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Nick: Mr_LiVi0
Oggetto: Il giornale del giorno...
Data: 3/3/2006 10.4.9
Visite: 91

Ecco alcuni articoli interessanti di oggi ...


Vittorio Feltri - DEFICIENTI O IN MALAFEDE?

Avolte non c'è nulla di più incredibile della realtà. Leggo le dichiarazioni della sinistra sulla visita ufficiale di Berlusconi negli Stati Uniti, sul suo discorso al Congresso, e allibisco. I compagni di merende, i fidanzati di Unipol, di Consorte, i nipotini stolidi di Stalin deridono il premier perché laggiù, oltreoceano, ha ribadito fedeltà all'ex Patto atlantico, all'alleanza tra Paesi occidentali basata sull'amore per la democrazia e la libertà. In due parole, il loro antiamericanismo viscerale, irrazionale, è emerso con virulenza in questa circostanza: odio per Bush e per il suo amico Cavaliere. D'altronde siamo in campagna elettorale, obietterà qualcuno, e i disperati legionari di Prodi non posseggono altre armi all'infuori della rabbia e dell'invidia nei confronti di chi ha vinto la guerra fredda. Ma ciò non basta a giustificare l'esplosione di rancore che caratterizza i commenti alla performance berlusconiana nelle terre lontane d'America. C'è qualcosa di più. C'è una sorta di imbecillità, un complesso di inferiorità degli ex marxisti frustrati dalla sconfitta e dall'incapacità di risalire la china. Fa pena la sinistra italiana; e suscita disgusto. Un titolo del Corriere della Sera di ieri è istruttivo. Sentite: "L'Unione accusa: una vergogna per il Paese". La vergogna sarebbe Berlusconi che davanti al Congresso ha parlato in modo sobrio e convincente della gratitudine italiana per quanto gli Usa hanno fatto, con sacrifici umani, allo scopo di restituirci la libertà dopo la tetra parentesi nazifascista. Come si fa a dire certe bestialità? L'autentica vergogna sono loro, gli ex comunisti e i loro amici opportunisti, che da una vita marciano contro gli Stati Uniti, ne contestano la politica e le scelte internazionali in difesa della democrazia. La vergogna sono i no global, gli ammiratori di Fidel Castro, di Marcos; sono quelli che si schierarono con Stalin, con Kruscev, con Breznev e non batterono ciglio nel costatare l'invasione dell'Ungheria, della Polonia, della Cecoslovacchia, l'aggressione dei carrarmati alla gente che si ribellava all'oppressione della falce e martello, dell'imperialismo sovietico, e rimasero indifferenti ai morti ammazzati dall'Armata rossa, alle cataste di cadaveri nelle strade di Budapest e di Praga. Come si fa a dare addosso a Berlusconi applaudito dal Parlamento statunitense? Come fa Fassino a dire del Cavaliere: uno scolaretto intimidito da Bush, solo perché il premier è stato accolto con onore nella capitale del Mondo? Come fa Diliberto a dire: Berlusconi fa schifo perché ha stretto le mani insanguinate del presidente americano reo di aver risposto ai terroristi delle Torri gemelle con la dovuta energia? Deprimente. E Prodi? Anche lui, ex ministro del governo Andreotti, democristiano molliccio e sudaticcio, si è associato al coro conformista ostile non tanto al Cavaliere, il che rientra nella prassi un po' idiota della propaganda elettorale, quanto alla Casa Bianca, alla sua volontà di non soccombere agli assassini del fondamentalismo islamico dilagante e crescente. Bisogna avere la faccia come il culo a predicare contro Washington quando si hanno alle spalle settanta anni di sudditanza a Mosca, di ossequiosa ubbidienza ai suoi ordini. A proposito. Leggetevi l'articolo di Renato Farina, oggi su Libero, nel