"Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti… Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso…" J. Bonnot
ave maria ie veng acopp’ scampia addo’na vota era canapa mo spade e neve pe‘a via sentiment i ascarffati jorne uno pe nato na carezza male asciuta
santa maria nun n’c’è sta niente a capì è nu munno de mbruoglie chiu sperisce e t’attacche chiu t’arravuoglie e so vulie e so verrizzi profumo ca puzza sott’u surore anema chete fa pantano e fete
a peste a peste
a paura nce fa addivintà furesta e s’accidono mamma e pate, frate, uno contro a nato ma chi l’ha voluta, chi nce l’ha mannata
a peste a peste
nun se può morì ciore dance ‘o riesto e simme jute e simmo venuti e è ghiuta comme è ghiuta simme uommen e nun ce arrivamm e a te cercamm aiuto
ave maria nun è cazzimm da mia ma nun sapimm chi amma crerere e a chi amma prià e si isso over nce ha criato e nce vo accussi bene pecchè nce sta tantu mmale pecchè nce stann tanti ppene
santa maria cammenanne ngopp ‘o ffuoco jenne jenne ngopp ‘e spine foss ‘o sole d’int ‘o core uocchie cielo pe guardà fosse overo nata vita accummingianno do capo solamente ammor sule verità
a peste! a peste!
na carretta sona ‘a campana nchiur ‘a fenesta! pezze nfront, nguoll, nfaccia, attuorn e pede e mmane attravierz terr scavez na lacrema int’ ‘o mar
a peste! a peste!
sicchie d’acua, fuoco, villaggi capann e bestie e simme jute e simme venuti e è ghiuta comme è ghiuta simme uommen e nun ce arrivamm e a te cercamm aiuto
ave maria
E giunge infine il tempo di chiedere tempo ancora non troppo ancora per ora non tutto il tempo che serve per compiere a pieno lo scempio che liquida queste conserve ma solo quel poco quel niente che basta a un varco che brilli più fioco nell’ultima luce rimasta accesa per volgersi indietro scrutare vedere nel mare di vetro del proprio passato la resa il termine ultimo il perno intorno al quale sospeso ruotò all’esterno sorpreso dall’intimo inferno l’interno fuggendo dal centro o appena squagliò sgocciolando quel grumo di intrecci che dentro rimase nel tempo rappreso ignaro del come del quando del senso persino del nome da dare all’intimo sbando che segna il vano confine il solco invano scavato fra quello che dentro s’imprime e i miseri rivoli inversi che rodono questo sterrato terriccio che aspetta che giunga la pioggia ma presto e ingiunga infine quel tempo che privo di pena col solito scempio riesca a dare la piena al flusso che tutto travolge dicendo finita la lunga inutile attesa e in vista comunque l’arrivo il punto cui tutto si volge per leggere infine la lista di quanto ficco nelle bolge la sorda memoria spiccando dal fatto la storia di quello che un tempo invano s’attese e ancora ci offende emerso dal perso budello al quale ciascuno s’arrende finché alla fine il tempo non giunge di rendere tutte le rese di chiudere il conto col sé o con quanto di sé si pretese in fondo intatto restasse dal ciò che dal fondo ci punge o quanto da fuori soggiunge l’intenso dolore del tatto di questo perpetuo sfiorarsi e quasi sfiorire nel mutuo intreccio di masse in cui come sparsi fra strette matasse ci tengono tutte le spire del mondo nel tremulo intrico di tracce che tratte non sanno sbiadire tramando piuttosto nel volto il tenue residuo di quella catena di facce per cui l’individuo si mostra nel tempo convolto rappreso in ciò che per tempo congiunto fu assolto e subito preso nell’attimo stesso nel punto in cui ogni anello si tocca insieme si spacca di questa catena di padri e madide madri tremanti finché non si scocca quel rivolo smunto che all’altro dall’uno s’attacca assorto e infine sussunto a pietra tombale dei tratti