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*gigibuffon*

nome:

Gianluigi
eta': 46
Citta'.: Carrara - Torino
Descrizione: Partiamo dall'inizio, ma proprio dall'inizio. Sono nato a Carrara il 28 gennaio 1978, in una famiglia di sportivi. Mia mamma, Maria Stella Masocco, è nata anche lei a Carrara ed è stata tre volte campionessa italiana di lancio del peso, oltre che detentrice del record italiano con 15 metri e 43 centimetri, e addirittura diciassette volte campionessa italiana nel lancio del disco: anche in questa specialità è stata primatista nazionale, con la misura di 57 metri e 54 centimetri. Curiosità: entrambi questi suoi record italiani sono stati ottenuti lo stesso giorno, il 14 maggio del 1972. Mio papà Adriano è nato a Latisana, in provincia di Udine, ed è stato anche lui azzurro dell'atletica, nel lancio del peso: a un europeo juniores arrivò secondo. In totale è stato convocato 15 volte nella nazionale juniores e una in quella maggiore. Finita la carriera agonistica è poi diventato professore di educazione fisica. Insomma, sono figlio di due azzurri. Anche le mie sorelle non scherzano, comunque. Il loro sport è però la pallavolo: sia Guendalina che Veronica, più grandi di me e nate a Carrara come me e la mamma, sono arrivate alla serie A1 e alla Nazionale. Guendalina, quando giocava a Matera, ha vinto anche la Coppa dei Campioni, e anche suo marito Mario Caruso è uno sportivo: lui gioca a basket. Insomma, fin dall'inizio l'ambiente familiare mi ha aiutato a esprimermi attraverso lo sport.



Nessuno mi ha mai chiesto di diventare un professionista nel calcio o in qualche altra disciplina, però. Giocando un po' a tutto ho trovato la mia strada, ma fin da quando mi divertivo in pineta con i miei amici, a 6 anni, sapevo che il mio sport sarebbe stato il calcio. Proprio a quell'età i miei genitori mi hanno iscritto alla scuola calcio Canaletto, di La Spezia. Mi ricordo l'allenatore, Libero Salvetti, e tanti bambini che volevano solo entrare nel calcio, come me. Poi quando sono stato in età da Pulcini sono andato a giocare nel Perticata, squadra di Carrara. Ho un bel ricordo degli allenatori, Boni, Rosini e Avallone, e di molti compagni. Fra l'altro non avevo nemmeno un ruolo definito, anche se già all'epoca mi entusiasmavano i portieri. Spesso giocavo a centrocampo, non me la cavavo male.



Un giocatore che da bambino mi piaceva tantissimo, proprio nel mio periodo da centrocampista, era Lothar Matthaeus. Ero piuttosto un cultore delle squadre e dei personaggi un po' strani, fuori da certi schemi. Mi entusiasmava il Pescara di Galeone, ma come tifo mi sentivo del Genoa. Da centrocampista giocai la mia prima partita a San Siro, a 10 anni, una sfida fra i migliori bambini della Toscana e quelli del Veneto. Un'emozione incredibile, giocammo prima di Inter-Verona, nella stagione dello scudetto interista 1988-89. Vinse l'Inter con gol di Berti, se non ricordo male.



Il mito assoluto però per me era Thomas N'Kono, il grande portiere del Camerun. Il mondo lo aveva conosciuto ai Mondiali del 1982, ma io ero troppo piccolo per ricordarmene, e mi innamorai di lui durante Italia '90, quando con la sua Nazionale battè l'Argentina campione del mondo in carica nella partita iniziale e poi arrivò nei quarti di finale, dove venne eliminata dall'Inghilterra, grazie anche a due generosi calci di rigore concessi agli inglesi. Mi ricordo che quella sera piansi.