quale egli descrive i legami dei nostri connazionali comunisti con la loro patria sovietica. Prima di aprire la bocca, i Fassino, i D'Alema, i Diliberto e gli altri eredi dello stragismo rosso dovrebbero sciacquarsela con un distillato di democrazia americana. Anzi. Invece di concionare, vadano a nascondersi per aver aderito all'Utopia, questa sì intrisa di sangue, che squassò il mondo e in parte ancora lo squassa. Rammentino, anche i ribelli all'acqua di rose del Manifesto, le simpatie per Mao, per la rivoluzione culturale cinese che fece più vittime della peste. Rammentino il loro amore per massacratori alla Pol Pot; rammentino la squalificante pagina del Vietnam. E non diano lezioni a Berlusconi né ad altri che hanno scelto di stare assieme all'Occidente (con tutti i suoi difetti) piuttosto che accanto ai progettisti dei gulag, agli sterminatori dei kulaki. Niente lezioni, da loro. Stiano zitti. Spariscano. Si travestano. Si buttino nel Tevere. Purché la smettano di insegnare ad altri ciò che non conoscono né mai conosceranno per disonestà intellettuale: la coerenza. Non possono dire a Berlusconi, infatti, che è uno scolaretto intimidito da Bush, loro che parteciparono in massa ai funerali di Breznev, furono legati a Gorbaciov fino all'ultimo istante, si accorsero del crollo del muro di Berlino solamente nell'istante in cui gli crollò in testa. Meglio essere filoamericani che essere stati filosovietici o filocinesi o filovietnamiti. I casi sono due. O i comunisti erano in malafede o deficienti. Negli anni "fulgidi" della dittatura del proletariato, qualunque fesso si recasse in un Paese dell'Est ovvero d'Oltrecortina, foss'anche solo per andare a caccia (nella confinante Iugoslavia), quando tornava in Italia e si precipitava al bar Sport per raccontare la sua avventura agli amici, manifestava con ricchezza di particolari il proprio orrore per le nefandezze viste. Chiunque si recasse in Ungheria con la valigia piena di calze di nylon onde godere delle grazie d'una fanciulla magiara si rendeva conto della follia e sgangheratezza comuniste; chiunque tranne loro, i compagni. Non ci vengano ora a dire che ignoravano. Ma quale ignoranza. Fingevano di ignorare. Chiudevano gli occhi e gli orecchi pur di continuare a coltivare il sogno scemo del collettivismo. Deficienti o in malafede? Opterei per la seconda ipotesi. Lo dico per salvare la loro intelligenza. Me ne siano grati. Chiedo una piccola cortesia: giù dalla cattedra. Non ci insegnino come si fa a essere liberali. Non pretendano di dare del coglione a Bush e a Berlusconi. Coglioni siete voi, ex comunisti della malora. E se vi capita di incontrare il Cavaliere o il presidente americano toglietevi rispettosamente l'elmetto; gettate la falce e il martello. Avete incassato miliardi di rubli in cambio del vostro tifo per gli assassini. Eravate alleati dell'Urss mentre il nostro Paese, l'Italia, era alleato degli Usa. Eravate la quinta colonna sovietica in casa nostra. Questa si è vergogna. Berlusconi forse non è nessuno, di per sé, ma se si paragona a voi pistolini di Stalin e di Breznev, è un gigante. Pedalare, compagni, pedalare. Magari vincerete le elezioni, perché il comunismo è una malattia mentale inguaribile, però la storia vi ha già condannati; state giusto bene accanto ai terroristi iracheni, ai palestinesi delle bombe umane nelle discoteche d'Israele, ai demolitori delle Torri gemelle, ai cinesi delle esecuzioni con colpo alla tempia, ai lacché di Castro, ai fondamentalisti musulmani tagliatori di teste. A ramengo.



