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Nick: harding
Oggetto: Bukowski
Data: 4/10/2003 20.49.59
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Ieri ho incontrato Bukowski.
Ci siamo presentati.
Lui vestito male ma fascinoso, con l'alito puzzolente da whisky di marca scadente ma illuminante come un messia dei giorni nostri.
Io con i vestiti di tutti i giorni. Con le mie scarpe che non riesco mai a pulire, con i pantaloni che non riescono a seguire l'andamento del mio peso. Un giorno stretti dall'ansia, il giorno dopo appesi ad una speranza che perdo in qualche tasca.
Bukowski mi parla della sua gioventù ubriaca e persa. Con la fame che io non ho mai conosciuto. E' vero: mai conosciuta fame fisica.
In realtà, però, c'è sempre una fame che chiama. Una che risiede più in profondità. Charles annuisce quando ne parlo. Fame dell'ultimo bicchiere, dell'ultima considerazione in un locale fumoso e chiassoso. Fame di sguardi, di una parola, forse di una carezza.
Ognuno ha una bottiglia di vino che l'aspetta a casa e forse è migliore di ogni buon proposito.
Lui mi parla dell'America, del grande sogno a stelle e strisce e del vuoto dentro che può essere una fortuna per chi pensa di essere il padrone del mondo.
Io gli racconto che il primo gennaio del 2000 ero ad Assisi (un piccolo paese arroccato, due chiese, una sopra l'altra, il silenzio, un tramonto rosso su una pianura molto più in basso, i profumi di mandorle e castagne) e che il secolo sembrava poter ripartire da lì se solo avesse voluto. Poi, verso sera, vennero i turisti ed il mondo tornò quello di sempre.
Lui avrebbe voluto vedere la tomba di San Francesco ma di notte, con nessuno attorno, avrebbe voluto aprire una bottiglia di quella buona e brindare a chi aveva saputo rinunciare all'apparenza per vestire i panni di chi accetta la vita per quel che è e in quanto tale vuole viverla. Di chi lascia al tempo un messaggio forte, indelebile.
Gli dico che in un certo senso anche lui è così.
Scuote la testa e mi chiede dei soldi per un altro bicchiere.
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LA TRAGEDIA DELLE FOGLIE
Mi destai alla siccità e le felci erano morte,
le piante in vaso gialle come grano;
la mia donna era sparita
e i cadaveri dissanguati delle bottiglie vuote
mi cingevano con la loro inutilità;
c'era ancora un bel sole, però,
e il biglietto della padrona ardeva d'un giallo caldo
e senza pretese; ora quello che ci voleva
era un buon attore, all'antica, un burlone capace di scherzare
sull'assurdità del dolore; il dolore è assurdo
perché esiste, solo per questo;
sbarbai accuratamente con un vecchio rasoio
l'uomo che un tempo era stato giovane e,
così dicevano, geniale; ma
questa è la tragedia delle foglie,
le felci morte, le piante morte;
ed entrai in una sala buia
dove stava la padrona di casa
insultante e ultimativa,
mandandomi all'inferno,
mulinando i braccioni sudati
e strillando
strillando che voleva i soldi dell'affitto
perché il mondo ci aveva tradito
tutt'e due.