contratti da quanto attrassero i sessi le fami i ciclici stanchi processi dei frutti sui rami finché finalmente non giunge il tempo di dirsi gli stessi d’intendere quanto ci punge l’identico sprone o quanto gli stessi richiami ci chiamino a chiedere prove che sono le stesse per tutti il senso comune che impone che ognuno ributti altrove l’immagine dove si serra e presto si scioglie il grumo che infisso va infitto nel rapido fumo di cui son fatte le spoglie che in dosso come abiti in fitto ricoprono solo le voglie che a tutto resistono e vive di quanto ci vive ci vivono sopra o dentro o dove si scopra frammisto nel limo di queste allagabili rive il segno del transito intenso il torto frammento che primo si diede a intendere un senso a questo dispendio che come implacabile vento diffonde l’incendio di questo volere che tutti trascende che scorre fra instabili corpi nel fremito che li rapprende e liquida come le cere o come un broglio di torpidi ammassi perché non è vivo fra questo scolare di grassi nient’altro che il rivolo estraneo estremo che spinge sui soliti passi nel solito treno insomma l’insieme di spinte che sono le nostre passioni ma nostre per dire per crederci ancora padroni di queste mirabili mire e mete distinte da tutti raggiunte in meno di niente e spente o meglio disgiunte dal proprio richiudere il cerchio in quanto malgrado le finte o i nostri bei sogni del cazzo in questo volere voluto è insomma chi vuole soverchio chi crede di farsi soggetto piuttosto che il muto pupazzo sommosso da questo progetto in cui ogni cosa si tiene perché quest’orribile fame che sempre ci viene e voglia di strame di carni mucose e liquidi vari è lei che ci vive le cose che siamo ed è questa fame la vita che vuole la vita l’intenso richiamo al quale restiamo senza altri ripari che il fare di sì con la testa di sì fino a farla finita con quanto ancora si appresta a farci ripetere sì era questo che m’ero proposto andare se fu mai andare oppure restare sul posto così aspettando che il tempo giungesse infine giungesse di dare l’addio alle solite resse e dunque placasse la rabbia furiosa del flusso che induce qua giù a girare fra tumide masse ad ogni minimo influsso sul culo per quanto insulso sia questo ruotare sull’asse e questo continuo rinculo ad ogni più piccolo impulso così che per ogni boccone un ampio rigurgito assale propulso a farsi rivale di quanto da fuori s’impone al punto che il solo motore che spinge e tante movenze ci finge nei piedi nel cranio nel cuore nei sessi è solo un roco singhiozzo qualcosa che viene da dosso e lascia fremendo gli stessi un moto insomma che è un mosso restare sul posto il viaggio d’un secchio nel pozzo fin dove ristagna riposto quel cupo rimorso d’aver dato corso a questa sequela di giorni nei quali lo vedi tu pure ritorni tu piccola goccia che scorse là dove adesso risiedi nel fango del futile forse finché se sfumata farai la fine di tutto ciò che qui infine svapora in me mentre vedi già chiudo la grata di questa confusa stipata dimora e spengo la luce su quanto è andato distrutto che giunga infine lo scempio di quanto tuttora malgrado me stesso m’induce anche ora a chiedere tempo soltanto a chiederlo intanto che scuce sebbene non troppo né tanto non proprio più tanto ancora per ora
Monsieur le Président Je vous fais une lettre Que vous lirez peut-être Si vous avez le temps. Je viens de recevoir Mes papiers militaires Pour partir à la guerre Avant mercredi soir. Monsieur le Président Je ne veux pas la faire Je ne suis pas sur terre Pour tuer des pauvres gens. C’est pas pour vous fâcher Il faut que je vous dise Ma décision est prise Je m’en vais déserter.
