Nick: MosFerarum Oggetto: avere 20 anni/2 Data: 25/12/2005 18.59.27 Visite: 103
El tu nombre, le chiedo nel mio portoghese maccheronico. Carla, mi dice, pronunciando la "r" alla portoghese, e cioè carh-la, e allora non sapevo ancora quante altre parole ci saremmo detti. Da quel momento lei non è più carla, ma la MIA carla. Le chiedo se "falla englès", ma lei parla solo portoghese. Le chiedo che fa nella vita, e mi dice che studia per diventare infermiera. Le chiedo se va al mare, e mi dice di no. Rivivo nella mia mente i ricordi, e ne parlo al presente, perchè sono davvero vivi e nitidi... ma è solo memoria, è passato, e carla non c’è più. Devo parlarne al passato, perchè tale è la nostra avventura. Allora, quella sera con carla, iniziai a capire, ad avere la chiave per aprire solo le porte che voglio io... in brasile le ragazze che parlano italiano sono generalmente quelle che vanno con gli italiani, quelle di "programa". Quelle che non lavorano nè studiano, quelle che hanno il tempo per andare al mare e avere il segno del costume sulla loro pelle, devono metterti sul chi va là! In brasile la vita è difficile, e se sei di famglia ricca, hai il tempo di imparare le lingue e andare a mare. Altrimenti, sei una di quelle... perchè lì non esiste classe media, impiegatizia. O la vita te la fatichi, e allora esci solo il sabato e in discoteca paghi solo l’entrata ma non consumi nulla al bar, e vai e vieni col taxi, con altre amiche in modo da dividere il prezzo della corsa (l’auto te la sogni) oppure fai la vita e di soldi ne vedi certamente di più... ma che contopartita da ogni volta? Te stessa, il tuo corpo, la tua dignità. Lei, invece, di dignità ne aveva eccome. Aveva una pelle liscissima, e pur essendo scura, non era ruvida e doppia come quella della gente di colore. Il suo palmo di mano era finanche un po’ più scuro del dorso della mia. Generalmente i brasiliani non ricchi, discendono dagli schiavi neri sradicati dalle loro terre d’africa, e portati lì dai portoghesi per lavorare nelle piantagioni o nelle miniere. La sua storia familiare non l’ho saputa allora, e non la saprò mai. Ma carla è entrata nella mia vita più di quanto potessi immaginare quella sera. La sua pelle, dicevo, diventava un po’ ruvida quando le baciavo il collo e l’orecchio. Ora come allora, vedo la pelle d’oca ai margini del suo vestito, e le mie mani più volte avrebbero voluto indagare, esplorare al di là di quell’orlo, come un tempo gli esploratori europei si spingevano sempre più in luoghi sconosciuti e inaccessibili; ma lei non me lo permetteva. Ricordo che venne il buttafuori mentre eravamo seduti molto vicini io e lei, e le disse poche parole quasi nell’orecchio, guardandola con sguardo stranamente comprensivo, lui enorme chino su di lei, e lei non gli rispose niente, ma lo guardò per una decina di secondi dal basso, con il volto ricolto verso l’alto, senza imbarazzo, ma sinceramente dispiaciuto. Io cercavo di capire cosa si dicessero, e non ci riuscivo per ovvie ragioni. Ma vedevo gli sguardi, e non mi sembravano cattivi, anzi, stranamente dolci. Carla aveva gli occhi espressivi, veloci ma non vispi; io e lei non riuscivamo a capire tutto quello che ci dicevamo a causa della lingua, ma ci guardavamo negli occhi e questo, almeno a me, bastava! Gli occhi sono lo specchio dell’anima, si suol dire. Io dico che per conoscere una persona bisogna parlarci. Ma poi, anche andare al di là delle parole: trovare la conferma di quanto quella dice, nel suo sguardo. E anche senza dialogare molto – putroppo in quell’occasione -, dagli occhi di una ragazza puoi capire molte cose. Ho carla qui davanti a me, la guardo e mi sembra sincera. Si fece tardi; le chiesi se voleva venire da me, ma mi rispose che stava con le amiche, e mi fece intendere di non essere una di quelle... allora corsi a farmi prestare carta e penna, e mi segnai il suo numero, dicendo che l’avrei chiamata l’indomani, domenica. Non lo feci. Ero a metà vacanza e volevo essere libero. Non mi fidanzo in italia, figuriamoci in brasile. E magari ne avrei incontrata una ancora più carina. La settimana trascorse veloce, e i luoghi che visitammo nei pressi di fortaleza erano davvero belli. Venne il sabato successivo. E una nuova serata