Nick: GI.FRA Oggetto: siamo piu' liberi? Data: 8/12/2005 12.54.35 Visite: 94
L' Italia dopo Rock-politik è un’Italia più libera? E quella prima di Rockpolitik era in catene? Il dibattito ferve nel Paese. Era cominciato subito, a caldo, giovedì notte a Porta a porta, coinvolgendo i padri (Guzzanti Paolo, genitore di Guzzanti Sabina, il quale loda la figliola pur da lei dissociandosi), i politici (Mastella), i giornalisti (Feltri, rigorosamente da Bergamo) e raffinati e acuti opinion leader (Alba Parietti). Un’autentica tempesta di cervelli, tale da intimorire il povero telespettatore deciso a tener botta fino all’una di notte: sarò mai all’altezza di tanto dibattito sulla libertà? Riformuliamo il quesito epocale: può un programma televisivo rendere l’uomo più libero? Certamente sì. Un individuo ben informato è certamente più libero d’un altro male o per nulla informato, quindi la buona informazione rende libero chi la sa apprezzare. Anche lo spettacolo: Vajont di Marco Paolini - per fare un solo esempio - ci ha resi un poco più liberi. Ma è bene che la televisione tenga presente quanto Norman Mailer affermava a proposito dei quotidiani: "Pretendere di dire la verità e tutta la verità con un giornale è come pretendere di suonare la Nona di Beethoven con un’ocarina". L’ocarina è un simpatico strumento e non ha colpa alcuna se la sua versione della Nona sarà così e così. Forse l’ocarina dovrebbe essere meno presuntuosa e più umile, e suonare qualcosa di più adeguato ai suoi mezzi. Lo stesso possiamo dirlo della televisione, che se ha un difetto, è di peccare di presunzione, talvolta perfino di precipitare in un imbarazzante delirio d’onnipotenza. Libertà? Giorgio Gaber, lui sì lucidissimo e lui sì (auto)espulso dalla tv in epoca non sospetta, cantava: "Libertà non è star sopra un albero (far quello che ci pare, avere lo spazio che ci pare), non è neanche avere un’opinione (e poterla proclamare in tv in uno show da nababbi), libertà è partecipazione". Prendere e avere parte. La tv che libera è una tv che non tratta i telespettatori da parco be stiame, contandoli e marchiandoli per poi venderli sotto forma di spazi pubblicitari; e invece di creare dipendenza, genera processi di partecipazione. La libertà è cosa ben più grossa e seria e lunga, tale da non poter essere racchiusa nello schemino semplificatorio e gratificante rock-lento. La libertà rispetta l’intelligenza altrui. In tv chi libera è colui che fornisce strumenti di comprensione del fenomeno televisivo, chi favorisce la crescita dell’abilità critica, chi non sfugge alla complessità ma la affronta. Liberi si diventa ogni giorno e mai per sempre. La libertà è una condizione dello spirito, prima che del corpo o del telecomando. Ma allora siamo o no più liberi dopo Rockpolitik? Lasciamo l’ardua risposta a Jürgen Moltmann: "Là dove si è fatto sentire il soffio della libertà, cominciano a far male le catene". Se nelle case degli italiani, via teleschermo, il soffio è davvero giunto, le abitudini d’ascolto degli italiani cambieranno. Le isole e i grandi fratelli a poco a poco appassiranno. Anche il salotto di Vespa, per evitare la moria degli italiani a cui non frega nulla dell’aspro contraddittorio tra un direttore di giornale e una divetta bollita, dovrà mutar registro. Se ciò non accadrà, non ci sarà stato alcun soffio e le catene, anziché far male, continueranno a sembrare un dolce fardello. E Rockpolitik? Triste è la condizione di chi è convinto di scatenare cicloni, e invece suscita a stento brezze impalpabili. Chiacchierate e strapagate. E presto dimenticate. tratto da Avvenire Noi siamo realmente piu' liberi? vogliamo dire solo le cose che a noi piacciono?
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