Depuis que je suis né J’ai vu mourir mon père J’ai vu partir mes frères Et pleurer mes enfants. Ma mère a tant souffert Qu’elle est dedans sa tombe Et se moque des bombes Et se moque des vers. Quand j’étais prisonnier On m’a volé ma femme On m’a volé mon âme Et tout mon cher passé. Demain de bon matin Je fermerai ma porte Au nez des années mortes J’irai sur les chemins. Je mendierai ma vie Sur les routes de France De Bretagne en Provence. Et je crierai aux gens Refusez d’obéir Refusez de la faire N’allez pas à la guerre Refusez de partir. S’il faut donner son sang Allez donner le vôtre Vous etes bon apôtre Monsieur le Président. Si vous me poursuivez Prévenez vos gendarmes Que je n’aurai pas d’armes Et qu’ils pourront tirer
(Boris Vian)
A CARLO
A te che punti la pistola Attento a colpire Non ho solo un cuore, ma tanti Ascolta i tamburi e trema Guai A chi separa gli amici
Io non sapevo Quante cose accadevano E le prendevo come promesse Di qualcosa di più vero E di più grande Ora so che erano la mia Storia Quel pomeriggio fu unico nella mia vita Ma solo ora posso dirlo
Quella ferita resterà La mia cicatrice più profonda Quello fu l’unico amore E gli amici che ho salutato Quella volta partirono davvero Ero felice, ma ne dubitavo Quelle pagine erano il mio libro Poiché io sono stato Più di quanto sono, e sarò.
LE DATE NASCOSTE
Giugno 1521: viene ucciso, dall’esercito di Hernan Cortèz, Cuauhtèmoc, ultimo imperatore Atzeco. Dopo essere stato catturato gli furono bruciati i piedi per fargli rivelare dove si trovava l’oro della città. Tenochtitlan fu rasa al suolo, la sua popolazione sterminata.
Dicembre 1761: Jacinto Canek, maya, viene fatto sfilare per le strade di Mérida con una corona di carta in testa con su scritto: ” Ribelle contro dio e contro il re”, sotto gli insulti e gli sputi delle nobildonne e dei gentiluomini spagnoli. Legatigli gli arti a 4 ceppi, viene macellato e i pezzi del suo corpo buttati in un braciere. Aveva tentato, assieme ad altri indio, di ribellarsi con frecce e machete allo sfruttamento spagnolo. L’esercito invasore, nonostante fosse armato di cannoni e moschetti, dovette combattere per due settimane. Le ultime parole di Jacinto furono: “Noi non moriremo schiavi! Noi siamo stati liberi e torneremo liberi”.
Aprile 1912: ucciso Jules Bonnot, anarchico, assediato da più di 500 gendarmi in un palazzo di Choisy le Roi, a Parigi. Dopo numerosissime raffiche e due esplosioni è ancora vivo. Scrive: ” Non chiedevo granché. Camminavo con lei al chiaro di luna […] era la felicità che avevo inseguito per tutta la vita, senza esser capace neppure di sognarla […] Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. Allora è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti […] Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti si, ma in ogni caso nessun rimorso […]. Poco dopo Jules si spara ma è ancora vivo quando arriva la gendarmerie, spara, allora, 3 colpi in aria e viene finito dalle guardie con altrettanti colpi al torace.
Marzo 1942: muore Argo Secondari, caduto in un agguato fascista il 31 ottobre 1922, viene sbattuto in manicomio col cranio fracassato, non si riprenderà più. Aveva tentato, ed era quasi riuscito, a contrastare l’ascesa fascista con combattimenti a viso aperto comandando gli “Arditi del popolo”. I più grandi smacchi delle camicie nere in quel periodo li dobbiamo a lui.
Maggio 1944: Vito Salmi ( Nino) viene catturato nel combattimento della Montagnola e fucilato dai fascisti, aveva 19 anni ed era partigiano da soli tre mesi, va alla forca senza paura, cosciente di essere nel giusto. Prima di essere fucilato manda una lettera: “Caro babbo, vado alla morte con orgoglio, sii forte come lo sono stato io fino all’ultimo e cerca di vendicarmi. Per lutto porta un garofano rosso […] ho fatto di mia spontanea volontà, non dovete piangere […]. VIVA LA LIBERTA’.