Proprio dopo quei Mondiali passai al Bonascola, avevo 12 anni, e scelsi il ruolo in maniera definitiva. Un po' per la passione per N'Kono, un po' per il cognome, e molto per perché mi entusiasmava stare in porta. Tutti conoscevano Lorenzo Buffon, il grande portiere di Inter e Milan, ma il paragone non mi è mai pesato, anche se le persone, soprattutto all'inizio, sentendo il mio cognome, facevano la faccia di chi è di fronte a un predestinato. O peggio, a un raccomandato. In realtà siamo parenti davvero alla lontana, lui è cugino di mio nonno, ma ci saremo incontrati cinque o sei volte in tutta la vita. Tornando al Bonascola, devo dire che per me furono decisivi l'allenatore Piserini, ex portiere, e soprattutto il preparatore dei portieri, Avio Manconi.



Intanto osservatori di tante società importanti mi stavano tenendo d'occhio perché, senza falsa modestia, stavo facendo davvero bene. In particolare mi seguivano Parma, Milan e Bologna. Per un certo periodo il Milan fu la società più vicina a me, e non nego di aver pensato diverse volte a come sarebbe stato il mio arrivo a Milanello, visto che si era nel pieno dell'era dei tre olandesi e dei tanti altri campioni. Ma poi insieme alla mia famiglia scelsi il Parma, che era la squadra più vicina a casa. Ci andai da solo, nell'estate 1991: avevo 13 anni, ma i miei genitori si fidavano di me, anche perché è nella tradizione di famiglia il viaggiare per motivi sportivi: le mie sorelle ne sanno qualcosa.



Appena arrivato a Parma non mi montai la testa, ma onestamente pensai che se ero arrivato lì almeno in serie C, da 'grande' avrei dovuto farcela ad arrivare. E sarei stato già contento così, giuro. Venni affidato alle cure di due grossi personaggi: l'allenatore Ermes Polli, a Parma un mito, con oltre 300 partite giocate in varie categorie, e l'allenatore dei portieri Ermes Fulgoni. Proprio Fulgoni mi diede da subito grandissima fiducia. Dopo 6 mesi che ero lì già diceva che sarei arrivato in serie A, e la cosa mi fece piacere non tanto per la previsione in sé stessa ma perché aveva pensato che io non mi sarei montato la testa ascoltando le sue parole.



Andando avanti nelle giovanili Fulgoni continuò a seguirmi come preparatore specifico, e come allenatore dopo Polli arrivò Rabitti. Nel racconto siamo arrivati agli Allievi Nazionali. Un bellissimo settore giovanile, quello del Parma: mi sono rimaste amicizie con tanti ragazzi, alcuni dei quali sono anche diventati professionisti di fama, come Morello, Falsini, Barone, Franceschini. Nella Berretti l'allenatore era Michelangelo Benedetto e nella primavera Salvioni. Intanto ero entrato nel mirino della prima squadra: stiamo parlando del 1995, a 17 anni e qualche mese.



Nella rosa c'erano ottimi portieri, come Bucci, Galli e Nista, ma fin da subito Nevio Scala dimostrò di avere fiducia in me. Durante l'estate mi fece giocare gli ultimi minuti di un'amichevole che stavamo vincendo per quattro a zero, e ne feci di tutti i colori. In negativo. Ma Scala continuò a credere in me, pur considerandomi per quello che ero, cioè un ragazzo promettente: cercò di farmi da tutore, anche fuori dal campo, ma anche i dirigenti del Parma fecero la loro parte per non farmi subire troppo l'approccio con il professionismo.



Piccola parentesi per dire che nel frattempo anche io, come i professionisti veri, avevo trovato un procuratore. Che poi è lo stesso di adesso, Silvano Martina. Quando avevo 14 anni si era rifiutato di conoscermi, ritenendomi troppo giovane. Due anni dopo ci incontrammo durante un torneo di Viareggio, e da allora non ci siamo più lasciati. Mi fece da subito un'ottima impressione, forse avrà influito il fatto che fosse stato portiere del Genoa?



Il primo (e unico) procuratore, i primi sponsor. Il primo in assoluto fu la Uhlsport, poi non mi vollero dare dieci milioni e passai alla Reusch. Adesso la Puma, con cui mi trovo benissimo. Tutte aziende che hanno creduto in me, alla fine penso siano rimaste soddisfatte: da parte mia ho sempre dato il massimo.



