
Te la ricordi quella sera fuori al balcone di casa tua? Io, a distanza di tre anni, ne conservo ancora il ricordo… Era una serata normalissima che aveva in sé qualcosa di veramente bello. Si respirava amicizia, quella sera. Già diverso tempo era trascorso da quando, tra noi compagni di notti passate a ridere e chiacchierare sotto la finestra della mia stanza, quegli incontri avevano cominciato ad essere rari. Ognuno preso dalle sue cose... ma quella volta, per il tuo compleanno, eravamo tutti riuniti intorno ad un tavolino con gelato, aranciate e coca cola: Umberto, Imma, Margherita, Antonio, “Gattino”… io e Angelo, te e Dora. Otto mesi prima di allora entrambi avevamo intrapreso quelle nuove avventure… eravamo felici, ce lo si leggeva in volto. Innamorati, con il sorriso sulle labbra e tutta la voglia di vivere quell’estate che ci riservava spensieratezza ed allegria parlavamo di noi, degli anni trascorsi e di quelli che sarebbero venuti dopo… l’università per te e Dora, le mie due settimane a Lubiana, le esperienze lavorative, i “progetti”. A quella notizia, pochi giorni dopo il tuo ventesimo compleanno, il mondo, quello fatto di tutto ciò che sere prima avevamo celebrato, crollò… come fosse ora ricordo quell’sms che ti mandai perché tua nonna aveva detto a papà che non t’eri sentito bene… nel gelido orrore che provocò in me, la tua risposta fu lieve… “non dirlo a nessuno perché non voglio che le persone si allarmino… ho la leucemia, e sto in ospedale per fare le chemio e delle trasfusioni, ma non preoccuparti sono sotto controllo”. E quella notte, seduta a gambe incrociate in mezzo al letto con gli occhi sbarrati dall’incredulità e gonfi di lacrime che ombravano lo sguardo perso nel vuoto… le parole tremanti fluivano placando la mia sete di risposte con quel pianto salato, perché fosse tolto qualcosa a me purché a te venisse restituita quella fetta di felicità che a fatica t’eri conquistata e durava da così poco tempo… “E’ la vita, purtroppo…” . Già. Si viene al mondo, si campa, e ad un certo punto si muore. “Produci, consuma, crepa”: volendo guardare all’esistenza come fatto basta veramente poco a riassumere il tempo che spendiamo qui, e l’assurdo del tutto è che nessuno di questi tre momenti ci appartiene. Mi chiedo se ora tu sai perché sei nato, se ora sai perché hai vissuto e perché proprio in quel modo, e perché sei morto. Non sembra uno scherzo, un gioco, una roulette? Proprio qui, proprio i tuoi genitori si sono scelti… ed hanno scelto (loro?) di averti. Ti hanno avuto. Hanno avuto proprio te, non un altro figlio che avrebbero chiamato col tuo nome. Perché? Tu lo sai, ora, qual è il progetto al di sopra di ogni nostra inutile corsa? E se puoi saperlo, cosa si prova a vedere che il progetto sognato per te, sul quale tu non avevi alcun potere, era quello di farti vivere meno di ventitre anni e lasciarti morire dopo due anni e mezzo di malattia? Avevi un corpo da curare per non morire, avevi un corpo che non è stato possibile guarire. E sei morto tutto. O forse no? E se ora vivi, dov’è che sei? E perché? E qual è il motivo per cui non vieni in sogno a tua madre, a me, a dire quel che dici a tuo fratello, ai tuoi amici… “sto bene, sto troppo bene ora!”? O anche i sogni sono una bugia, un’invenzione tutta nostra come le altre? “La vita è un dono”. Tu sei d’accordo? “E’ la vita, purtroppo”. Ma i doni non recano gioia ed entusiasmo? E la mattina ti alzi, fai colazione, ti lavi, ti vesti, studi, lavori, scendi, vedi gente, parli, osservi imponendoti come metro di misura di ogni cosa, e non sei solo mai, perché c’è il pranzo, e la cena, e la festa, e l’incontro, e l’uscita, e fai e fai e fai. E quando credi di esser solo ti ritrovi con due, tre, quattro persone diverse da quel che non sei, e sogni e speri e organizzi, e immagini, e progetti. Progetto, “Essere e tempo”: IL progetto, quello della morte, l’ultimo e imprescindibile, per quel simpaticone che mi fece guadagnare un ventotto in filosofia teoretica. E se la morte è l’unico, vero progetto, la vita cos’è? E perché ciascuno di noi fa, senza capire una cippa di quel che fa, senza avere a disposizione un insieme infinito di scelte da poter fare? Tu non avevi scelte, il tuo campo d'azione, com'è il mio, quello di tutti, era ridotto, perché qualcosa, qualcuno, aveva già deciso al posto tuo che saresti scaduto il 30 aprile del 2008, esattamente come qualcosa, qualcuno, ti aveva programmato per il giorno 11 luglio del 1985. E muoiono uomini e donne e vecchi e bambini per malattia o vecchiaia, e nascono sempre nuove vite, il mondo che abbiamo (?) va avanti e si rinnova, e tutto attraverso un meccanismo terrificante nella sua imperscrutabilità. “Il pianto è un dono”. Riflettono davvero il Paradiso le lacrime di tua madre, di tuo padre? E perché il buono non lo si dovrebbe vedere se non attraverso il dolore, la sofferenza, la privazione, il sacrificio, lo struggimento del cuore e della mente? Se tutto è un dono, se è l’amore a muovere il mondo, perché tutto è costernato dall’ignoranza che abbiamo di esso e dalle lacrime che l’assenza di pace e serenità ci causa? Eppure dev’esserci un biglietto da pagare per questo viaggio che nessuno, qui, ha scelto di compiere. Se il prezzo fosse solo la morte sarebbe davvero una truffa. Guardavo quella statua che amo profondamente, stamattina. Per la prima volta, parlandole, non ho pianto. Ma c'era quel pagliaccio di creta e stoffa, sorridente come solo un pagliaccio può sorridere, a farmi paura. E' stato fatto anche lui, e chissà se mai qualcuno ricucirà le sue membra. Come vedi, sono una bugia anch’io: passeggera su di un treno mai preso dove solo i vagoni di mezzo ci è consentito vedere, portatrice di una menzogna, del sentire fortemente un’immensità di suoni rimbombanti nel petto e nella testa che prima o poi marciranno insieme a tutte le altre carni, geisha delle cose e delle persone e dei ricordi e delle emozioni… e poi di nuovo… mi spoglio, e mi rivesto… e non si può raccontare il male che fa. Sei con me in ogni nota, in ogni verso della ballata… leggimeli dentro, dovunque tu sia, e prendi il tutto come un malinconico saluto ai tuoi 23 anni. :*
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