Nick: harding Oggetto: Dobrovnik Data: 15/10/2003 22.2.24 Visite: 92
Nel centro: tutto pulito, tutto ordinato. Appena fuori: tanti fori di proiettile, di cannone nei palazzi, sui muri,a terra. Qualche volta mi fermavo a metterci la mano dentro perchè non si riesce a credere alla violenza più becera e brutale. Lo zio della mia ragazza di allora si era beccato una granata nel giardino e ne raccontava come noi raccontiamo di una rapina finita bene. Un giorno aveva aperto la porta di casa sua che dava sulla strada delle montagne e ci aveva trovato un carro armato serbo. Gli gridavano:" Vieni fratello slavo! Fatti ammazzare." Quelli, però, non erano lì per uccidere ma per assediare, per terrorizzare. Lui sbarrò la porta e scese per il giardino che poi degradava fino al mare cristallino della Croazia. I serbi spararono una precisa cannonata beccando un terrapieno alle sue spalle e provocando il crollo della scalinata che stava percorrendo. In un perfetto italiano, e con uno strano sorriso, zio Vuko mi disse che si ruppe solo una gamba. Nell'estate 2002 c'erano tanti turisti che camminavano per Dubrovnik. Io forse ero l'unico che pensava alla dominazione veneziana, a Tito, alla guerra fratricida. Sono fatto così. I posti per me non hanno significato se non ne conosco la storia, se non do senso all'architettura, alle abitudini della gente. Gli abitanti si erano affrettati a coprire, almeno nel centro, i segni di quella disgraziata guerra ma avevano cristallizato la bellezza della città solo per venderla ai turisti. Mi sentivo un po' soffocare dalle strade pulite e le facciate appena stuccate. Poi, una sera, trovammo un varco tra le mura che proteggono dal mare. C'erano le candele ed un buon profumo di spezia. Sugli scogli i ragazzi ballavano musica irlandese e bevevano birra croata. Era una bella dimensione. Una clamorosa luna rossa sorse dall'adriatico illuminando quanto di bello ci può essere nello stare assieme. Così, in pace. Ballammo un po' poi ci sedemmo di fronte al mare e lei poggiò la testa sulla mia spalla mentre le raccontavo di Partenope e Megaride. |