ho trascritto con pazienza da amanuense, un trafiletto (non so come si chiami in gergo tecnico) che ho letto con molto interesse sulla domenica del sole 24 ore di ieri. non voglio anticipare nulla, il pezzo va letto. offre degli spunti di riflessione che secondo me meriterebbero di essere discusse. provo...
MA IL POPULISMO E' FIGLIO DEL '68 di riccardo chiaberge
"volevamo una democrazia saggia e ce l'hanno scambiata con il frastuono televisivo": le parole di uno dei personaggi di bruno arpaia (il passato davanti a noi - guanda), esprimono il disincanto di una generazione che ha visto naufragare l'utopia. ma anche una certa tendenza autoassolutoria, per cui sono sempre gli altri, loro, i padroni, a far girare il mondo in una direzione che non ci piace. non aiuta a dissipare questo equivoco nemmeno il nuovo, appassionato libro di umberto eco (a passo di gambero, bompiani), nel quale il "populismo mediatico" viene dipinto come un accidente cosmico, una specie di invasione degli hiksos[*]. qualcosa, insomma, di totalmente estraneo alla storia e alla cultura degli italiani.
ma chi ha inventato il populismo? quel disprezzo per le istituzioni, la magistratura, i partiti, quella esaltazione dell'"investitura dal basso", del rapporto diretto tra masse e avanguardia, non sono per l'appunto un'eredità dei movimenti anni '70? lo riconosce lo stesso eco quando osserva che molti transfughi del comunismoe del '68 sono fluiti nelle file del centrodestra. i passi del gambero sono partiti da lì, dai cortei lanciati al'inseguimento di una mitica classe borghese operaia, dai borghesi con l'eskimo che credevano di marciare verso l'avvenire, e invece affondavano i piedi nell'800. come in quella esilarante scena di ecce bombo (nanni moretti, 1978) in cui tutti aspettano l'alba sul mare e il sole sorge alle loro spalle. e a passo di gambero hanno camminato, da allora, le scuole, le università, i centri di ricerca, sulla spinta di un egualitarismo che ha scoraggiato l'eccellenza.
abbiamo cominciato con il 18 politico e le lauree in architettura con tesi su che guevara; ci ritroviamo in un'italia dove chi ha vinto un concorso viene considerato meno rispettabile di chi è stato "eletto dal popolo". e quando il merito individuale e la serietà negli studi vengono sistematicamente bastonati (spesso ad opera delle mafie accademiche), a chi vuole emergere non restano che i teatrini tv. ecco di cosa si nutre il populismo mediatico.
fa bene eco a rivendicare la propria "antipatia positiva" (anche se a noi sta simpatico, soprattutto quando scrive le sue bustine sull'espresso). ma il vero handicap degli intellettuali italiani, checchè ne dica luca ricolfi [**], non è l'antipatia; è la distrazione. o meglio, l'astrazione. l'intellettuale presume di saper leggere nelle viscere del popolo, mentre il popolo porta in pancia sentimenti opposti. finchè dura questa inconimucabilità, il paese continuerà a fare passi gambero. e ad idolatrare i populisti, mediatici e non.
[*]anche "hyxos"(principi del deserto) che guidavano carri da guerra trainati da cavalli, i primi veicoli a ruota che gli egiziani avessero mai visto e per mano dei quali il medio regno egizio cadde.
[**]luca Ricolfi "perché siamo antipatici? la sinistra e il complesso dei migliori". longanesi (mi pare...)
comunque è stato un buon esercizio di dattiloscrittura...
(7'38''.
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