Torniamo a quella stagione 1995-96. In Coppa Uefa, contro l'Halmstads, si fece male Bucci, Galli era andato alla Lucchese, e Scala la domenica dopo fece giocare Nista, ma continuò a tenermi d'occhio. Fino a quando, contro il Milan, il 19 novembre 1995, disse che era arrivato il mio turno. L'allenatore dei portieri Di Palma aveva lavorato tantissimo sulla mia tecnica, sentivo di essere migliorato.



Più che emozionato mi sentivo felice, una sensazione strana per un debuttante di 17 anni. Entrando in campo mi sembrò di avere sempre giocato in serie A, ma non era una sensazione da spaccone, era solo che mi sentivo al mio posto. Insomma, come ho detto prima, ero felice. Fra l'altro la situazione era potenzialmente di tensione, anche per un calciatore esperto, figuriamoci per un ragazzo. I compagni furono molto bravi: Sensini, Couto, Apolloni non mi fecero delle grandi raccomandazioni, e la cosa mi fece capire che ero pronto. Solo Stoitchkov, nella sua maniera simpatica, mi disse all'orecchio delle parole che non ho dimenticato. Finì zero a zero, non avevo preso gol: più di così non potevo chiedere alla vita. In quel campionato totalizzai altre otto presenze, ma giustamente rimasi nei ranghi, visto che il titolare era Bucci.



Nella stagione seguente cambiò l'allenatore, e sulla panchina del Parma arrivò Ancelotti. Pur non conoscendomi mi mise sullo stesso piano di Bucci, e io mi seppi far trovare pronto. Per un motivo o per l'altro non riuscivamo a ingranare, però. A novembre Zola andò al Chelsea, e poi, quasi sotto Natale, iniziò una sequenza di partite esaltante. Ho un ricordo bellissimo di quella stagione: la squadra era normale, ma il gruppo era davvero strepitoso. Tanti amici, e tanti giocatori forti, o che forti sarebbero diventati: Apolloni, Benarrivo, Cannavaro, Thuram, Dino Baggio, Crippa, Stanic, Chiesa, Crespo. L'anno dopo, sempre con Ancelotti, pensavamo di essere più forti di tutti, invece i risultati non arrivarono. Di quell'epoca mi sono rimaste le amicizie e le tante ore di lavoro con William Vecchi, che mi ha insegnato la cattiveria e l'aggressività nell'arrivare per primo sulla palla.



Intanto era entrata nella mia vita anche la Nazionale maggiore, dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili. Esordio a Mosca, il 29 ottobre 1997, con Cesare Maldini allenatore, nelle qualificazioni mondiali contro la Russia, un freddo cane. Lì sì emozionantissimo, altro che che San Siro contro il Milan. A pochi secondi dalla mia entrata in campo feci una parata difficile e mi sbloccai.



Quando il c.t. mi convocò per i Mondiali del 1998 toccai il cielo con un dito: a vent'anni ai Mondiali! Ero cosciente di essere il terzo portiere, ma è chiaro che dentro di te un uno per cento di speranza di giocare ce l'hai sempre. Poi si fece male Peruzzi, e come per magia diventai il secondo, dietro a Pagliuca. Maldini aveva fiducia in me, ma le gerarchie erano molto chiare, quindi non ci furono problemi.



Quell'estate Ancelotti lasciò il Parma e sulla panchina arrivò Malesani, e come preparatore dei portieri Paese. Una stagione eccezionale, con tanti giocatori forti che erano ormai delle certezze, e non più i giovani promettenti di qualche stagione prima. Vincemmo Coppa Italia, Coppa Uefa, Supercoppa Italiana. Il secondo anno con Malesani eravamo convinti di spaccare il mondo, ma la delusione fu enorme, e alla fine perdemmo anche lo spareggio con l'Inter per il quarto posto che ci avrebbe consentito di andare in Champions League. Delusione nella delusione, persi per un infortunio a un dito, una frattura, l'Europeo del 2000, con l'Italia che arrivò seconda con Toldo in porta.



