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Nick: testoster
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Data: 1/11/2003 11.40.49
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L'origine della menzogna

Ecco un breve excursus sulle varie origini filosofiche della bugia, come si è tramandata fino ai giorni nostri e come la filosofia ha cercato di analizzarla.

Il vero problema della bugia non è che essa sia riprovevole dal punto di vista morale, quanto piuttosto che non sia possibile dirla bene. Che insomma non esiste la bugia perfetta. Lo scoprì circa cinquecento anni prima di Cristo Epimenide, uno dei sette sapienti che di mestiere faceva il profeta e il taumaturgo. Fu lui il primo ad enunciare il paradosso del mentitore che perciò si chiama anche paradosso di Epimenide. Esso consiste nello stabilire se quando Epimenide che era cretese, affermava: "Tutti i cretesi sono bugiardi", diceva la verità o mentiva. La cosa appare indecidibile e paradossale, perché se dicesse la verità Epimenide mentirebbe, viceversa se mentisse direbbe la verità. Se infatti è vero che tutti i cretesi sono mentitori allora anche Epimenide dovrebbe dire solo bugie ed in particolare sarebbe una bugia la frase: "Tutti i cretesi sono bugiardi". Ma se fosse così allora non sarebbe più vero che tutti i cretesi sono bugiardi e quindi neppure Epimenide lo sarebbe perciò direbbe la verità quando afferma che tutti i cretesi sono bugiardi e così via all'infinito. E' chiaro dunque che non è possibile decidere se Epimenide dica la verità o menta. L'unico che non lo capì fu l'apostolo San Paolo che in una delle sue lettere scrisse, alludendo proprio a Epimenide, "Uno di loro, proprio uno dei loro profeti, disse che i cretesi sono sempre bugiardi".

IL PARADOSSO ORIGINALE

Per rendere più chiara la natura del paradosso il filosofo greco Eubulide di Mileto decise di riformularlo. La sua proposta era quella di chiedere ad un mentitore di rispondere alla domanda: "Menti quando dici di mentire?". Se il mentitore risponde "Si, sto mentendo" sarà evidente che non sta mentendo, infatti se un mentitore dice di essere effettivamente tale dice la verità. Ma allora non è più un mentitore. D'altra parte se risponde "No, non sto mentendo" allora è vero che sta mentendo e perciò è un mentitore. Ma allora non possiamo credere alla sua affermazione. Insomma qualsiasi cosa il mentitore dica non possiamo decidere se sia vero o falso.

La paradossalità della situazione emerge forse nel modo più chiaro nella formulazione elaborata dal matematico francese P.E.B. Jourdain nel 1913. Basta prendere un biglietto e scrivere su un lato la frase: "La proposizione scritta sull'altro lato di questo biglietto è vera", poi girarlo e scrivere sull'altra facciata: "La proposizione sull'altro lato di questo biglietto è falsa". Le due frasi rinviano l'una all'altra contraddicendosi, all'infinito e si potrebbe passare una vita girando e rigirando il biglietto nel vano tentativo di capire quale delle due frasi sia vera e quale invece sia menzognera.

NEL MEDIOEVO

Generazioni di filosofi, logici e matematici hanno tentato inutilmente di venire a capo della questione. I filosofia medievali gettarono subito la spugna e crearono la categoria degli insolubilia nella quale classificarono tutti i problemi che non riuscivano a risolvere e i paradossi come quello del mentitore. Il primo tentativo serio di soluzione fu fatto da Bertrand Russell il quale sostenne che questo come gli altri paradossi nasce da un circolo vizioso dovuto al fatto che in questi casi si pretende che un insieme possa contenere elementi definitibili soltanto per mezzo dell'insieme stesso.

Questo sarebbe particolarmente evidente nella formulazione di Epimenide la quale definisce l'insieme dei cretesi come composto da soli bugiardi, escludendo cioè categoricamente la possibilità che esiste un cretese che dica la verità. Per rendere più chiaro questo discorso Russell creò nel 1918 un altro paradosso, quello del barbiere. Supponiamo che in un villaggio ci sia un solo barbiere e definiamo "barbiere" come colui che rade tutti gli uomini del villaggio che non si radono da soli. A questo punto ci si chiede: chi rade il barbiere dal momento che egli appare sempre ben sbarbato. Non può radersi da solo perché per definizione egli rade solo e unicamente tutti gli uomini del villaggio che non si radono da soli, se dunque egli si rade da solo, non può radersi. Dunque non si rade ma se non si rade viola la premessa secondo la quale egli rade tutti gli uomini che non si radono da soli. In base alla definizione di barbiere egli è infatti tenuto a radere tutti gli uomini del villaggio che non si radono da soli, ed egli non si rade da solo dunque sarebbe tenuto dalla definizione a radersi.

