Nick: ^SpiKe^ Oggetto: La relazione di coppia Data: 11/3/2006 11.19.44 Visite: 117
La relazione di coppia Desiderio e amore Il desiderio di vicinanza sessuale, emotiva e intellettuale costituisce la base dell'innamoramento; il piacere derivante dalla soddisfazione di questi vari aspetti del desiderio di vicinanza rende il rapporto intenso. Ciò però si verifica nella misura in cui il desiderio in questione è libero da implicazioni infantili. Fa molta differenza se una persona trova con il/la partner una profonda armonia nel modo di sentire e concepire la vita o se considera l'altra persona come un mezzo per sentirsi apprezzato/a dagli altri. Fa anche molta differenza se una persona desidera fisicamente "quella persona" oppure se desidera "averla con sé", "averne il controllo", "considerarla come un sostegno". Senza il desiderio sessuale una relazione di coppia non ha ragion d'essere e questo vale anche se per molte coppie il desiderio sessuale caratterizza solo la fase dell'innamoramento o già fin dall'inizio ha poco peso. L'assenza di desiderio rende il rapporto privo di intensità ed esso, in questo caso, trae vigore da istanze alternative quali l'aspirazione ad una simbiosi compensativa o un insieme vago ed eterogeneo di pretese, ottimismo e rancore. Amiamo una persona in quanto riconosciamo il valore del suo esistere indipendentemente da quello che tale persona ci può dare. E' piacevole amare, ma non si trae questo piacere dalla persona amata; tale particolare piacere dipende dalla "apertura di cuore e di mente" della persona che ama. Il piacere dell'amore è contemplativo ed il rapporto d'amore è incondizionato e gratuito. Si può amare riconoscendo realisticamente ogni limite della persona amata proprio perché l'atteggiamento di fondo non è possessivo. Le manifestazioni emotive e comportamentali derivanti dall'amore e quelle derivanti dal desiderio adulto riflettono atteggiamenti molto diversi ma non incompatibili; entrambe comunque escludono forme difensive, illusorie e irrazionali di attaccamento. Quando l'amore ed il desiderio si integrano e si sovrappongono rendono solida una relazione di coppia. Fiducia Se un rapporto è fondato su premesse e su aspettative non realistiche, produce facilmente il timore che esso non si sviluppi e non si consolidi nel tempo. Per questo, gli atteggiamenti nevrotici che rendono superficiali i rapporti esasperano spesso anche il timore di una separazione. Tale timore può manifestarsi con varie forme di gelosia, con manifestazioni esasperate di accondiscendenza, o anche con la negazione del coinvolgimento personale. Il timore di venire abbandonati dal/dalla partner si basa spesso su convinzioni irrazionali abbastanza comuni: a) la convinzione di dover essere prima o poi in qualche misura respinti, dato che gli altri (anche quelli che ci amano) sono fondamentalmente "sbagliati", inaffidabili, egoisti; b) la convinzione di dover essere prima o poi in qualche misura respinti, dato che noi siamo "sbagliati", non amabili, non veramente accettabili; c) la convinzione di doverci meritare l'amore e di poter fallire in tale impresa. Queste convinzioni, sono fondamentalmente ottimistiche e rassicuranti anche se fanno "star male". Esse producono una pena, a volte anche devastante, ma superficiale. Derivano da visioni della realtà costruite nell'infanzia che consentirono di non accettare un rifiuto (allora) intollerabile. Nel primo caso la persona assume un atteggiamento di superiorità con il quale rovescia una situazione originaria nella quale sentiva di essere vulnerabile e respinta. Ridefinendosi in una posizione "forte" (genitoriale) rispetto agli altri (ed al/alla partner) concepisce la possibilità di un nuovo abbandono come un errore altrui anziché come una semplice e reale perdita. Nel secondo caso, l'autosvalutazione di fondo ha le sue origini in un'epoca in cui la persona in questione veniva svalutata dalla madre e non poteva tollerare l'idea che la madre sbagliasse; preferiva quindi accettare il disprezzo salvando la sensazione (illusoria, ma rassicurante) di essere comunque protetta perché intimamente compresa o "riconosciuta". La persona che si svaluta ovviamente teme essere abbandonata, ma inquadra tale eventualità in una visione delle cose in cui ciò