all’armazen. La riconobbi subito, anche perchè mi sentii quattro paia di occhi addosso. Esitai un poco, scossi la testa, pensai che non avevo motivo per non salutarla, e che d’altra parte mi piaceva; ci fu un attimo in cu, ancora una volta, fui freddo calcolatore, e i miei comportamenti dettati dal calcolo. Lo so che sono capace di gesti irrazionali e istintivi, dettati solo dalla voglia di farli, ma sono soprattutto europeo e occidentale, e ho imparato in 30 anni, che bisogna pensare prima di agire, perchè così si sbaglia meno... Andai verso di lei con un sorriso a 80 denti; non ricordo cosa le dissi, ma lei subito mi rimproverò di non averla chiamata. La mia ovvia scusa, era che ero andato via dalla città, per visitare i dintorni. Cosa anche vera, ma le escursioni le feci durante la settimana, e questo, alla mia carla, non lo dissi. Le diedi, come segno di disponibilità, il mio numero di telefono, e d’altra parte ormai avevo capito che lei le sue storie da discoteca, se le faceva per lo stesso motivo per cui me le facevo io... e cioè perchè mi piaceva quella persona in quel momento, e non per altri motivi più... venali. Carla questa volta aveva un corpetto rosso di pizzo; un paio di jeans poco poco particolari, e i sandaletti col tacco che tanto mi piacciono; era meno sexy dell’altra volta, eppure si vedeva sotto ai jeans che il fisico era poco flaccido e molto tosto... C’è un po’ di imbarazzo, forse più che il sabato precedente, ma poi la voglia di stare insieme cede il passo alla timidezza... e passa la serata senza neppure che io mi accorga delle altre signorine, predatrici di turisti nella giungla della discoteca... il perchè di questo ambiente lo ho capito dopo... d’altra parte gli spazi fisici, le emozioni, le persone, bisogna viverle per più tempo per capirli/capirle, e sono contento di aver passato più giorni nello stesso posto, e aver riflettuto sulle cose, e non invece teletrasportarmi da un luogo all’altro senza guardarmi intorno con occhio critico... I divanetti anche quel sabato furono la nostra alcova poco privata, finchè non le chiesi se voleva venire da me, e considerando che avevo la macchina a nolo l’avrei riaccompagnata a casa. Lei era incerta ma poi accettò. Sulla strada per la macchina lei si fermò, e con un accenno di sorriso disse che le sembrava strano che stava venendo da me; quasi voleva ripensarci. Io le dissi che non avremmo fatto nulla che lei non avrebbe voluto, anche qui con un retropensiero ingannatore... tanto poi le cose vengono da sole, pensai tra me e me. Quando entrammo in camera, avrei voluto scusarmi per il disordine, ma vidi che lei era anche un po’ persa nel guardare quesi pochi metri quadri, le valigie e gli abiti, e anche lì non capii bene. Venne finalmente quell’intimità che non è permessa nelle strane discoteche brasiliane. Mi soffermai su ogni centimetro della sua bella pelle, sulle sua gambe liscie e sulle caviglie sufficientemente strette, sul culetto senza un filo di cellulite, piccolo e allo stesso tempo duro, come quello che le europee perdono appena entrate nell’adolescenza, sui sui capezzoli dove la pelle diventava davvero nera... Un sottile strato di cotone ha impedito ciò che forse entrambi, sotto sotto, volevamo. Ma lei mi fermava, e io la rispettai. Sono contento di non aver insistito. Per averla tutta per me, avrei dovuto mentirle un’altra volta. Avrei dovuto dirle che sarei tornato lì da lei, che non sarebbe finita lì, e che per lei ci tenevo. Io quella sera l’ho amata, e anche ora, in un certo senso, la amo. Ma non come voleva lei. Sarei stato uno dei tanti europei che va lì, rapina il bottino diverso a seconda dei gusti di ognuno, e scappa, ritornando con il malloppo in patria, da dividere, da raccontare come trofeo di guerra, con gli amici. Ne ho visto tanti di europei di questo genere, e spero che la mia carla abbia apprezzato la mia sincerità. La mia carla, d’altra parte, non mi ha chiesto nulla. Solo, riaccompagnandola a casa in macchina, ha provato a buttarla lì, e mi ha chiesto se mi piaceva fortaleza e se volevo rimanere lì, o ritornare a natale. Per lei ho speso solo due consumazioni al bar della discoteca, che non costano nulla. Quando ci rivestivamo, lei aveva i piedi freddi a causa