Nel 2001, dopo un'altra stagione di grandi promesse disattese, capii che certi progetti erano cambiati, e che la famiglia Tanzi voleva iniziare una nuova era. I tempi delle grandi spese, e della competizione diretta con le grandi metropolitane, erano finiti, e noi giocatori ne dovevamo prendere atto. Crespo era già andato alla Lazio l'anno prima, e quell'estate venne il turno mio e di Thuram.



Perché non siamo riusciti a vincere uno scudetto a Parma? Me lo sono spesso chiesto, senza trovare risposta. Al contrario di quello che molti dicono, lì c'è tutto per vincere, oltre a un ambiente ottimo, tutt'altro che demotivante. Forse insistendo qualche altro anno, tipo la Sampdoria degli anni Ottanta e primi anni Novanta, lo scudetto sarebbe arrivato. Pensandoci, stando tutti insieme avremmo potuto essere come la Sampdoria del 1991, ma nel calcio molte cose erano cambiate e un progetto simile a Parma era diventato impossibile.



Una volta capito che un ciclo era finito, cominciai a guardarmi intorno. Le offerte non mancavano. Roma e Barcellona per un certo periodo furono molto vicine a me, ma sapevo che la Juventus, dopo la partenza di Van der Sar, era alla ricerca di un portiere, e così quando arrivò l'offerta buona, sia per il Parma che per me, non esitai ad accettare. Dopo dieci anni era arrivato di nuovo il momento di traslocare.



L'impatto con l'ambiente bianconero non è facile, specie per chi è abituato ai rapporti e ai ritmi di Parma, ma la coscienza di essere in una delle società più importanti del mondo ti fa superare tutto. Se poi lo scudetto arriva al primo colpo, con quell'incredibile sorpasso in extremis ai danni dell'Inter, tutto diventa più facile.



I Mondiali 2002 speravo davvero fossero i miei Mondiali. Trapattoni mi considerava titolare, anche se sapevo di non potermi permettere cali di rendimento, vista la bravura di Toldo. C'erano tante speranze, ma per una serie di motivi, e al tempo stesso per nessun motivo specifico, non disputammo un grande torneo. Errori arbitrali, alcuni giocatori non al massimo della forma, Nesta e Cannavaro fuori nella partita decisiva, la sfortuna: mescolate tutto e avrete quel Mondiale in chiave azzurra. Negli ottavi di finale al 4' parai un rigore al coreano Ahn, distendendomi sulla destra, e dopo il gol di Vieri ammetto di avere sperato in qualcosa di grande. E' andata diversamente, peccato. Spero di avere l'opportunità di riprovarci.



Poi un altro scudetto con la Juventus e un cammino esaltante in Champions League, eliminando il Real Madrid e venendo battuti solo ai rigori nella finale con il Milan. Anche in questo caso ci riproverò, è lo sport. Quello che ho fatto nella Juventus e quello che mi ha dato la Juventus, come vittorie e come tutto, è storia di oggi, chiunque segua il calcio sa cosa sia la Juve. Parlarne al passato mi suona strano. Preferisco farlo usando il presente, giorno per giorno sul mio sito. Da questo momento cammineremo insieme...
...GIANLUIGI BUFFON



S C R I V E T E M I !





28/01/2005:
Ciao a tutti! Oggi, venerdì 28 gennaio 2005 io, Gigi
Buffon, compio 27 anni. Sto diventando vecchio...sono
passati quasi dieci anni da quando Scala mi buttò nella
mischia in serie A, e l'entusiasmo è quello di sempre.
Ringrazio tutte le persone che mi hanno manifestato
affetto, non solo oggi, e che per almeno qualche
secondo hanno permesso che nella loro vita
entrasse una mia parata (quando...paro, ovvio).
Non sono un grande scrittore, e questo è il mio modo
di comunicare. Grazie per gli auguri, ma sono io che
vorrei farli a voi, oltre che ringraziarvi di tutto.
Insomma...auguri!!!
Gigi Buffon




9 Luglio 2006: CAMPIONI DEL MONDO!!!


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