ha un senso. Si prepara ad affliggersi ed a disprezzarsi, ma non rischia di sentire il semplice dolore di un rifiuto. Nel terzo caso, la persona nega la propria impotenza rispetto ad un'eventuale perdita entrando in uno stato d'ansia. L'ansia esclude il dolore perché implica una speranza. Le persone che manifestano questo atteggiamento difensivo sono già state respinte, ma hanno evitato il dolore della perdita colpevolizzandosi per qualche ipotetico "errore" commesso. Finché la relazione va bene non provano gioia, ma ansia ("cosa posso fare ora?") e se la relazione finisce non provano dolore, ma senso di colpa ("ho sbagliato qualcosa"). Di fatto, usano la relazione adulta per "non ricordare" il rifiuto già subito nell'infanzia e mai accettato. Si angosciano pensando di poter e dover controllare l'amore altrui. Confondendo il piano dell'amore e quello della stima, si illudono di poter "meritare" l'amore degli altri e vivendo nell'inquietudine si proteggono dal dolore. La loro filosofia di vita ovviamente cozza col fatto che persone più che stimabili siano state odiate o addirittura uccise. Se funzioniamo da adulti, conviviamo quotidianamente col dolore di sapere che sicuramente qualche disgrazia prima o poi ci colpirà: se non una separazione, una malattia, un incidente e comunque la morte. La sentita accettazione della fragilità individuale, il dolore di non avere il controllo di tutto, di essere limitati, destinati alla perdita di tutto, rende profonda e tragica la percezione della nostra vita. Ciò non rende la nostra vita "brutta", ma "bellissima e terribile", quindi intensa e preziosa. Ciò rende particolarmente preziosa anche la relazione di coppia. In assenza di atteggiamenti difensivi è possibile la fiducia. La fiducia non ha niente a che fare con l'ottimismo cieco; essa implica l'accettazione del fatto che la relazione possa anche interrompersi, ma implica anche il riconoscimento del fatto che il piacere e l'amore rendano solida e molto significativa l'intimità raggiunta. La fiducia si basa sulla conoscenza realistica del/della partner e dei suoi sentimenti, sull'apprezzamento delle sue qualità e sulla serena accettazione dei suoi limiti. Tali elementi permettono di considerare ragionevolmente basse le possibilità di un fallimento del rapporto e fanno pensare che tale rapporto meriti di essere vissuto intensamente finché potrà durare. Ovviamente, la fiducia alimenta un circolo virtuoso perché fornisce ad entrambi i membri della coppia continue conferme sul piano dell'amore e su quello della stima. In un clima di fiducia, le qualità migliori delle persone coinvolte in un rapporto di coppia trovano un buon terreno per emergere. Rispetto Nella relazione di coppia il rispetto risulta dal riconoscimento del/della partner come persona e quindi come presenza assolutamente preziosa. Il rispetto rende importante ciò che l'altra persona sente o si aspetta. La benevolenza dell'amore sfuma nella considerazione rispettosa dell'altra persona. Per dare importanza ai desideri ed alle emozioni dell'altra persona non si deve necessariamente dare poca importanza ai propri desideri ed alle proprie emozioni. Il rispetto esclude la svalutazione dei comportamenti e degli atteggiamenti del/della partner, perché porta a considerarli come il risultato di aspetti interiori delicati e significativi. Mentre quando non amiamo gli altri siamo interessati solo a ciò che fanno e tendiamo a squalificare ciò che interferisce con i nostri interessi, quando amiamo teniamo conto del fatto che anche gli errori degli altri sono un fatto "personale". Sarebbe auspicabile un atteggiamento amorevole generalizzato a tutti i nostri simili, ma sicuramente il rispetto per la persona, per ciò che fa e sente, costituisce un requisito indispensabile in un rapporto di coppia. Il rispetto è purtroppo spesso carente nei rapporti di coppia perché normalmente il cemento delle unioni è costituito dalla complicità nel mantenimento di illusioni rassicuranti. In questi casi il/la partner non solo è investito/a di un ruolo irreale (che non ha nulla a che fare con la sua effettiva realtà di persona), ma risulta prima o poi deludente rispetto alle aspettative e quindi viene in modo più o meno cosciente svalutato. Disponibilità La disponibilità