Papa Wojtyla e Moro: del loro sangue son sporche le mani dei comunisti di RENATO FARINA


Dico subito la parolina: Mitrokhin. Non riesco a cominciare l'articolo con freddezza, sprizza fuori troppo sangue. Ho letto i documenti della Commissione, sono pubblici. Tra poco uscirà il volume con le conclusioni, Paolo Guzzanti ha rischiato la pelle per metterlo insieme. Dico: Mitrokhin. Ma bisognerebbe scrivere: la fogna rossa, rossa come la bandiera ma anche come il sangue di Aldo Moro e del Papa. La picchierò sul tavolo quella parola: Mitrokhin. In quel dossier c'era e c'è il contratto tra la nostra sinistra comunista e para-comunista con l'impero criminale più duraturo della storia. Il problema è che questa storia dura tuttora. Finché non ci sarà luce, e tutti potranno vedere, l'inganno perdurerà. Ora comincio l'articolo per bene. Daccapo. Scusate. Mitrokhin? I comunisti e la sinistra gridano allo scandalo perché la televisione ha detto la verità in diretta. Orrore. Canale 5 che ha fatto mai? Ha fornito la prova tivù dell'alleanza tra l'Italia di Berlusconi e l'America di Bush (ma anche di Clinton, vedi gli applausi di Hillary). Prodi e i suoi azionisti di maggioranza (D'Alema, Fassino, Bertinotti e Diliberto) chiedono la par condicio. D'accordo. La nostra idea allora è questa. Bisognerebbe fare una bella scorpacciata televisiva sull'altra alleanza: quella che ha riguardato la sinistra e ha reso orribile la vita di questo Paese. È finita l'alleanza solo perché il partner è morto. Si sa: l'Urss è defunta. Ma l'alleanza continua, come in un film di spettri: la cattiveria dello sguardo e la menzogna della lingua sono quelle là. Diliberto quando denuncia «le mani grondanti sangue» di Bush e di Berlusconi ristabilisce una specie di giuramento segreto con i compagni di tutto il mondo. Ma sì, quell'alleanza di zombie si protrae. E c'è una logica. Come ogni colpa grave non si ferma al momento del delitto, ma finché non è espiata permea le mosse degli impuniti, i quali ora pretendono di governarci. Ah, se ci fosse stata la telecamera e la diretta tivù quando voi, compagni comunisti, andavate a Mosca a conferire con i vostri referenti massimi, non ci saremmo opposti alla mondovisione dei passaggi di dollari. Non avremmo ostacolato la diffusione del sonoro con relativa traduzione. E quello accaduto a Mosca tra dirigenti sarebbe ancora poco. Ora si sa molto di più. E si può ricostruire con precisione come questo rapporto tra il Partito comunista italiano e il Partito comunista dell'Unione Sovietica non sia stato una faccenda folkloristica o di necessaria condizione per la democrazia. Anche questo ci hanno fatto bere come oro colato: l'America dà i soldi alla Dc, la Russia li consegna al Pci. Pari e patta, non è vero? Balle. A parte che il primo fatto non è vero, e l'America i dollari li ha dati all'Italia intera, comunisti compresi, grazie al piano Marshall, il paragone non tiene proprio. Infatti l'intreccio tra il Cremlino e le Botteghe Oscure non era la generosa offerta ad un amico, ma la paga del complice. Era in funzione di un progetto di occupazione di questa Italia. Serviva all'assassinio. Non diciamo che i compagni di periferia sapessero, le anime belle ci sono sempre. Ma