Agosto 1944: Irma Bandieri, 29 anni, bolognese, partigiana della 7 brigata, catturata dai fascisti. Dopo 7 giorni e 7 notti di tortura non ha fatto alcun nome né di persona nè di nascondiglio, guarda i suoi aguzzini con disprezzo, solo questo, uno di loro dice: “ ma ne vale la pena?” Viene finita davanti a casa sua con una raffica di mitra.
Gennaio 1960. Viene ucciso Francisco Sabatè ( Quico ), 45 anni, militante anarchico, sparava nelle città volantini antifranchisti con un bazooka e lottava, come molti altri, contro la dittatura. Malato, ma armato, Quico finisce in un imboscata, avrebbe la possibilità di uccidere il delatore che lo ha incastrato e le guardie di Franco, spara alle gambe a una delle guardie, NON VUOLE UCCIDERE NESSUNO, ma un'altra squadra di polizia gli spara alle spalle lasciandolo esanime a terra. La sua pistola e i suoi binocoli sono custoditi nel museo della Guardia Civil a Madrid, come trofei di guerra. La Francia “repubblicana” durante il suo esilio oltre i Pirenei, non aveva fatto altro che perseguitarlo e arrestarlo su ordine di Francisco Franco.
Agosto 1967: Tamara Bunke, detta Tamarita o solo Ita, viene uccisa, in un imboscata, grazie alle informazioni di un delatore, quando ammalata, assieme agli altri 8 compagni che formavano la retroguardia del Che in Bolivia, stava attraversando un tratto del Rio Grande. Sia lei che i suoi compagni, al momento, erano completamente esposti al tiro nemico e inermi. Dopo l’8 ottobre, con l’uccisione di Ernesto Guevara, si decise, tra USA e Bolivia, che l’eliminazione fisica non sarebbe bastata, iniziarono, allora, ad infangare la memoria di Ita.
Luglio 1975: Annamaria Mantini, militante nappista, uccisa con un colpo di pistola in faccia (per la precisione in mezzo agli occhi) sparato dal vicebrigadiere Antonio Tuzzolino. Secondo la versione della polizia, Annamaria, che stava tornando a casa, apre la porta e trovatasi faccia a faccia con le guardie la ritira violentemente a se per fuggire. “Accidentalmente” dalla pistola del Tuzzolino, il cui braccio è restato incastrato tra i battenti, parte un colpo che raggiunge Annamaria uccidendola. Nonostante questa versione abbia una dinamica MOOOOOLTO strana il caso viene archiviato.
Maggio 1977: Giorgiana Masi, 19 anni, uccisa a colpi di pistola durante una manifestazione da un agente in borghese. Unica sua colpa, come succederà in altre occasioni in quel periodo, fu partecipare ad una manifestazione. 24 anni dopo “il tiro a segno sui manifestanti” tornerà “di moda”.
Maggio 1981: Carol Ann Kelly, 12 anni, irlandese, cattolica, colpita alla testa e al volto da un proiettile di plastica sparato da un soldato inglese dal suo autoblindo. Non vi era nessuno scontro nella zona. Carol stava tornando a casa dopo aver fatto la spesa, morirà in ospedale 3 giorni dopo. Nessun provvedimento per il militare. In Nord Irlanda i “rubber bullets” fino al ’73 causarono 3 morti, dopo quell’anno si decide di usarne un tipo diverso (proprio per le morti causate), i “plastic bullets”, che fino ad ora hanno ucciso 17 persone e sfigurate a migliaia. Questi proiettili sono autorizzati dall’alto consiglio delle nazioni unite.
