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Nick: MosFerarum
Oggetto: aushwitz
Data: 27/1/2006 15.21.12
Visite: 100

lì ci sono stato nel '98, con un gruppo di studenti universitari di tutta europa.

ero munito di macchina fotografica, e arrivati all'ingresso del campo di concentramento, ho scattato la prima foto alla scritta "il lavoro rende liberi". la prima foto, ma anche l'ultima...

il cielo era coperto; noi ragazzi sapevamo cosa ci aspettava, perchè la vicenda è nota, e anche i film, i servizi giornalistici da sempre ne parlano...

quindi, entrando, c'era la sensazione di andare a vedere qualcosa di terribile, successo tanto tempo fa. ma era la sensazione di andare a vedere un museo, dei reperti, delle "cose".

invece, entri e inizi un percorso attraverso il campo, ricostruito in gran parte, perchè i tedeschi in fuga diedero tutto alle fiamme. tuttavia, qualcosa si salvò. soprattutto, chi ha reso accessibile e ricostruito il sito, vi ha portato tantissime testimonianze di ciò che è avvenuto.

e infatti, varchi il cancello del lavoro che rende liberi... vedi varie schiere di casamatte, recinti di filo spinato, silenzio. ancora lì hai la sensazione di vedere un luogo asettico.

è quando entri in quelle baracche che ti viene la pelle d'oca.

appese alle pareti, migliaia di fotografie di persone... si, persone, non cose, non reperti, non opere d'arte, non materia, legno, plastica, argilla...

persone, è quello che ti viene in mente quando entri lì. ed è come se quelle persone stiano lì, vicino a te, a girare per quelle baracche. senti che davvero ci sono state lì, senti la sofferenza...

non so spiegarlo, ma queste cose le "senti" dentro di te. quando vai in un museo ciò che vedi non è che ti entra dentro; viene coinvolto più il cervello e la ragione, che il cuore.

ci sono delle enormi vetrine addossate a quelle pareti; ognuna riempita di reperti... scarpe dei deportati... indumenti... quei pigiamoni a righe... ma tante, tantissime di quelle cose...

e poi arrivi davanti a uno di questi vetri, e vedi tonnellate di capelli... i capelli degli ebrei e degli zingari, di 60 anni fa...

allora quelle persone entrano davvero dentro di te, ti impressioni; un paio di ragazze iniziarono a piangere; una uscì fuori e si sedette sulle scale della baracca, sola con se stessa.

io avevo le lacrime agli occhi. la visita continuò. vedemmo le camere, con i letti di legno che erano tipo librerie, nel senso che la stanza aveva queste pareti con i letti a parete, uno sull'altro a castello di 4 o 5;

vedemmo la ricostruzione dei forni e delle docce, che poi erano solo stanzoni che non davano l'idea di ciò che ci si faceva là dentro... un sol forno era orignale, salvatosi dalla terra bruciata fatta dai nazisti dietro di sè.

ma qui si tornava a vedere cose, non a provare le stesse sensazioni provate prima.

così, ora ch elo racconto, potete figuravi quello che ho descritto, ma non proverete mai quello che io ho provato, se non andrete lì, a vedere quelle scarpe, quei pettini usati, quegli indumenti lerci, ma soprattutto quei capelli; non vi sentirete mai come mi sono sentito io, che ero in visita ma in realtà capivo e provavo quel che tanti anni fa hanno provato quelle persone in quel posto... pensavo a me, in quelle condizioni; pensavo come era possibile organizzare tutto ciò; come mai i soldati si prestassero a questo; come non provassero compassione; vedevo la casamatta dove operò il dottor menghele; mi chiedevo quante vite, quante famiglie, quante storie sono terminate lì; mi chiedevo se un giorno potesse succedere che anche io possa capitare in una situazione del genere.

nessuno parlava; nessuno aveva parole. la macchina fotografica l'ho subito nascosta nello zaino, vergognandomi di aver solo pensato di fotografare aushwitz. troppo era il rispetto per i morti. troppa la vergogna di appartenere al genere umano, perchè uomini hanno fatto questo, miei simili, a altri miei simili. e ciò potrebbe capitare ancora.

a differenza di me, quella trentina di ragazzi sui 20 anni, nei giorni seguenti di vacanza, non voleva parlare di quello che ha visto e sentito quel giorno, per pudore lo chiusero dentro di sè, o per paura, o non so... forse è talmente forte quello che si sente lì, che la ragione e il sentimento individuale di un ragazzo non lo può sopportare.



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aushwitz   27/1/2006 15.21.12 (99 visite)   MosFerarum
   re:aushwitz   27/1/2006 15.24.45 (24 visite)   Euridice.
      re:aushwitz   27/1/2006 15.28.6 (19 visite)   MosFerarum
         re:aushwitz   27/1/2006 15.29.21 (26 visite)   Euridice.
   re:aushwitz   27/1/2006 15.32.17 (25 visite)   gay-o
      ogni cosa è illuminata...   27/1/2006 15.35.8 (46 visite)   Mr_LiVi0
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      re:aushwitz   27/1/2006 16.52.17 (15 visite)   MosFerarum (ultimo)

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