ormai è palese come le vicende più gravi degli anni '70 e '80 - il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro, l'attentato al Papa, la consegna dei piani di difesa della Nato al patto di Varsavia - abbiano avuto la regia di Mosca che ha potuto godere del supporto logistico di spioni italiani, incardinati nel Pci, mentre tutto il partito di Togliatti, di Longo e di Berlinguer aveva sì il supporto dell'idealità operaia, ma anche dell'oro di Mosca. Oro in cambio non di un'adesione all'idea ma di un tradimento fattivo. Si sa tutto. Non c'è mistero. Nel 1999 venne alla luce dell'opinione pubblica il dossier Mitrokhin. Ridiciamo questo nome, buttiamolo lì, insistiamo. In tutto il mondo fu preso sul serio. L'Italia era il vero centro delle rivelazioni messe insieme dall'archivista Vasilij Mitrokhin con pazienza certosina. Nomi di spie, di confidenti, ma soprattutto la chiave per capire - attraverso quei nomi - alcuni fatti decisivi della nostra vita. Berlusconi, che non è un fesso, stette zitto. Poi venuto al governo lanciò una commissione d'inchiesta guidata dal senatore Guzzanti. Si è avvalso di consulenti. Ha sentito molti personaggi. Ha cercato di capire perché i servizi segreti al guinzaglio dell'Ulivo abbiano tenuto nell'ombra queste carte fatte arrivare a Roma dagli inglesi. Poi è andato a fotocopiare fascicoli segreti in Germania e in Ungheria. Sono saltate fuori chiare come il sole le trame comuniste italo-sovietiche. Commuovono e fanno venire rabbia le pagine dedicate da Guzzanti a Moro. Ci sono comunisti italiani al soldo di Mosca. Non si sfugge. Sono sorprendenti le rivelazioni sui piani di invasione dell'Urss, valevoli negli anni '50, ma pronti ad essere praticati mentre il mostro russo era moribondo. Sarebbero dovuti entrare dal Brennero, i carri sovietici: segno palese che contavano sulle quinte colonne italiane. Chi? I compagni del Pci. In Italia invece a rimetterci sono stati i gladiatori della Nato. Ricordate? Furono additati al pubblico disprezzo come servi degli americani. Qualcuno dice: il mistero delle spie sovietiche in Italia. Mistero? In realtà si sa tutto. Il mistero italiano è piuttosto un altro. Ed è perché questa vicenda resti nell'ombra, per una specie di tacito accordo, si stia tutti zitti. E quando ne accenna qualcosa Berlusconi sia trattato come un fissato. Il mistero è del perché non ci mettiamo insieme a strappare via questa coperta nera che soffoca la voce di chi ha ricostruito questa verità. Poi se la prendono perché in tivù Berlusconi dice viva l'America e ricorda la visita al cimitero dei militari americani caduti per liberarci dal nazifascismo. Noi aspettiamo con impazienza e un po' di schifo l'altro film, quello della Mitrokhin. Per ora in Italia questo macigno sulla coscienza dei comunisti e dei loro amichetti è servito soltanto a condannare Feltri aunanno emezzodi carcere per la denuncia di un comunista citato per sbaglio in un rendiconto. Sarebbe come se dopo la fine del nazismo l'unico condannato fosse un giornalista che ha sbagliato il nome di un capo delle Ss. Questa è l'Italia. Che rischia di essere occupata post mortem dall'Unione Sovietica che vive nelle teste e negli atti di gente come Diliberto. Mitrokhin!