a fare sacrifici per la persona amata non è così scontata nelle relazioni di coppia, ma è almeno ritenuta quasi sempre un atteggiamento auspicabile. Tuttavia, le persone più che sentirsi disponibili ad aver cura del/della partner sentono a volte una sorta di bisogno di proteggerlo/a. In altri casi sentono più che altro di avere dei doveri. La disponibilità adulta verso il/la partner non ha però nulla a che fare con gli impulsi irrefrenabili all'accudimento e nemmeno con i doveri. Molte persone che hanno sepolto dietro una maschera genitoriale la loro (dolorosa) dipendenza dai genitori sentono una vera e propria necessità di adoperarsi per gli altri (e non solo in una relazione di coppia), pur di non sentirsi dipendenti, limitati o fragili. In questi casi la generosità manifestata, anche se si rivela a volte utile sul piano pratico, costituisce una manipolazione. In certe coppie una delle due persone fa tutto, si occupa di tutto, accontenta in tutto il/la partner e si trova bene in questo ruolo proprio perché ha il terrore di sentirsi dipendente e quindi potenzialmente frustrata. Ovviamente il/la partner ideale per questo tipo di persona ha rinunciato ad esprimersi su un piano adulto e deve vivere più o meno la vita di un bebé. Entrambe le persone pagano un prezzo per il mantenimento dei loro ruoli: una delle due rinuncia ad avere desideri e l'altra rinuncia alla sua autonomia di base. Ciò in genere, anche se viene inconsapevolmente accettato, alimenta un senso di insoddisfazione profonda ed un'ostilità trattenuta ma comunque distruttiva. In un rapporto adulto, la disponibilità equivale semplicemente all'accettazione di eventuali rinunce per il bene di un'altra persona o/e per il bene della relazione. Ci si sacrifica dunque non perché si vede il/la partner come il membro debole della coppia ma perché in una particolare situazione egli/ella ha effettivamente bisogno di aiuto. Su un piano adulto non c'è alcun "piacere" immediato nel dare aiuto o nel fare rinunce. Il piacere sta nel poter costatare gli effetti positivi di ciò che si è fatto per la persona amata o/e per la relazione di coppia. Se si dà in modo autentico, non si soffoca la consapevolezza del proprio desiderio di ricevere. Le persone che in una coppia funzionano su un piano adulto sono quindi facilmente molto sollecite l'una verso l'altra, ma concepiscono tale sollecitudine su un piano di reciprocità e non fanno confusione fra esigenze comprensibili del/della partner e capricci infantili. Quando una persona non sente il desiderio di occuparsi del bene del/della partner, ma pretende di ricevere cure e attenzioni, percepisce il/la partner come un genitore. Quando invece una persona sente costantemente l'impulso ad occuparsi del/della partner, assumendo un ruolo genitoriale, non sta cercando il bene reale del/della partner, ma un bene illusorio per sé. Anche il doverismo non costituisce un'espressione di coinvolgimento con il/la partner. Riconosciamo di avere dei doveri che la legge ci impone e che le autorità competenti cercano di far rispettare, ma troviamo umiliante ed offensivo essere aiutati o sostenuti da una persona cara se questa mostra di agire solo "per dovere". Il senso del dovere non ha realmente spazio in una relazione interpersonale intima, perché riguarda più che altro il rapporto di una persona con se stessa e/o con qualche autorità. Quando sentiamo il dovere di fare qualcosa per qualcuno sentiamo di approvare un certo nostro comportamento e di disapprovare un comportamento opposto, quindi ci occupiamo fondamentalmente di noi stessi. In altri casi sentiamo di dover agire in un certo modo per non essere penalizzati. E' abbastanza chiaro che questi due modi di sentirsi obbligati verso una persona non qualificano la relazione con quella persona come "relazione intima", basata sul coinvolgimento emozionale e/o sull'amore. In una relazione adulta non si sente il "bisogno" di ricevere e non si sente nemmeno il "bisogno" di dare. Non si considera nemmeno il/la partner come un individuo che ci coinvolge sul piano dei diritti e dei doveri. Si sente il desiderio di ricevere affetto, amore, vicinanza, aiuto, piacere e si sente anche un'incondizionata disponibilità a dare le stesse cose all'altra persona. Impegno nella costruzione