Nick: Mach Oggetto: montanelli e Berlusconi Data: 10/1/2006 12.15.18 Visite: 51
Montannelli scrisse di Berlusconi, 25 marzo 2001 (ogni tanto è giusto ricordare):
Una volta un'alta personalità della Finanza, nota anche per il suo infallibile fiuto degli uomini, mi disse di Berlusconi: «Avrà anche i suoi difetti, ma un merito bisogna riconoscerglielo: quello di non deludere mai. Quando ti aspetti che dica una scempiaggine, la dice». Lo ha fatto anche stavolta contro di me, smentendo fatti che hanno a testimoni tutti i redattori del vecchio Giornale, quello mio, eccettuati, si capisce, quelli che si misero e tuttora si trovano al suo servizio. Del tutto insensibile al fatto che pur dissociandomi da lui e passando (per usare il suo linguaggio) «al nemico», io non ho mai voluto avallare le accuse di carattere penale piovutegli addosso, egli mi taccia di mendacio per il fatto di aver spacciato per dissenso politico la smania di lanciare un nuovo quotidiano in concorrenza con quello che io stesso avevo fondato col gruppo di colleghi usciti con me dal Corriere, e che per vent' anni avevo diretto facendone lo scopo della mia vita. Per quale motivo io avrei accarezzato questo disegno proditorio, il Cavaliere non lo dice. E tanto meno dice che, riunita a mia insaputa la redazione, egli l'avvertì, in parole povere, che, se volevano più quattrini anche nella busta-paga, non avevano che da mettersi al servizio dei suoi interessi politici, ora che aveva deciso di scendere in lizza. La risposta della redazione furono 35 lettere di dimissioni: particolare da lui sempre taciuto per fare posto a un'altra accusa: quella di «ingratitudine» per avermi spesso salvato dai fulmini dei potenti, e ricordandone (lo fa in continuazione) l'episodio secondo lui saliente: quando, convocato per non so cosa dall'onorevole Piccoli, lo trovò schiumante di rabbia per un mio «Controcorrente», come se questo non avvenisse quasi tutti i giorni con l'uno o l'altro inquilino del Palazzo e io mi trovassi, per questo, in pericolo. Berlusconi dice che dopo la sua arringa alla redazione del Giornale, io lo abbracciai e gli giurai eterna amicizia. Falso. Giorni prima (eravamo, ricordo, nel gennaio del '94), gli avevo consigliato, anzi l'avevo supplicato, di non entrare in politica. «Se non c'entro, mi fanno a pezzi» mi rispose testualmente. «Ti fanno a pezzi se c'entri» ribattei dando prova della mia scarsa vocazione al mestiere di Cassandra. E riferii questo colloquio, pregandolo di prenderne nota, al mio amico, avvocato Vittorio D'Ajello. Non sono mai venuto meno all'impegno, preso non con il Cavaliere, ma con me stesso, di non associarmi mai alla sua demonizzazione. Ma non posso sottacere ai lettori i pericoli che si nascondono sotto questa sua allergia alla verità, questa sua voluttuaria e voluttuosa propensione alle menzogne, la naturalezza con cui riesce a pronunziarle. Al tavolo di pace di Versailles, il vecchio prostatico Clémenceau, guardando il nostro Orlando continuamente in lacrime per le umiliazioni che, a suo dire, gli Alleati gl'infliggevano, bofonchiava: «Ah, se io potessi pi...are come lui piange!». Chissà cosa avrebbe detto se si fosse trovato di fronte Berlusconi, cui nulla riesce tanto bene quanto la parte di vittima e perseguitato. «Chiagne e fotte» dicono a Napoli dei tipi come lui. E si prepara a farlo per cinque anni di seguito. P.s. Ho espresso una opinione del tutto personale. Ringrazio il Corriere, equidistante in questa campagna elettorale, di averla ospitata "Quando c'è l'amore c'è tutto". "No ti sbagli, chella è 'a salute". www.sgteverola.tk |