Questa invece è per parlar male di Berlusca...

Il Cavaliere un po' più povero Ma ovviamente c'è il trucco di NINO SUNSERI
LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI DEI PARLAMENTARI
Il Paperone del Parlamento rimane Silvio Berlusconi. Rispetto all'anno scorso, però, il suo reddito ha avuto una vistosa contrazione. È sceso dagli oltre 12 milioni di euro dichiarati nel 2004 a 3,5 milioni. Insomma, uno scarto di nove milioni e mezzo di euro, pari a poco meno di 19 miliardi di vecchie lire. Vuol dire che Berlusconi è diventato d'improvviso più povero? Non esattamente. Solo un'illusione contabile. Rimane uno degli uomini più ricchi del mondo. Nella classifica stilata l'anno passato del settimanale Forbes stava al posto numero 25 con un patrimonio personale di 12 miliardi di dollari. In testa, irraggiungibile c'è Bill Gates, fondatore della Microsoft che vanta una ricchezza di 45 milioni di dollari. Tuttavia non è da escludere che Berlusconi ora abbia fatto qualche passo avanti. D'altronde basta leggere il suo modello «Unico» del 2005 per capire che l'effetto povertà del Cavaliere è solo un'illusione ottica. Le imposte versate all'erario, nel 2005 sono addirittura salite. Un milione mezzo contro un milione 100 mila del 2004 La caduta del reddito, quindi, è solo apparente. Gli uomini cui ha delegato la gestione del gruppo non lo hanno danneggiato. Anzi. La differenza, da un anno all'altro, si spiega con il diverso sistema di tassazione dei dividendi figlio della riforma fiscale e, soprattutto, con la ristrutturazione delle proprietà personali del Cavaliere. Ha ridotto da ventidue a otto le finanziarie da cui dipende Fininvest, la supercassaforte che controlla l'impero del Biscione. Inoltre ha avviato la successione. Ha messo sullo stesso piano i due grandi (Piersilvio e Marina) con i ragazzi avuti da Veronica Lario (Eleonora, Luigi e Barbara). Adesso ognuno dei figli possiede il 7,5% a testa di Fininvest. Al Cavaliere è rimasto il 62,5% mentre prima superava l'87%. È chiaro che essendo diminuite le azioni in suo possesso sono calati anche i dividendi. Da qui l'apparente taglio del reddito il cui effetto si è combinato con la riforma fiscale e la scomparsa dell'Ires. Le attività del Cavaliere, in realtà, continuano a macinare utili. Mediaset, il cuore televisivo dell'impero, ha chiuso nel 2004 il miglior bilancio della sua storia con un utile di 500,1 milioni. Probabilmente il 2005 non è andato altrettanto bene per il calo della pubblicità. Ma le tv restano una macchina da soldi. La Fininvest, che le controlla, ha guadagnato 332 milioni girandone 170,1 alla famiglia a titolo di dividendo Nel complesso la super-cassaforte ha versato nei conti personali di casa Berlusconi quasi 700 milioni dal '94 a oggi. Pari a uno «stipendio» medio mensile di 5,2 milioni di euro. Qualche rimpianto, però, rimane. Per alcune operazioni che, nate con molte speranze, si sono rivelate poco fortunate. La spina nel fianco sono tre disavventure senza le quali il bilancio avrebbe potuto essere ancora più rosa: l'investimento nelle tv tedesche di Kirch, le Pagine Utili e il Milan. Queste tre partecipazioni, da sole, hanno bruciato un miliardo di euro, più dei soldi incassati da Fininvest con la quotazione di Mediolanum (l'assicurazione gestita da Ennio Doris) e Mediaset. Quasi 400 milioni sono spariti nel buco Kirch. Circa 300 sono andati in fumo nella sfida alle Pagine Gialle. Mentre la passione per i rossoneri (ripagata a suon di scudetti e coppe) è costata al premier dal '94 a oggi 230 milioni di euro (di cui solo 28 nell'ultimo anno). Resta il fatto che i manager cui è affidato la gestione dei beni di famiglia, dai figli Marina e Piersilvio a Fedele Confalonieri hanno ottenuto risultati più che soddisfacenti. Al punto che Mediaset ha pagato all'erario due miliardi di tasse in undici anni. L'ottimo stato di salute delle società di Berlusconi emerge con forza anche dallo stato patrimoniale. Un contributo importante è arrivato l'anno scorso dalla vendita del 17% di Mediaset. L'incasso è stato di 2,2 miliardi che ora stanno in attesa di impiego. Il gruppo televisivo ha azzerato completamente l'indebitamento. Anzi a settembre, per impiegare una parte della liquidità eccedente ha varato un progetto di riacquisto di azioni. La grande disponibilità di capitali ha dato luogo ad un'intensa attività di trading. In particolare la famiglia Berlusconi ha individuato nella boutique elvetica Banca Arner (che ha una sede anche a Milano) il gestore più adatto per le sue disponibilità. Risulta che abbia ottenuto un guadagno aggiuntivo di 1,8 milioni Ma la dinastia si è distinta anche per la generosità nei confronti degli enti no-profit. Nel 2005 le donazioni sono state destinate alle popolazioni del sud-est asiatico colpite dallo tsunami. È stata utilizzata la Comunità incontro di don Pierino Gelmini cui sono stati versati in totale 4,5 milioni di euro.