DEFINIRE LE CATEGORIE

Qui risulta abbastanza evidente che il problema è quello di definire a quale insieme appartenga il barbiere vale a dire a quello che include gli uomini del villaggio che si radono da soli, o a quello che include gli uomini del villaggio che non si radono da soli e dunque vanno dal barbiere. Di fatto, spiega Russell, il barbiere non appartiene a nessuno di questi due insiemi e il circolo vizioso e il paradosso si generano quando si tenta ostinatamente di includerlo in uno dei due. Analogamente nel caso del mentitore l'errore consiste nel negare la possibilità di un cretese che dica la verità.

Ma si tratta di una soluzione solo apparente, essa infatti non funziona con quelle formulazioni come quella di Jourdain nelle quali non si ha a che fare con insiemi. Una soluzione più interessante anche se anch'essa non risolutiva fu data nel 1969 dal filosofo e logico polacco naturalizzato americano Alfred Tarski il quale chiarì che il linguaggio non ha un solo livello ma almeno due, il secondo dei quali, il metalinguaggio consente di discutere senza creare confusione e standone quindi all'esterno, le proposizioni e le affermazioni fatte con il linguaggio vero e proprio. In base a tale proposta il mentitore può, usando il linguaggio normale dire il falso mentre non può, usando sempre lo stesso linguaggio, dire qualcosa sul valore di verità della proposizione "Io sto mentendo", per questo bisogna utilizzare un metalinguaggio altrimenti la proposizione del mentitore risulta contemporaneamente quella con cui si parla e quella di cui si parla e, dice Tarski è proprio da tale confusione ed ambiguità che nasce il paradosso. In definitiva l'idea di Tarski era che non si può definire e capire che cosa s'intenda con le parole "verità" o "falsità" quando il livello del metalinguaggio è confuso con il linguaggio stesso. Insomma il paradosso del mentitore nascerebbe da un uso improprio e incoerente del linguaggio. Per risolverli basterebbe individuare il livello metalinguistico giusto.

LE SOLUZIONI POSSIBILI

La proposta è indubbiamente più interessante di quella di Russell ma purtroppo come ha fatto notare il filosofo di Princeton Saul Kripke non può essere considerata una soluzione definitiva né pienamente soddisfacente. Prendiamo in considerazione, suggerisce Kripke, due diverse proposizioni. La prima pronunciata da John Dean, ex consigliere della Casa Bianca, è: "Tutte le affermazioni di Nixon a proposito del caso Watergate sono false". L'altra pronunciata dall'ex presidente Nixon dice: "Tutte le affermazioni di Dean sul caso Watergate sono false". In questo caso sostiene Kripke non è possibile seguire il suggerimento di Tarski ed individuare un livello appropriato di metalinguaggio che consenta di dare una definizione di verità tale che sia possibile decidere se Dean dica la verità e Nixon invece menta o viceversa. Infatti la frase di Dean: "Tutte le affermazioni di Nixon a proposito del caso Watergate sono false" dovrebbe trovarsi ad un livello linguistico più alto rispetto a quello delle affermazioni di Nixon. Ma analogamente l'asserzione di Nixon: "Tutte le affermazioni di Dean sul caso Watergate sono false" deve troversi ad un livello più alto rispetto a quello delle affermazioni di Dean. Insomma si innesca una sorta di rincorsa all'infinito nel tentativo di individuare il livello metalinguistico più appropriato.

La vera soluzione secondo Kripke consiste nel inserire tra i valori classici di verità e di falsità anche "il paradossale" che non coincide né con il vero né con il falso ma vuol dire semplicemente"non valore di verità" vale a dire che le frasi paradossali non sono né verità né bugie.

Purtroppo neppure in questo modo si può considerare risolto il paradosso del mentitore perché lo si può formulare in modo ancora più insidioso e difficile. Basta ad esempio scrivere sulla seconda facciata del biglietto di Jourdain: "La proposizione scritta sull'altro lato di questo biglietto è falsa o paradossale".

L'amara morale che si può trarre dai reiterati e infruttuosi tentativi di risolvere il paradosso del mentitore è che il destino della menzogna è segretamente ma inestricabilmente legato a quello della verità e così come nessuno è in grado di raggiungere la verità neppure è possibile dire una bugia perfetta. Dobbiamo accontentarci insomma di verità che un giorno verranno dimostrate false e di bugie che prima o poi verranno smascherate. A pensarci è un destino infame questo che ci nega non solo la verità ma persino la bugia.



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