Nick: alylia Oggetto: Troppo Tardi Data: 6/10/2003 20.11.34 Visite: 122
Premetto che è la prima volta in vita mia che scrivo un racconto e che sicuramente è da migliorare il mio stile. Male che vada, ci ho provato Era lì. Era l'unica cosa importante. Aveva un sogno: poter andare un giorno lontano, dove nessuno l'avrebbe potuto vedere, dove nessuno l'avrebbe potuto riconoscere. Era un tipo solitario, uno di quelli che anche se stai a fissarlo ore non ti dà la soddisfazione di ricambiare le attenzioni, che passa ore a passeggiare, che pare non guardi nessuno e niente, invece è attento ad ogni piccolo particolare. Ma ora era lì. Solo a questo riusciva a pensare. Aveva preso quel viaggio come l'unica cosa che contasse nella sua misera vita. Non aveva mai veramente considerato misera la sua vita, ma pensava che un po' di autocommiserazione di sè e del suo passato sarebbe valsa a dargli più coraggio, più voglia di migliorare, di partire. Ma c'era folla su quella nave. Lui odiava la folla, gli impediva di essere solo anche fisicamente, perchè dentro di sè continuava ad esserlo, ma gli sembrava che quel rumore, quei respiri a volte irregolari, quei movimenti tanto veloci e spesso incomprensibili, quei sorrisi, turbassero la sua anima. Aveva paura che la gioia che avrebbe letto sui volti della gente si fosse potuta rivelare più grande della sua di essere in quel momento lì, in fuga dal mondo, dal suo mondo, quello tanto stonato, che si rifiutava di vedere, che non riusciva ad accettare perchè non l'aveva scelto lui, quel mondo. Gli era capitato, come capita di svegliarsi col mal di testa, o come quando ti dicono che stai morendo e non hai il tempo di rifletterci un po' su, pensi solo che non hai fatto quasi nulla di quello che avresti voluto fare. Lui quel viaggio voleva farlo, aveva sempre voluto farlo. E per lui andare via, andare in America, così su una nave, era la cosa più bella che potesse succedergli. Il padre gli aveva promesso di portarlo, un giorno, in America su una nave, ma lui non volle. "Papà sei pazzo? sulla nave? di questi tempi ci sono gli aerei, vuoi fare la fine dei passeggeri del Titanic?". E rideva, rideva ogni volta, e non coglieva quella tristezza e delusione che erano tanto presenti negli occhi del padre. Poi prima di morire, quando il padre lo fece chiamare per dirgli le ultime parole, gli disse "Sai, quel viaggio, quello su una nave, quello in America, lo farai tu per me e con me" Glielo promise anche se non valutò a fondo l'idea, pensò che gli attimi prima del "nulla eterno" facessero delirare un po' tutti gli uomini. E anche lui stava delirando, sì, da quando il dottore gli disse "Ha un cancro ai polmoni in fase avanzata, non le rimane molto tempo... mi dispiace..." quasi come se gli dispiacesse davvero, in fondo il suo onorario l'aveva preso, ma lasciò quell'uomo in balìa di se stesso. Da quel momento conobbe quel delirio di cui era intriso il padre, perchè ora che ci pensava, ora che riusciva a ricordare le ultime volte prima che anche il padre scoprisse di essere vicino alla "fatal quiete" quando gli rifaceva la promessa del viaggio su una nave, quando vedeva quel sorriso ironico del figlio non era più triste, perchè aveva già capito... già sapeva che anche il figlio avrebbe capito, perchè gli uomini, quando stanno per morire, leggono la vita di tutti i propri cari. Era troppo tardi per scusarsi col padre, ma non troppo tardi per stargli a sentire. Sembrava triste, era solo, sembrava già lontano, eppure un attento osservatore. Gli altri pensavano che fosse uscito fuori di testa, non potevano capire. Lui non aveva mai voluto essere capito, voleva avvalersi della fama di "misterioso" che le ragazze gli avevano dato al liceo. Se avessero saputo, si sarebbero preoccupate per lui, ed era l'ultima cosa che voleva: la folla con lui. Tutti ipocritamente interessati alla sua fine. Doveva andare via, l'aveva sempre voluto, e ora che finalmente aveva capito le parole del padre doveva farlo, senza che nessuno lo sapesse, neppure la sua fidanzata che aveva dimenticato di avvertire della sua malattia. Ora era lì, su quella nave, e portava con sè il padre, quello sguardo triste che non era mai riuscito a cogliere. C'era folla, quella folla che non aveva mai sopportato. Poi vide un uomo da lontano, uno di quelli che ti fissa per ore fin quando non gli offri un po' della tua attenzione. Ma lui, lui era un tipo solitario, non doveva dimenticarlo, e non regalava attenzione a nessuno. Quell'uomo insisteva nel fissarlo, e quando si accorse di non poter fare altrimenti andò incontro all'altro; lui continuava a non capire, avrebbe dovuto litigare con qualcuno? generalmente stava per fatti suoi proprio per evitare discussioni, forse sbadatamente aveva osservato qualche particolare della giacca dell'altro, aveva dei bottoni tanto curiosi. Non potè avere più tempo per pensare, ormai l'altro uomo gli era troppo vicino per poter girarsi e cambiare direzione, quando d'un tratto capì e disse "Hai visto papà? non siamo partiti insieme, ma come tu volevi ci ritroviamo in viaggio insieme, scusa se ci ho messo tanto tempo, ma tu, caro papà, avevi già capito, l'avevo letto nel tuo sguardo l'ultima volta che ci siamo parlati" Non era mai arrivato a prenderla quella nave, anche se aveva sempre voluto farlo. Al momento dell'imbarco si era sentito male e l'avevano portato d'urgenza all'ospedale. Lì accorsero tutti, comprese la mamma e la fidanzata che aveva dimenticato di dirgli che aspettava un bambino. Ma era troppo tardi, troppo tardi per capire anche questo. Ora gli bastava aver ritrovato il padre, aveva tutta l'eternità per il rimorso di essere morto senza aver conosciuto suo figlio. |