Il dramma dei cristiani iracheni: in centomila fuggono dall'Islam

BAGDAD Prima le minacce. Poi gli attacchi veri e propri. Alle chiese, alle case e ai negozi. E ora la fuga. Per gli 800mila cristiani che vivono in Iraq, assediati dai fondamentalisti islamici, è arrivato il momento dell'esodo. È quanto denuncia la Caritas. Sono almeno 100mila quelli che hanno chiesto asilo politico a Siria, Turchia, Libano, Giordania, ma solo pochissimi hanno visto la domanda accettata. Sarebbero inoltre già almeno 150mila quelli che sono riusciti a scappare dall'Iraq. La minoranza cristiana è diventata negli ultimi anni una popolazione in fuga dagli estremisti di Allah. Quella che era un tempo un'élite, ben istruita, con redditi più che dignitosi, si è trasformata in una minoranza braccata, costretta a chiudere le sue attività imprenditoriali, subissata dai gruppi criminali che, quando non rapiscono bambini e donne per ottenere gli ambiti riscatti, impongono un pizzo stratosferico agli " infedeli". Allora è inutile stupirsi se cercano la fuga in paesi vicini, meno turbolenti. « Si tratta di una vera e propria diaspora » , spiega Paolo Beccegato, responsabile dell'area internazionale della Caritas. Che aggiunge: « La presenza di una componente cristiana e cattolica è diventata molto difficile » . I cristiani in Iraq sono in maggioranza caldei ( oltre 700.000, etnicamente discendenti degli assiri, non arabi). Meno numerosi i siroantiocheni, gli armeni , i cattolici di rito latino, gli ortodossi, i protestanti. Sono per lo più dislocati in città del nord come Mosul e Kirkuk, ma una grossa comunità è presente anche nella capitale, a Bagdad. I cristiani, anche se generalmente benestanti, sono tuttavia partecipi del dramma che ha colpito il loro Paese negli ultimi anni: la distribuzione di viveri da parte degli organismi umanitari interessa ormai il 65% della popolazione, oltre 13 milioni di persone. Nel 2005, nei 13 centri Caritas ( di cui 7 a Bagdad) e nei 6 della Mezzaluna rossa sono stati curati 22.053 bambini malnutriti, con un peggioramento del 25% dall'inizio alla fine del 2005. Inoltre persiste un livello altissimo di violenza e insicurezza, come dimostra un reportage sull'Iraq pubblicato nel numero di marzo del mensile " Italia Caritas". La sicurezza non è garantita nemmeno agli operatori umanitari: almeno in 50 sono stati uccisi negli ultimi due anni e mezzo. Siria, Libano e Giordania ospitano ciascuno almeno centomila iracheni richiedenti asilo; in Turchia la cifra è molto più ridotta, nell'ordine di alcune migliaia. In tutti questi Paesi la situazione degli iracheni espatriati presenta diversi punti in comune: nessun riconoscimento dello status di rifugiati, divieto a lavorare, scarsi aiuti economici, sanitari e scolastici dai governi. Andrea Valle

Confermato l'ergastolo per la brigatista Lioce La vedova D'Antona accusa: non ancora risarcita


ROMA Il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, rende noto di aver disposto « immediati accerta menti riservandosi di adottare ogni opportuna mi sura » dopo la denuncia di Olga D'Antona, vedova del giuslavorista ucciso dalle Br. « Mi hanno negato il po co dovuto » , ha detto la parlamentare Ds e vedova del professore ucciso dalle Br il 20 maggio 1999, a mar gine della tavola rotonda sul libro del magistrato Otello Lupacchini " Il ritorno delle Brigate Rosse: una sanguinosa illusione", in occasione del secondo an niversario dell'uccisione del sovrintendente Polfer Emanuele Petri sul treno Roma Firenze. E proprio ieri i giudici della Prima sezione penale della Cassazione hanno deciso di confermare la con danna all'ergastolo nei confronti della brigatista Na dia Desdemona Lioce, accusata di concorso nell'o micidio aggravato dalle finalità di terrorismo di Pe tri. Questa decisione della Suprema Corte è il primo verdetto, sulle nuove br, a passare in giudicato. Elementi di vertice delle nuove Brigate Rosse so no ancora in libertà. E nel giorno del terzo anniversa rio della sparatoria sul treno Firenze Roma, il magi strato Otello Lupacchini lancia l'allarme. « Le Br pos sono ancora colpire » . Lupacchini, già gip presso il tribunale di Roma, più volte si è occupato del briga tismo, ad esempio con le inchieste sugli omicidi di Massimo D'Antona e del generale americano Lea mon Hunt. Nel suo saggio analizza le azioni della for mazione eversiva che è tornata a colpire nel 1999 ( D'Antona) e 2002 ( Biagi). Le nuove Br, secondo il magistrato, non sono state completamente disarti colate, comequalcuno sostiene. Sonoancora liberi, sostiene, elementi di spicco della formazione e « non è escluso possano colpire dopo un periodo di riorga nizzazione dovuto agli arresti » . Il progetto eversivo degli anni ' 70, ricorda, « è rimasto immutato negli an ni' 90 ed ha dietro tutto il mondo degli irriducibili, che continuano a seguire quello che avviene nel mondo esterno » . L' organizzazione delle nuove Br, sottoli nea Lupacchini, « era più corposa di quella oggetto di indagine giudiziaria: noi non sappiamo, ad esem pio, ciò che è accaduto delle colonne di Napoli e di Milano; inoltre le colonne toscana e romanapotreb bero non essere state completamente sgominate » .

