Nick: `ReVaN` Oggetto: Bel pezzo di Furio Colombo Data: 18/1/2006 13.35.51 Visite: 107
Stralci di un recente articolo di Furio Colombo. Occorre riconoscere che, a suo tempo, la P2 ha fatto un buon lavoro. Ha scelto con cura le persone che avrebbero continuato a danneggiare la vita pubblica italiana per un lungo periodo. Guai a citarli, perché si offendono a morte, e minacciano querele che, per prudenza, non presenteranno. Il fatto che i telegiornali (salvo l’eroica resistenza del Tg3) continuino ad essere montati in modo da ripetere per sei-sette volte al giorno «le rivelazioni di Consorte» relegando in coda rade notizie delle confessioni di Fiorani e dei conti all’estero di comuni amici della maggioranza, serve per esporre - nella veste tragicomica di accusatori - persone che il Presidente Pertini si era impegnato a non ricevere mai più al Quirinale. Tocca ad essi una missione affidata loro sin dall’inizio dalla consorteria i cui piani stanno ancora svelandosi: diffondere, come una predicazione incessante, l’idea che siamo tutti corrotti, e che nessuno può vantare alcuna integrità morale. È chiaro che chi non è corrotto non può stare al gioco, non può accettare di subirlo, neppure in nome delle buone maniere. Non può, prima di tutto perché i corrotti, che altrove non potrebbero governare a causa del gigantesco conflitto di interessi che cresce di legge in legge, non possono chiamare in causa altri, prima di avere affrontato il loro passato o le loro imputazioni di fronte ai regolari tribunali della Repubblica. C’è chi chiama questa legittima richiesta "giustizialismo". Prima del governo Berlusconi e dello scempio perpetrato dalla sua succube maggioranza, si chiamava Costituzione Italiana. Poi c’è la pensosa finzione della pretesa di superiorità, quando invece la parola detestata dal regime berlusconiano è "normalità" intesa come comportamento legale e conforme alle leggi. ".." Non c’è superiorità morale di nessuno, certo. Ma c’è - e nessun Paese civile l’ha mai negato - l’inferiorità di chi stravolge la legge e ne abusa, profittando del potere, per fini e interessi personali. E tuttavia il ferreo controllo mediatico (il regime che impone di «prendere a calci in culo» persone libere e non assoldabili come Enzo Biagi, Michele Santoro, Daniele Luttazzi o Sabina Guzzanti) fa sì che notizie enormi della loro corruzione abituale passino solo per pochi istanti o in poche righe o non passino affatto nelle televisioni e sui giornali. Un primo ministro che firma il proprio condono di privato imprenditore evitando con 1800 euro di versare al fisco milioni di tasse, in base a una legge che egli stesso ha fatto votare, non sopravviverebbe neppure in Tagikistan. Un primo ministro che, con aria lievemente disorientata, afferma di non sapere che il proprio fratello produce i decoder richiesti per accedere alla nuova televisione digitale imposta dalla sua legge, avrebbe forse giorni difficili persino in Russia, certo nella più filo-occidentale Ucraina. Un primo ministro che si scopre socio d’affari (non simpatizzante, non tifoso, non collaterale, ma socio d’affari) con qualcuno dei principali scalatori di banche di cui si parla, occuperebbe le notizie d’apertura di qualunque Tg democratico e libero. Non Berlusconi. Lui è impegnato a passare, come un gerarca d’altri tempi, da uno studio televisivo all’altro, al piano di sotto e a quello di sopra, nella televisione che controlla direttamente e in quella in cui il controllo è esercitato per suo conto dal conduttore, luci e ambiente speciale, come nel Paradiso del caffè Lavazza, purché l’inquadratura e le domande siano a suo favore, secondo schemi concordati che sarebbero risibili in un Paese libero, ma che sono trattati come un normale fatto della vita, e anzi apprezzati come comunicazione elegante e un po’ sofisticata, in questa Italia spinta sotto la normalità non solo morale ma anche di soglia critica. ".." |