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Nick: GolD
Oggetto: I Toto e Napoli
Data: 5/2/2006 12.37.28
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La Frontier Records è una piccola etichetta napoletana che si occupa prevalentemente di AOR, genere molto legato agli anni ’80, ma che nel tempo è riuscito a ritagliarsi una piccola fetta di mercato, una "nicchia". Da dieci anni, grazie a nomi di punta quali Journey e Survivor (sì, proprio "quelli di Rocky"), la label partenopea fondata da Serafino Perugino si fa strada faticosamente negli ambienti internazionali legati al genere.
Probabilmente fino a qualche anno fa Perugino non avrebbe immaginato neanche lontanamente di poter distribuire il ritorno discografico della storica band di Steve Lukather e Jeff Porcaro (sempre sia lodato). Falling In Between, diciottesimo album dei Toto esce infatti per la Frontiers.
Bella mossa per entrambi, non c’è che dire. Per la band, che cerca di confermare la propria credibilità attraverso i nuovi canali della musica indipendente, dopo aver deciso di abbandonare le pressioni della major; per i partenopei, ovviamente, perché l’operazione rappresenta un balzo in avanti qualitativo impressionante e inevitabile, che avrà senz’altro una risonanza efficace. I Toto non sono i Journey. Sono gli autori di successoni da classifica planetari come Hold The Line, Rosanna e Africa (le ultime due, rispettivamente seconda e prima nella chart americana del 1982) e hanno alle spalle 30 anni di carriera, sono un "classico" di certo pop-rock, al di là del fatto che piacciano o meno.
Se si aggiunge a tutto questo un album niente male, le cose si mettono bene per tutti, anche per chi ascolta.
Non sarà il più bell’album dei Toto, ma Falling In Between non sfigura accanto a Toto IV, il lavoro discografico più emblematico della band americana. A sostituire il grande batterista Jeff Porcaro, morto ormai da parecchi anni, Simon Phillips, che ha aderito al progetto insieme ai veterani Bobby Kimball e Steve Lukather. Tanti gli ospiti, tra cui brilla la stella del carismatico flautista e cantante dei Jethro Tull Ian Anderson.
Impossibile e sbagliato riesumare le "gesta" di anni (abbondantemente) passati. Di questo i Toto si accorgono e decidono di fare la cosa più intelligente: cambiare orientamento. Intendiamoci, niente di rivoluzionario, ma un sound più deciso, una musica meno "radiofonica", quello sì. Non guasta quella vena "progressive" che la band aveva sempre tenuto nascosta nonostante le qualità eccellenti dei musicisti che vi hanno suonato. L’omonimo brano d’apertura è l’esempio più evidente e interessante di questa svolta: tempi dispari, cori molto elaborati che non nascondono l’invenzione melodica dietro inutili virtuosismi, la chitarra di Lukather più metal che mai.
Non tutto l’album è qualitativamente all’altezza del brano iniziale. Dying On My Feet e King Of The World non vanno molto oltre il pop rock più generalista, mentre il primo singolo, Bottom Of Your Soul e Simple Life sono ballad senza infamia e senza lode. Qualche altra piccola emozione la danno il simil-gospel Spiritual Man e il tuffo nel funky di Let It Go.
per chi volesse vederli in Italia..ci vediamo il 18 marzo a Milano al Mazda Palace
Non so dove sto andando ma cerco di arrivarci in orario.