del condizionatore della stanza, e tremava. Le poggiai sulle spalle la mia felpa di cavalli, e lei si guardò al grande specchio che era appesa al lato del letto.. cosa che avevo già visto farle mentre era su di me... era un po’ vezzosetta, la mia carla. Mi sfiorò l’idea di regalarle la felpa, ma le andava due taglie più grande... e poi sarebbe stato un gesto dettato più che altro dalla pena... lei che non aveva un gioiello vero addosso, nè abiti firmati.. aveva però se stessa, la sua persona, la sua dignità, e questo mi piaceva e mi bastava, così come spero la mia dolcezza con lei le sia in un certo senso bastata... e ancora oggi il ricordo di lei mi intenerisce. Un misto di tenerezza, di pena, di stupore, ma anche di paura per i luoghi dove mi ritrovai, mi pervase un’ora più tardi. Sono contento di averla riaccompagnata a casa, e non di averle chiamato e pagato un taxi, come una sorta di pacco dhl da spedire a casa... l’avrei fatto per tutte le ragazze con cui sono stato... ma in brasile è diverso. Saliti in macchina, le chiesi se aveva la patente, e mi disse di no. Nella mia europea ingenuità dissi meravigliato "ma hai 20 anni!". Poi, parlando, mi disse che lavorava come cucitrice (sarta?) di giorno, e la sera aveva il "curso" di infermiera; quindi era libera di domenica, ma durante la settimana non poteva venire con me a visitare i paesini dei dintorni di fortaleza; lei non li aveva mai visti, salvo uno abbastanza vicino, ove era andata con la macchina degli zii... probabilmente, altro che patente: lei e la sua famiglia non avevano nemmeno un’auto...; non sapeva bene la strada per casa sua: sapeva ripercorrere quella che fa l’autobus che prende di solito: meno male che avevo una mappa di fortaleza in macchina. Della città noi turisti vediamo il lungomare e le zone interessanti, e non ci addentriamo in quelle "residenziali". Residenziale, per i brasiliani che non sono ricchi, equivale praticamente alla nostra "baraccopoli". Le strade sono ampie, ma i margini irregolari; l’asfalto di cattiva qualità; gente in bicicletta o che tira i carretti che ti viene in controsenso. Animali sulla strada, o carretti tirati dai cavalli come a napoli nei quadri d’epoca... e a lato, quartini al massimo a un piano, fatti con i mattoni e senza fondamenta, tettoie e povertà, povertà, povertà... Pioveva quella domenica mattina, ed è strano: lì piove solo venti giorni all’anno. Lungo la via, l’acqua scorre copiosa e invade le strade senza fognature. Vidi un uomo che, vestito, si faceva una sorta di doccia sotto una tettoia inclinata, dalla quale scorreva una cascatella di acqua piovana... Pensai, dove sono capitato!? Ebbi anche un po’ di paura, perchè per strada non c’erano bella macchine, quale poteva essere l’opel corsa noleggiata: lì se hai il maggiolone tutto scassato è tutto il mondo... La mia carla si fece lasciare, dopo 40 minuti di strade così, ad un incrocio, e mi disse che lì in fondo c’era casa sua. Non sono mai stato con una ragazza così "povera" per i canoni europei... anche se lì magari non è "povera – povera"... ma se vedeste dove abitava, ragazzi, mi fece una pena , ma una pena... E capii perchè loro quattro il sabato stavano all’armazen a puntarsi i turisti. Se sei europeo in vacanza a fortaleza, allora sei ben vestito, hai i soldi, e se in discoteca non sei rozzo e rude con le ragazze, tu sei per loro come le veline sono per noi... carla viveva in quartieri a 40 minuti senza traffico dal centro, non aveva auto, non vestiva firmato; aveva il telefonino, magari a rate; la gente del suo quartiere veste normalmente con i buchi nei vestiti; carla lavorava di giorno a cucire, e la sera aveva il "curso" per infermiera: faceva una vitaccia; non aveva viaggiato e visto il mondo;;sicuramente sognava e sogna ancora oggi un ricco europeo che la sposi e le porti benessere economico ma non solo, anche un amore diverso da quello della gente del suo quartiere; dei bambini a cui assicurare un futuro più agevole del presente che vive lei, carla, brasiliana, 20 anni! Sono contento di non averla illusa, derubata, violentata – in un certo senso. Io, italiano, 30 anni, 10.000 km più a nord del brasile, la ho amata a modo mio.
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