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Oggetto: La VILLA
Data: 15/2/2006 20.23.37
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Giugliano. Un telefonino modello «star tac» in cambio di un’autorizzazione sanitaria per la discoteca La Villa, un immobile che è stato di proprietà di esponenti del clan Nuvoletta.
Per questo scambio, che per gli investigatori si traduce in corruzione, il segretario della sezione dei ds e funzionario del Comune di Giugliano, Giovanni De Vivo, è finito agli arresti domiciliari.
Con lui sono stati arrestati anche il comandante della polizia municipale del comune a nord di Napoli Umberto Nannini, il suo vice Vincenzo Vitiello, un maresciallo dei carabinieri Armando del Prete, altri due impiegati del Comune di Giugliano Ciro Testa (originario di San Giorgio a Cremano), Carmine Carbone (agli arresti domiciliari) e due presunti fiancheggiatori del clan Nuvoletta: Giacomo Gala e Vincenzo Alfiero. Risultano indagati anche altre cinque persone tra cui Giovanni Nuvoletta (figlio di Lorenzo, il padrino morto da tempo) considerati gli «istigatori» di alcune corruzioni. L’inchiesta coordinata dai pm della Dda Paolo Itri e Raffaella Capasso ha ricostruito tra il 1996 e il 2001 una serie di episodi di corruzione per trasformare una struttura in parte abusiva in una discoteca con tutte le autorizzazioni in regola. Il locale è «La Villa» di Giugliano (sequestrata dai carabinieri) e le pratiche amministrative che interessavano i gestori, considerati vicini al clan Nuvoletta, erano condoni edilizi, autorizzazione agli scarichi, autorizzazione sanitaria e licenza per trattenimenti danzanti. Buona parte delle indagini si fonda sulle dichiarazioni di un pentito, Salvatore Izzo, ex affiliato al clan Polverino, ex dipendente di un’agenzia ippica frequentata dai Nuvoletta, ex gestore di un hotel e all’epoca dei fatti confidente dei carabinieri. Secondo la ricostruzione degli investigatori, esponenti della cosca di Marano avrebbero versato somme di denaro di vari importi, dai 500 ai 2500 euro, messe a disposizione dal boss Giovanni Nuvoletta, a funzionari (Testa, avrebbe avuto anche un forte sconto per l’acquiso di un’automobile) e pubblici ufficiali per ottenere le licenze o per evitare i controlli amministrativi. In particolare i due dirigenti della polizia municipale avrebbero fatto di tutto per impedire la chiusura del locale. Gli indagati avrebbero anche falsificato alcune ricevute di pagamento relative alla domanda di condono edilizio e sottratto, fingendo un furto, e sostituito le planimetrie allegate all’istanza di condono. De Vivo, difeso dall’avvocato Pasquale Pianese, ha ottenuto la detenzione in casa perché la sua posizione risulterebbe meno grave. Nell’ordinanza emerge anche la figura di un sottufficiale dei carabinieri della compagnia di Giugliano, il maresciallo Colucci. Gli indagati, per ringraziarselo, avevano cercato inutilmente di corromperlo.



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