Descrizione:
- questa voglia di comunicare, unita al pensiero che dall'altra parte ci sia qualcuno disposto ad ascoltare e a comunicare a sua volta, che a me sembra la cosa più desiderabile di tutte, la più semplice e la più geniale, basta che sia vera, sincera.
Di colpo si fa notte e s'incunea a crudo il freddo La città trema Livida trema Brucia la biblioteca, i libri scritti e ricopiati a mano Che gli Ebrei Sefarditi portano a Sarajevo in fuga dalla Spagna
S'alzano i roghi al cielo S'alzano i roghi in cupe vampe
Brucia la biblioteca degli Slavi del Sud, europei dei Balcani Bruciano i libri, possibili percorsi, le mappe e le memorie, l'aiuto degli altri
S'alzano i roghi al cielo S'alzano i roghi in cupe vampe S'alzano gli occhi al cielo S'alzano i roghi in cupe vampe S'alzano gli occhi al cielo S'alzano i roghi in cupe vampe S'alzano i roghi al cielo S'alzano i roghi in cupe vampe
Questa è la favola della viltà: cos'ero, una bimba appena? che già ne avevo coscienza. tuttavia non solo la troppa coscienza, ma anche qualunque coscienza è una malattia. E' per questo, che dico? tutti lo fanno: delle malattie ne menano vanto, forse io, magari, più di tutti.
"quanto più avevo coscienza dele bene e di tutto questo "bello e sublime", tanto più profondamente mi lasciavo prendere nella mia melma e tanto più ero capace di impantanarmici del tutto. Ma il tratto principale era che tutto questo pareva che non fosse casuale in me, ma che proprio così dovesse essere. come se questo fosse il mio stato più normale, e niente affatto una malattia e una tara, cosicchè, alla fine, mi passò anche la voglia di lottare contro questa tara"
insomma siamo al punto in cui finisco di vergognarmi di questa mia infamia. eh ma i tormenti, signori, beh, quelli continuano. arrivare nel mio angolo, sentire ancora una volta di non avere fatto nulla o che quel che è fatto in nessuna maniera si può disfare, quindi rodermi della cosa, dilaniarmi e succhiarmi al punto che l'amarezza, alla fine, si converte in una ignominosa, maledetta dolcezza e, alla fine, in un vero autentico godimento. sì, sì, godimento! godere del proprio avvilimento, del fatto di sentire di essere giunti a un limite; che è una cosa pessima, ma non si può fare altrimenti. che anche se si volesse non ne farei niente comunque, che se anche si avesse il tempo per trasformarsi in qualcos'altro, certamente non lo vorrei, perchè forse non c'è proprio nemmeno in che cosa trasformarsi.
Di colpo si fa notte e s'incunea a crudo il freddo La città trema Come creatura...
Cupe vampe, livide stanze Occhio cecchino, etnico assassino Alto il sole, sete e sudore Piena la luna, nessuna fortuna Ci fotte la guerra che armi non ha Ci fotte la pace che ammazza qua e là Ci fottono i preti, i pope e i mullah L'ONU, la NATO, la civiltà Bella la vita dentro un catino Bersaglio mobile di ogni cecchino Bella la vita a Sarajevo città
Questa è la favola della viltà
come dire: '...grazie di essere stata per un po' la mia alice.'. facciamo che questa è una piccola rimpatriata di una serata - io, tu e i nostri amici immaginari -
qualche buona parola per certi vizi |