Dicembre 1761:
Jacinto Canek, maya, viene fatto sfilare per le strade di Mérida con una corona di carta in testa con su scritto: ” Ribelle contro dio e contro il re”, sotto gli insulti e gli sputi delle nobildonne e dei gentiluomini spagnoli.
Legatigli gli arti a 4 ceppi, viene macellato e i pezzi del suo corpo buttati in un braciere. Aveva tentato, assieme ad altri indio, di ribellarsi con frecce e machete allo sfruttamento spagnolo. L’esercito invasore, nonostante fosse armato di cannoni e moschetti, dovette combattere per due settimane. Le ultime parole di Jacinto furono:
“Noi non moriremo schiavi! Noi siamo stati liberi e torneremo liberi”.

Aprile 1912:
ucciso Jules Bonnot, anarchico, assediato da più di 500 gendarmi in un palazzo di Choisy le Roi, a Parigi. Dopo numerosissime raffiche e due esplosioni è ancora vivo. Scrive: ” Non chiedevo granché. Camminavo con lei al chiaro di luna […] era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla […] Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. Allora è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti […] Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti si, ma in ogni caso nessun rimorso […]. Poco dopo Jules si spara ma è ancora vivo quando arriva la gendarmerie, spara, allora, 3 colpi in aria e viene finito dalle guardie con altrettanti colpi al torace.

Marzo 1942:
muore Argo Secondari, caduto in un agguato fascista il 31 ottobre 1922, viene sbattuto in manicomio col cranio fracassato, non si riprenderà più. Aveva tentato, ed era quasi riuscito, a contrastare l’ascesa fascista con combattimenti a viso aperto comandando gli “Arditi del popolo”.
I più grandi smacchi delle camicie nere in quel periodo li dobbiamo a lui.

Maggio 1944:
Vito Salmi ( Nino) viene catturato nel combattimento della Montagnola e fucilato dai fascisti, aveva 19 anni ed era partigiano da soli tre mesi, va alla forca senza paura, cosciente di essere nel giusto.
Prima di essere fucilato manda una lettera:
“Caro babbo,
vado alla morte con orgoglio, sii forte come lo sono stato io fino all’ultimo e cerca di vendicarmi. Per lutto porta un garofano rosso […] ho fatto di mia spontanea volontà, non dovete piangere […].
VIVA LA LIBERTA’.

Agosto 1944:
Irma Bandieri, 29 anni, bolognese, partigiana della 7 brigata, catturata dai fascisti. Dopo 7 giorni e 7 notti di tortura non ha fatto alcun nome né di persona nè di nascondiglio, guarda i suoi aguzzini con disprezzo, solo questo, uno di loro dice: “ ma ne vale la pena?” Viene finita davanti a casa sua con una raffica di mitra.





Gennaio 1960.
Viene ucciso Francisco Sabatè ( Quico ), 45 anni, militante anarchico, sparava nelle città volantini antifranchisti con un bazooka e lottava, come molti altri, contro la dittatura. Malato, ma armato, Quico finisce in un imboscata, avrebbe la possibilità di uccidere il delatore che lo ha incastrato e le guardie di Franco, spara alle gambe a una delle guardie, NON VUOLE UCCIDERE NESSUNO, ma un'altra squadra di polizia gli spara alle spalle lasciandolo esanime a terra. La sua pistola e i suoi binocoli sono custoditi nel museo della Guardia Civil a Madrid, come trofei di guerra. La Francia “repubblicana” durante il suo esilio oltre i Pirenei, non aveva fatto altro che perseguitarlo e arrestarlo su ordine di Francisco Franco.

Agosto 1967:
Tamara Bunke, detta Tamarita o solo Ita, viene uccisa, in un imboscata, grazie alle informazioni di un delatore, quando ammalata, assieme agli altri 8 compagni che formavano la retroguardia del Che in Bolivia, stava attraversando un tratto del Rio Grande. Sia lei che i suoi compagni, al momento, erano completamente esposti al tiro nemico e inermi. Dopo l’8 ottobre, con l’uccisione di Ernesto Guevara, si decise, tra USA e Bolivia, che l’eliminazione fisica non sarebbe bastata, iniziarono, allora, ad infangare la memoria di Ita.

Luglio 1975:
Annamaria Mantini, militante nappista, uccisa con un colpo di pistola in faccia (per la precisione in mezzo agli occhi) sparato dal vicebrigadiere Antonio Tuzzolino. Secondo la versione della polizia, Annamaria, che stava tornando a casa, apre la porta e trovatasi faccia a faccia con le guardie la ritira violentemente a se per fuggire. “Accidentalmente” dalla pistola del Tuzzolino, il cui braccio è restato incastrato tra i battenti, parte un colpo che raggiunge Annamaria uccidendola. Nonostante questa versione abbia una dinamica MOOOOOLTO strana il caso viene archiviato.