del rapporto Voglio considerare ora gli atteggiamenti "costruttivi" in una relazione di coppia riferendomi a ciò che viene fatto per rendere più solido e positivo il rapporto. Spesso le persone temono inconsciamente che la loro relazione funzioni bene e quindi, con qualche pretesto o accusandosi di qualche "debolezza", rovinano ciò che consapevolmente vorrebbero sviluppare. La "debolezza" in realtà non c'entra niente. Chi usa questo termine non si prende la responsabilità di una scelta e non riconosce le ragioni (profonde) di tale scelta. Tutti siamo deboli, ma anche nei limiti delle nostre capacità agiamo comunque per costruire oppure per distruggere. Il desiderio di contribuire alla solidità del rapporto facendo tutto il possibile per mantenerlo stabile (e quindi per favorire il proprio piacere e quello del/della partner) e cercando di sviluppare tutte le potenzialità dell'unione, può sembrare un desiderio ovvio, ma gli atteggiamenti difensivi rendono tutt'altro che ovvio l'impegno per la costruzione di un buon rapporto. In molti casi le persone preferiscono inseguire dei sogni piuttosto che impegnarsi in una relazione e anche se questa manifesta buone potenzialità sul piano della realtà, risulta inevitabilmente scadente rispetto alla "favola". In tali casi le persone perdono la motivazione ad impegnarsi costruttivamente nel rapporto. In altri casi le persone temono (anche se ciò può sembrare bizzarro) di essere felici o almeno più felici dei genitori. Se ad esempio una donna vive all'ombra di un maschio pieno di difetti e prepotente sentendosi sfortunata per la vita che "deve condurre", probabilmente trova in questo modo un senso di complicità e di vicinanza con la madre che si era sempre lamentata del marito; tale vicinanza può essere solo "mentale" o può tradursi in una complicità espressa in lunghe chiacchierate con la madre; questa è una forma decisamente misera di intimità, ma può essere l'unica vicinanza possibile. Anche un uomo può trovare una compagna con gli stessi atteggiamenti che il padre "subiva" stando con la moglie, e in tal modo può sentirsi "vicino" a lui, non potendo essergli vicino realmente in modi più diretti e soddisfacenti. Se nell'infanzia l'unico rapporto possibile con un genitore si riduceva alla complicità nel suo vittimismo, la realizzazione di una relazione soddisfacente può essere sentita come un allontanamento dall'orizzonte mentale della famiglia di provenienza. Su un piano di realtà non è certo terribile vivere una buona vita anche se i genitori non si sono costruiti tale possibilità; la cosa può però risultare inaccettabile se ci si sente ancora legati emotivamente all'infanzia ed alle figure genitoriali e non ci si sente veramente impegnati nel presente. Altre volte può essere attivo un "copione di vita" classificabile come "copione da perdente". Le persone che per la loro sopravvivenza psicologica nell'infanzia si sono definite come perdenti (perché desideravano essere almeno compatite o criticate dato che non potevano sentirsi apprezzate), tendono a fallire in tutti gli ambiti, da quello dello studio a quello del lavoro a quello della vita sociale e trovano quindi il modo di fallire anche nella vita sentimentale. Tendono ad innamorarsi di persone distruttive o inaffidabili, ma anche se hanno la "sfortuna" di trovare un/una partner decisamente "a posto" trovano il modo di rovinare la relazione. Se una persona sa e sente di essere preziosa, come tutte le altre, evita accuratamente di iniziare una relazione con un/una partner distruttivo/a e una volta stabilito un legame ha cura della propria felicità, di quella del/della partner e di eventuali figli. Le piccole cose quotidiane e le grandi scelte di vita contribuiscono a rendere il rapporto un ambito in cui sentirsi "a casa" oppure uno spazio ristretto e soffocante. Piccole e grandi decisioni sono anche determinanti nel sollecitare il/la partner ad esprimere il meglio o il peggio di sé. Se una persona è consapevole di contribuire con la costruzione di un buon rapporto di coppia all'intero piano della propria vita ed a quello del/della partner e se sente che ognuna delle due esistenze in questione è unica, irripetibile e preziosissima, può solo aver cura a qualsiasi costo della relazione. Strutturazione