Luglio 2001: Carlo Giuliani, 23 anni, ucciso da un carabbiniere con un proiettile in piena faccia e calpestato dalle ruote della jeep da cui è partito il colpo durante la manifestazione contro il raduno del G8. Circa un mese prima durante un’altra manifestazione (contro forza nuova), carabbinieri e polizia avevano minacciato i manifestanti (non c’erano stati scontri) urlando loro: “Al G8 vi ammazziamo” ed erano poi andati via facendo il saluto romano. Carlo era uno di noi, come noi, un pezzo della mia vita e non solo della mia. C’è gente che non dimentica, per chi si dedica solo ai TG, purtroppo, le notizie sono moda, vanno e vengono.
PROLOGO: So benissimo che l’uso delle armi è sbagliato, ma alcuni tra i personaggi che ho nominato, se l’hanno scelto, è stato solo perché sono stati costretti dalla società a trasformare la loro sensibilità in violenza. Oltre a loro avrei potuto citarne altre migliaia, purtroppo non c’è mai abbastanza spazio né tempo per la memoria storica, tra loro voglio comunque ricordare Sundance Kid, Quinto Persico, Etta Place, Emilio Casalini, Francis Hughes, Patsy O’Hara e Raymond McCreesh. MEGLIO UNA FINE SPAVENTOSA CHE UNO SPAVENTO SENZA FINE (scritta sui mu) ri del ’77
Mi chiedo se non sarebbe corretto cambiare la definizione di «pacifisti» in «la maggioranza dei cittadini italiani contrari alla guerra». Mi chiedo, se è sensato e utile manifestare per la pace e penso, se il potere ogni volta ha un attacco isterico, allora deve essere anche più sensato e utile di quanto speravamo.Mi chiedo se dopo che è stato dimostrato che l’Iraq non possedeva armi di sterminio, è più vile ritirarsi o è più vile accettare ogni menzogna e veleno di questa guerra.Mi chiedo, se l’occupazione doveva riportare la pace in Iraq, perché si continua a morire più che in guerra. Se ciò è inevitabile, è frutto di incompetenza militare o è in parte pianificato.Se l’Onu vuole esistere o continuare a lamentarsi che non esiste.Se quello che dice il Papa sono gaffes.Se tra i favorevoli alla guerra quanti sono onesti e convinti, quanti stanno soltanto dalla parte del più forte e quanti antiamericani in più ci sarebbero stati se Saddam avesse vinto e fosse diventato il primo petroliere mondiale.Mi chiedo perché c’è chi diventa pacifista solo quando sa che c’è la televisione a riprendere.Mi chiedo se quelli che tirano sempre in ballo Hitler è perché temono un suo ritorno o perché rimpiangono i suoi metodi.Mi chiedo se c’è già un rapporto sulle armi di sterminio di Prodi.Mi chiedo perché Berlusconi non è ancora andato a Nassiriya e poi me lo spiego. Uno, che coraggio pretendete da uno che ha paura anche di affrontare Fassino? Due, sta aspettando la settimana prima delle elezioni. Tre, il caldo scioglie il fard.Mi chiedo dove sono finiti Osama e il mullah Omar e se sono già cominciati i provini per il nuovo Satana.Mi chiedo dove trova tutti questi soldi Al Qaeda se ogni conto era stato bloccato, e come mai si fermano gli aerei per un passeggero sospetto e non si riesce a intercettare un solo carico di armi.Mi chiedo perché è più facile trovare una tonnellata di esplosivo che un carciofo a buon prezzo.Mi chiedo se quelli che ti dicono sottovoce che comunque una bomba sui treni a Madrid è un bel colpo contro l’America sono stupidi, sanguinari o ignoranti in geografia.Mi chiedo quanti strateghi televisivi giocherebbero entusiasticamente coi soldatini e il plastico, se in studio ci fossero i parenti dei soldati.Mi chiedo se quando andrò a votare, voterò per il nuovo parlamento o per un rinnovo di consiglio aziendale.Se dopo il voto resterò un cittadino sia nella maggioranza sia nella minoranza.Se adesso che la Fininvest si è salvata dai debiti scenderanno in campo anche la Tim, la Fiat e il