Nick: Zipper75 Oggetto: Paolo Fresù Data: 23/10/2003 12.41.58 Visite: 154
un grande, ho avuto il piacere di ascoltarlo al festival rumori mediterranei jazz di roccella jonica un paio di volte, è mitico . Fresu: "Il jazz, la mia libertà" A tu per tu con il grande musicista, premiato con l'Oscar europeo della musica e ospite, lunedì scorso, di Doctor Jazz, la prestigiosa rassegna musicale milanese di Donatella Percivale MILANO - Piccolo è piccolo. Sardo è sardo. Bravo è bravo. Anzi bravissimo. Paolo Fresu, il jazzista di Berchidda volato a Parigi e diventato tra gli strumentisti più famosi del mondo , in realtà custodisce un segreto: suona pochissimo. I viaggi continui, le mille stanze d’albergo, le riunioni e gli appuntamenti senza tregua, lo tengono troppo spesso lontano dall’amore della sua vita: la tromba. “La prima volta che l’ho vista portavo ancora i calzoni corti, era un oggetto che utilizzava mio fratello, uno dei musicisti della banda del paese. Un giorno, assolutamente per caso, ho iniziato a strimpellarla. Non l’ho più lasciata. A ripensarci, credo che a scegliermi sia stata lei. E’ uno strumento molto fisico, molto intimista, non debordante”. Come lui. Occhi di carbone, capelli raccolti in un codino, classe e stile da vendere, Fresu, quando parla, ti accoglie, come la sua musica: morbida. Lunedì sera, al teatro Dal Verme di Milano, è salito sul palco di Doctor Jazz con quel gigante buono del contrabbassista Furio Di Castri: sonorità elettroniche e molta acustica, roba così, che ti stende. In platea, il pubblico se lo mangiava con gli occhi: gente con la faccia beata, il sorriso stampato, la faccia trasognata. Lui, in un altro mondo. Sospeso. Chissà in quali mari navigava. Ti viene da chiedertelo a cosa stia pensando quando per interminabili, lunghissimi minuti, soffia sulla bocca della sua tromba che porta alle labbra come fosse un cucchiaio o una matita. A cosa pensa questo Peter Pan del jazz quando, le gambe accavvallate, gli occhi semichiusi, la mano sinistra con la fede sarda all'anulare che batte sul sintetizzatore, prende il volo assieme alla sua musica? "Suonare mi fa sentire libero; per me il jazz è la musica della libertà: una folgorazione. Le note, i suoni, mi accompagnano nei momenti importanti della vita e mi permettono di viaggiare a ritroso verso la terra, verso le montagne della mia isola". Ma l'isola e le montagne della sua natia Berchidda, a Fresu non sono bastate. "E' vero. Ho bisogno di andare oltre alle foreste e di approdare sulle città. Dopo Bologna, ho scelto Parigi, tra tutte la città europee la più capace di compensare i miei desideri. Milano la sentivo stretta, troppo appiattita, con pochi slanci, ed è un peccato, potrebbe dare molto di più sotto il profilo artistico". Milano, però, anche se ripiegata su se stessa, Paolo Fresu lo ama. I suoi concerti sempre gremiti (la prossima data meneghina è quella del 23 e del 24 novembre, quando al Blue Note, Fresu suonerà assieme al grande pianista Uri Caine) diventano occasioni di incontri tra appassionati, di discussioni e seminari. "L'attività didattica mi appassiona e sebbene sia difficile per uno zingaro come me, cerco di dedicargli il maggior tempo possibile". Un lavoro che non ha mancato di dare i suoi frutti: a Nuoro, dove da 15 anni Fresu dirige i Seminari di musica (insieme a quelli internazionali di Siena e ai corsi della Jazz University di Terni), nel giro di poco tempo sono circa una sessantina i musicisti 'laureati' che lavorano in giro per il mondo. "Un vivaio importante da cui traggo energie vitali; sull'isola c'è un potenziale enorme e il jazz viene vissuto come una scuola di vita. L'utopia di Berchidda, in fondo, ne è una testimonianza fondamentale". Già, Berchidda. Tremila anime ai piedi del monte Limbara che dagli anni Ottanta è diventato il palcoscenico privilegiato di Time in jazz, una delle manifestazioni musicali più belle di tutta Europa. Quello che per 360 giorni all'anno è il paradiso di cinghiali, corbezzoli e viti di Giogantino, per cinque giorni si trasforma nella capitale del jazz . "Un successo che non ci aspettavamo - sussurra Fresu - e che quest'anno, per la prima volta, ha dato qualche problema a causa del numero esorbitante di spettatori; l'amministrazione ci ha proposto l'utilizzo dello stadio, ma quello non è il luogo pensato per le nostre jam-session, nate per essere vissute nelle piazze, nei vicoli o nelle chiese campestri". Ed eccola qui la "sarditude" del piccolo Fresu; lentamente, mentre sgrana i suoi occhi e i suoi pensieri con un orecchio sempre teso al sound check dell'imminente concerto, la sua determinazione, la sua caparbietà traspaiono con nitore. "Finché rimarrò direttore del festival, Berchidda non cambierà, non diventerà un successo commerciale: i concerti rimarrano gratuiti. Ce la faremo". Che la musica sia con te, malinconico folletto. (22 OTTOBRE 2003;ORE 17:37)
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