Stalin capiva poco o nulla I suoi nipotini pure


Stalin considerava i riformisti suoi principali avversari Incredibile ma vero. Il titolone dell'Unità in prima pagina oggi recita: « All'America che liberò l'Italia dal fascismo... » . Ma quale America, caro Mainiero: non sono stati i partigiani comunisti a liberarci? E che facciamo adesso: diventiamo orfani della Resistenza per via di un colpo di mano del giornale che fu di Gramsci? Mala tempora currunt per l'Unione che, pur di dare del fascista a Berlusconi, arriva a dimenticare l'odio per gli americani. Luigi Bertorelli Cossato ( Biella) Risponde Mattias Mainiero Beh, per la verità la storia dice che il merito ( per alcuni demerito) spetta anche agli americani e ai partigiani non solo comunisti. Naturalmente, si potrebbe sempre discutere e tentare di stabilire se i meriti ( per alcuni sempre demeriti) siano stati più degli uni o degli altri e come avrebbero fatto gli uni senza gli altri, ma una cosa è certa: fino a quando gli americani si sono mantenuti lontano dall'Italia e dalla vittoria nella Seconda guerra mondiale, i resistenti italiani, comunisti e non comunisti, tutto erano fuorché agguerriti resistenti. Certo, si erano opposti al regime, si erano ritirati ( commettendo tra l'altro un grave errore politico) sull'Aventino, alcuni erano anche finiti in carcere. C'erano stati esili forzati e pure volontari ( e gente, poi diventata partigiana e comunista fin dalla primissima ora, che stava tranquillamente con i fascisti). Per loro non fu una passeggiata. Ma un vero movimento popolare contro il regime non ci fu mai, e mai fu sul serio organizzato. Motivo? Almeno uno è abbastanza semplice da spiegare: alle spalle dei comunisti, anche quelli italiani, c'era l'Unione Sovietica di Stalin. E Stalin, almeno inizialmente, nella classifica degli avversari al primo posto non aveva messo i fascisti o i governi di destra. Aveva messo le forze di sinistra, quelle riformiste. In altri termini: i suoi stessi compagni, tant'è vero che, quasi per sottolineare che i veri nemici erano i socialdemocratici, fu anche coniato uno specifico termine: « socialfascisti » . Utopie e farneticazioni comuniste: Stalin era convinto che il fascismo, fenomeno secondo lui transitorio, sarebbe crollato da solo e che a quel punto sarebbe scoppiata la guerra interna alla sinistra tra chi voleva la rivoluzione e chi si sarebbe accontentato di strategie più soft per abbattere il capitalismo. E così il compagno Giuseppe si attrezzava alla bisogna facendo guerra ai suoi. Non aveva capito nulla, ma questa non è una novità. Anzi: vecchia storia di sinistra che può farci comprendere tante cose. Per esempio, perché i nipotini di Stalin abbiano la pessima abitudine di non disdegnare i conflitti intestini, oltre a quelli contro gli avversari naturali, e perché Romano Prodi presidente del Consiglio cadde per mano amica. E anche perché esiste il fondato rischio di un bis dello stesso Prodi, qualora, ovviamente, il Professore ad aprile dovesse vincere le elezioni. Questione di Dna, che non cambia facilmente, anche se i Muri sono caduti e i comunisti sono diventati post.