Maggio 1977:
Giorgiana Masi, 19 anni, uccisa a colpi di pistola durante una manifestazione da un agente in borghese. Unica sua colpa, come succederà in altre occasioni in quel periodo, fu partecipare ad una manifestazione. 24 anni dopo “il tiro a segno sui manifestanti” tornerà “di moda”.

Maggio 1981:
Carol Ann Kelly, 12 anni, irlandese, cattolica, colpita alla testa e al volto da un proiettile di plastica sparato da un soldato inglese dal suo autoblindo. Non vi era nessuno scontro nella zona. Carol stava tornando a casa dopo aver fatto la spesa, morirà in ospedale 3 giorni dopo. Nessun provvedimento per il militare.
In Nord Irlanda i “rubber bullets” fino al ’73 causarono 3 morti, dopo quell’anno si decide di usarne un tipo diverso (proprio per le morti causate), i “plastic bullets”, che fino ad ora hanno ucciso 17 persone e sfigurate a migliaia. Questi proiettili sono autorizzati dall’alto consiglio delle nazioni unite.

Luglio 2001:
Carlo Giuliani, 23 anni, ucciso da un carabbiniere con un proiettile in piena faccia e calpestato dalle ruote della jeep da cui è partito il colpo durante la manifestazione contro il raduno del G8. Circa un mese prima durante un’altra manifestazione (contro forza nuova), carabbinieri e polizia avevano minacciato i manifestanti (non c’erano stati scontri) urlando loro: “Al G8 vi ammazziamo” ed erano poi andati via facendo il saluto romano. Carlo era uno di noi, come noi, un pezzo della mia vita e non solo della mia. C’è gente che non dimentica, per chi si dedica solo ai TG, purtroppo, le notizie sono moda, vanno e vengono.


PROLOGO:
So benissimo che l’uso delle armi è sbagliato, ma alcuni tra i personaggi che ho nominato, se l’hanno scelto, è stato solo perché sono stati costretti dalla società a trasformare la loro sensibilità in violenza. Oltre a loro avrei potuto citarne altre migliaia, purtroppo non c’è mai abbastanza spazio né tempo per la memoria storica, tra loro voglio comunque ricordare Sundance Kid, Quinto Persico, Etta Place, Emilio Casalini, Francis Hughes, Patsy O’Hara e Raymond McCreesh.
MEGLIO UNA FINE SPAVENTOSA
CHE UNO SPAVENTO SENZA FINE (scritta sui mu) ri del ’77