campionato di calcio. Il Bingo sappiamo già che si presenterà.Se un premier che ha mandato Previti a corrompere i giudici tra tre anni deve ripresentarsi alle urne o al commissariato.Se un premier che controlla il novanta per cento dell’informazione strilla contro il restante dieci per cento, che bella opinione ha della verità delle sue idee.Mi chiedo se la sinistra istituzionale comincerà a chiamare le cose col suo nome una settimana prima delle elezioni, oppure la settimana dopo, o mai.Se non si parla più delle Pidue perché ormai è tutta al governo o perché non è più di moda.Mi chiedo, avendo quasi cento parlamentari la fedina penale sporca, se non sarebbe meglio sostituire l’obsoleto termine di onorevole col moderno termine di riciclabile. Il riciclabile Dell’Utri, parlando con il riciclabile Pomicino...Mi chiedo perché la sinistra non ha il coraggio di togliere dalla liste persone che hanno la fedina penale sporca. Mi chiedo perché nessuno parla delle tangenti di Tanzi.Mi chiedo a chi serve pensare che la magistratura è un monolito e non un’istituzione complessa e contraddittoria, fatta di toghe rosse, subumani antropologicamente inferiori, collusi con la mafia, corrotti, piduisti, e uomini onesti che rischiano la vita.Mi chiedo perché ogni giorno qualcuno mi dice che Sofri sta per uscire, e Sofri è sempre dentro.Mi chiedo perché i banchieri hanno problemi cardiaci al momento dell’arresto e gli extracomunitari mai.Mi chiedo perché dopo cinquant’anni di stragi senza un colpevole né sinistra né destra vogliono aprire i dossier segreti. Se è perché ci ritengono poco maturi o troppo maturi per giudicare.Mi chiedo quando vado in banca se sto consegnando i miei risparmi a una grande mamma premurosa o sto finanziando qualche bancarottiere.Mi chiedo se di questi tempi ha senso parlare di cultura e rispondo sì, perché questo governo ha una paura fottuta di ogni forma di intelligenza.Mi chiedo se Goebbles avrebbe detto «quando sento la parola cultura metto mano al telecomando».Mi chiedo perché nessuno dice che la televisione sta perdendo ascolto e i libri e le biblioteche resistono benissimo.Mi chiedo perché siamo l’unica televisione in Europa che non ha una vera trasmissione per i libri.Mi chiedo: se Vespa è il primo piano, chissà che schifo è il pianterreno.Mi chiedo se è Baget Bozzo ad aver ispirato Jabba di Guerre Stellari, o viceversa.Mi chiedo come fanno i ragazzi a essere se stessi se la riforma scolastica gli viene presentata da due cyborg liftati, patinati e cotonati come Silvio e Letizia.Mi chiedo se la società Autostrade dà un Viacard per due mesi agli automobilisti rimasti bloccati per ore nella neve, se li sta prendendo per il culo o sta cercando di dargli il colpo di grazia.Mi chiedo se faranno prima il ponte di Messina o la bretella di Mestre.Mi chiedo quando rifaranno un cellulare che serve solo per telefonare.Mi chiedo se i cortei per la pace sono più veloci o io sono diventato più vecchio.Mi chiedo cosa avrebbe scritto oggi Luigi Pintor.Mi chiedo quanto continueremo a definire anomalo un clima ormai normalmente disastroso.Mi chiedo se un documento di settecento grandi scienziati che prevede il collasso della terra entro cinquant’anni è meno importante di un pieno di benzina.Mi chiedo se dobbiamo clonare gli uomini o migliorare i prototipi.Se non sarebbe meglio ammettere che non esiste un Dio ma tante idee di Dio, non un terrorismo ma cento terrorismi, e che ogni guerra è diversa dall’altra, ma abbiamo un mondo solo.Mi chiedo se il decimo pianeta recentemente scoperto, non sia quello pronto a sostituirci.
PLEASE, quando mandate messaggi, fateli pubblici (a meno che non dobbiate darmi un numero di tel, un indirizzo, ecc.). Non avendo nulla da nascondere, preferisco. GRAZIE.