Poste e Ferrovie, dentro tutti

MILANO Dentro tutti: un'assunzione in una Spa pubblica, sotto elezioni, non si nega a nessuno. Dopo le Poste, ora è il turno delle Ferrovie, che hanno annunciato ieri l'assunzione di 800 apprendisti fra macchinisti e capitreno. Nulla da eccepire: serviranno zenz'altro. Guardacaso le organizzazioni sindacali di categoria, appresa la notizia, hanno sospeso lo sciopero nazionale di 24 ore che sarebbe scattato oggi alle 21, per concludersi domani alla medesima ora. E non è finita qui: le riunioni " tecniche" fa azienda e sindacati proseguono e sullo sfondo ci sono altri 400 nuovi ingressi, come hanno fatto capire informalmente alcune fonti sindacali: i settori della manutenzione dei treni, dell'assistenza, della biglietteria e della logistica cargo, infatti presenterebbero tuttora alcune carenze di personale. Dunque la partita, almeno in questa fase, potrebbe chiudersi con 1.200 neoassunti. Certo, negli ultimi anni, le politiche di austerity varate dagli ultimi due presidente ( nell'ordine Cimoli e Catania) hanno frenato il turnover in molti settori. Sta di fatto che l'accordo matura alla vigilia delle elezioni. Ma per un fronte che si raffredda altri due rischiano di incendiarsi. Parliamo delle Poste e di Alitalia. Il 6 marzo si fermeranno per un turno intero i postini precari, mentre lo sciopero proclamato per il 4 marzo da piloti e assistenti di volo è soltanto differito. La questione dei portalettere a contratto era prevista. A metà gennaio azienda e sindacati avevano raggiunto un accordo in base al quale ben 13mila venivano assunti con contratto a tempo indeterminato. Ma l'intesa conteneva un codicillo in base al quale le parti, chiusa la porta, tenevano aperta la finestra: i precari sono in tutto 30mila e l'azionista ( vale a dire lo Stato) si impegnava a riesaminare la pratica anche per i 17mila rimasti in lista d'attesa. Del primo pacchetto sono già entrati in 3mila, dunque tanto vale puntare i piedi e riaprire l'intera partita. Con le votazioni fra poco più di un mese difficile che il governo si irrigidisca. La quotazione in Borsa delle Poste? Può attendere. Intanto il governo ha detto si, nella riunione di ieri, al piano di Maroni per il reimpiego degli ultracinquantenni rimasti senza lavoro. Decisione meritoria, visto che fornisce un aiuto finanziario a 3mila persone rimaste a piedi. Ma che costerà allo Stato circa 100 milioni di euro. Sempre che non decidano di beneficiarne anche grandi imprese come la Fiat. Attilio Barbieri

La prima auto volante sarà operativa fra 2 anni
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BOSTON Ancora pochi anni e sempre più persone gireran no a bordo di macchine volanti. È la promessa di studiosi del Mit di Boston. Il primo prototipo di macchina volante verrà presentato a luglio in occasione dell'annuale EAA AirVen ture Conference di Oshkosh, e spiccherà il volo nel 2008. I tecnici del dipartimento di aeronautica del Mit spiegano che il mezzo è dotato di ali ripiegabili, ingombrante all'incir ca quanto un suv americano, potrà ospitare due passeggeri e i bagagli per un weekend breve. Notevole il risparmio energetico: si stima che l'automobile volante a pieno carico sarà in grado di effettuare voli di circa 500 miglia con una singola tanica di benzina verde. Inoltre sarà dotata di air bag, paraurti e unità Gps per la navigazione satellitare. Ne cessario per la guida sarà un semplice patentino per ultra leggeri. Tra le nuove proposte di automobili del futuroci so no anche la " macchina ragno" e la " cabriolet acrobatica". La prima, idea di Ilke Liebmann dell'università di Pforzheim ( Germania), è in gradodimuoversi anche in orizzontale e in verticale. Manovrata da un sistema informatico è costituita da tre ruote e da una cyber capsula all'interno della quale si trova il conducente. La seconda è stata ideata da Linda An dersson dell'università di Coventry, Gran Bretagna. Si trat ta di una vettura sportiva di ultima generazione, le cui ruote posteriori sono sostituite da un cuscinetto d'aria generato daunaturbina. g. g.


Buona lettura...
Vivere... è sorridere dei Guai !!!



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Il giornale del giorno...   3/3/2006 10.4.9 (90 visite)   Mr_LiVi0
   re:Il giornale del giorno...   3/3/2006 10.6.57 (16 visite)   Rr.Selavy
      le critiche sono accettat   3/3/2006 10.9.19 (21 visite)   Mr_LiVi0
   Gerardo Chiaromonte   3/3/2006 10.52.58 (15 visite)   paps46
      re:Gerardo Chiaromonte   3/3/2006 11.4.26 (19 visite)   Mr_LiVi0
         re:Gerardo Chiaromonte   3/3/2006 11.23.49 (8 visite)   paps46
            re:Gerardo Chiaromonte   3/3/2006 11.30.26 (10 visite)   Mr_LiVi0
               re:Gerardo Chiaromonte   3/3/2006 11.46.5 (6 visite)   paps46 (ultimo)

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