Mi chiedo se non sarebbe corretto cambiare la definizione di «pacifisti» in «la maggioranza dei cittadini italiani contrari alla guerra». Mi chiedo, se è sensato e utile manifestare per la pace e penso, se il potere ogni volta ha un attacco isterico, allora deve essere anche più sensato e utile di quanto speravamo.Mi chiedo se dopo che è stato dimostrato che l’Iraq non possedeva armi di sterminio, è più vile ritirarsi o è più vile accettare ogni menzogna e veleno di questa guerra.Mi chiedo, se l’occupazione doveva riportare la pace in Iraq, perché si continua a morire più che in guerra. Se ciò è inevitabile, è frutto di incompetenza militare o è in parte pianificato.Se l’Onu vuole esistere o continuare a lamentarsi che non esiste.Se quello che dice il Papa sono gaffes.Se tra i favorevoli alla guerra quanti sono onesti e convinti, quanti stanno soltanto dalla parte del più forte e quanti antiamericani in più ci sarebbero stati se Saddam avesse vinto e fosse diventato il primo petroliere mondiale.Mi chiedo perché c’è chi diventa pacifista solo quando sa che c’è la televisione a riprendere.Mi chiedo se quelli che tirano sempre in ballo Hitler è perché temono un suo ritorno o perché rimpiangono i suoi metodi.Mi chiedo se c’è già un rapporto sulle armi di sterminio di Prodi.Mi chiedo perché Berlusconi non è ancora andato a Nassiriya e poi me lo spiego. Uno, che coraggio pretendete da uno che ha paura anche di affrontare Fassino? Due, sta aspettando la settimana prima delle elezioni. Tre, il caldo scioglie il fard.Mi chiedo dove sono finiti Osama e il mullah Omar e se sono già cominciati i provini per il nuovo Satana.Mi chiedo dove trova tutti questi soldi Al Qaeda se ogni conto era stato bloccato, e come mai si fermano gli aerei per un passeggero sospetto e non si riesce a intercettare un solo carico di armi.Mi chiedo perché è più facile trovare una tonnellata di esplosivo che un carciofo a buon prezzo.Mi chiedo se quelli che ti dicono sottovoce che comunque una bomba sui treni a Madrid è un bel colpo contro l’America sono stupidi, sanguinari o ignoranti in geografia.Mi chiedo quanti strateghi televisivi giocherebbero entusiasticamente coi soldatini e il plastico, se in studio ci fossero i parenti dei soldati.Mi chiedo se quando andrò a votare, voterò per il nuovo parlamento o per un rinnovo di consiglio aziendale.Se dopo il voto resterò un cittadino sia nella maggioranza sia nella minoranza.Se adesso che la Fininvest si è salvata dai debiti scenderanno in campo anche la Tim, la Fiat e il campionato di calcio. Il Bingo sappiamo già che si presenterà.Se un premier che ha mandato Previti a corrompere i giudici tra tre anni deve ripresentarsi alle urne o al commissariato.Se un premier che controlla il novanta per cento dell’informazione strilla contro il restante dieci per cento, che bella opinione ha della verità delle sue idee.Mi chiedo se la sinistra istituzionale comincerà a chiamare le cose col suo nome una settimana prima delle elezioni, oppure la settimana dopo, o mai.Se non si parla più delle Pidue perché ormai è tutta al governo o perché non è più di moda.Mi chiedo, avendo quasi cento parlamentari la fedina penale sporca, se non sarebbe meglio sostituire l’obsoleto termine di onorevole col moderno termine di riciclabile. Il riciclabile Dell’Utri, parlando con il riciclabile Pomicino...Mi chiedo perché la sinistra non ha il coraggio di togliere dalla liste persone che hanno la fedina penale sporca. Mi chiedo perché nessuno parla delle tangenti di Tanzi.Mi chiedo a chi serve pensare che la magistratura è un monolito e non un’istituzione complessa e contraddittoria, fatta di toghe rosse, subumani antropologicamente inferiori, collusi con la mafia, corrotti, piduisti, e uomini onesti che rischiano la vita.Mi chiedo perché ogni giorno qualcuno mi dice che Sofri sta per uscire, e Sofri è sempre dentro.Mi chiedo perché i banchieri hanno problemi cardiaci al momento dell’arresto e gli extracomunitari mai.Mi chiedo perché dopo cinquant’anni di stragi senza un colpevole né sinistra né destra vogliono aprire i dossier segreti. Se è perché ci ritengono poco maturi o troppo maturi per giudicare.Mi chiedo quando vado in banca se sto consegnando i miei risparmi a una grande mamma premurosa o sto finanziando qualche bancarottiere.Mi chiedo se di questi tempi ha senso parlare di cultura e rispondo sì, perché questo governo ha una paura fottuta di ogni forma di intelligenza.Mi chiedo se Goebbles avrebbe detto «quando sento la parola cultura metto mano al telecomando».Mi chiedo perché nessuno dice che la televisione sta perdendo ascolto e i libri e le biblioteche resistono benissimo.Mi chiedo perché siamo l’unica televisione in Europa che non ha una vera trasmissione per i libri.Mi chiedo: se Vespa è il primo piano, chissà che schifo è il pianterreno.Mi chiedo se è Baget Bozzo ad aver ispirato Jabba di Guerre Stellari, o viceversa.Mi chiedo come fanno i ragazzi a essere se stessi se la riforma scolastica gli viene presentata da due cyborg liftati, patinati e cotonati come Silvio e Letizia.Mi chiedo se la società Autostrade dà un Viacard per due mesi agli automobilisti rimasti bloccati per ore nella neve, se li sta prendendo per il culo o sta cercando di dargli il colpo di grazia.Mi chiedo se faranno prima il ponte di Messina o la bretella di Mestre.Mi chiedo quando rifaranno un cellulare che serve solo per telefonare.Mi chiedo se i cortei per la pace sono più veloci o io sono diventato più vecchio.Mi chiedo cosa avrebbe scritto oggi Luigi Pintor.Mi chiedo quanto continueremo a definire anomalo un clima ormai normalmente disastroso.Mi chiedo se un documento di settecento grandi scienziati che prevede il collasso della terra entro cinquant’anni è meno importante di un pieno di benzina.Mi chiedo se dobbiamo clonare gli uomini o migliorare i prototipi.Se non sarebbe meglio ammettere che non esiste un Dio ma tante idee di Dio, non un terrorismo ma cento terrorismi, e che ogni guerra è diversa dall’altra, ma abbiamo un mondo solo.Mi chiedo se il decimo pianeta recentemente scoperto, non sia quello pronto a sostituirci.



PLEASE, quando mandate messaggi, fateli pubblici (a meno che non dobbiate darmi un numero di tel, un indirizzo, ecc.). Non avendo nulla da nascondere, preferisco. GRAZIE.



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