del tempo e creatività La strutturazione del tempo è uno dei più significativi banchi di prova della capacità di funzionare in modo adulto. Si può infatti affermare "dimmi come passi il tempo e ti dirò chi sei", perché le chiusure emotive come le aperture emotive, le propensioni all'inseguimento di illusioni come l'aderenza alla realtà, le immagini irrealistiche come quelle realistiche di sé, si traducono in una precisa tendenza a realizzare nel tempo una particolarissima esistenza. Tuttavia, l'analisi della strutturazione del tempo individuale risulta spesso difficile per il fatto che i modi irrazionali di strutturare il tempo sono così comuni che qualsiasi osservazione cozza contro una barriera di obiezioni e razionalizzazioni, tra le quali l'osservazione secondo cui quel particolare modo di vivere non può essere considerato difensivo dato che è assolutamente normale. Resta però il fatto che le persone vivono per esprimersi o per nascondersi, per conoscere o per dimenticare, per costruire o per distruggere, per "spendersi" o per "riempirsi", per esprimere creatività o per passare il tempo. Non userò il termine "creatività" per indicare l'espressione di particolari competenze intellettuali o artistiche, ma per indicare un atteggiamento fattivo piuttosto che dispersivo nella vita, per descrivere la propensione a strutturare il tempo facendo cose ritenute significative piuttosto che cercando semplici distrazioni. La dimensione del fare è, nell'accezione qui suggerita, riconducibile a quella dell'amare e dell'aver cura di ciò che si ama, e quindi non riguarda tanto ciò che si fa ma il significato che si dà al proprio agire. Il fare, cioè, non è in tal senso questione di efficienza ma di apertura alla vita ed agli altri, perché quando ci si impegna in qualche ambito per doverismo, per sentirsi approvati o per non annoiarsi si può anche essere di qualche utilità, ma non ci si espande e non ci si esprime. Anche persone molto impegnate sul piano sociale, intellettuale o nei confronti di altre persone hanno necessariamente momenti di ozio, svago, riposo. Anche persone molto superficiali ogni tanto fanno cose utili, creative, costruttive. Quando un uomo ed una donna si legano in una relazione di coppia determinano anche un'atmosfera condivisa in cui prevale la dimensione del fare o quella del passare il tempo. La prevalenza di una delle due dimensioni non dipende fondamentalmente da convinzioni morali o da caratteristiche intellettuali, ma da aspetti emozionali. Quando la dimensione del "passare il tempo" prevale su quella del "fare", il rapporto perde il suo radicamento nella realtà e non funziona su un piano adulto. Certe persone vivono la vita come un'avventura, con curiosità, interesse, disponibilità all'impegno, voglia di esprimere le loro potenzialità individuali ed altre la vivono come un'eterna attesa di qualcosa di esterno che "le faccia sentire bene". Nel secondo caso vivono essenzialmente per ottenere gratificazioni percepite come necessarie e, nell'attesa, cercano soprattutto di distrarsi, di fare in modo che il tempo non scorra troppo lentamente. Tale modello di vita ricalca quello della prima infanzia, in cui il bambino non ha un vero "rapporto con se stesso" e non intende costruire nulla. Lasciato a sé non ha molto da fare se non passare il tempo (distrarsi) o sentirsi male, a meno che non che arrivi dalla figura genitoriale uno sguardo, una carezza o una qualsiasi sollecitazione che modifichi il suo stato d'animo. I bambini piccoli hanno un vero bisogno di sostegno per arrivare (in seguito) a sentirsi bene interiormente. Un adulto non nevroticamente aggrappato ad atteggiamenti infantili sta sempre bene con se stesso, anche nelle circostanze più difficili, frustranti e dolorose. Ciò significa che se un adulto non spreca risorse nel distrarsi, passare il tempo, attendere qualche "sostegno", ha tutta l'energia disponibile per esprimersi, manifestare le sue capacità, contribuire al bene di tutto ciò che ama; infatti una persona che sta bene con se stessa ha facilmente interesse, amore e cura per molte cose. Forse non amerà tutta l'umanità, forse non avrà interessi intellettualmente complessi, ma avrà voglia di "fare cose buone" negli ambiti in cui sente di potersi esprimere ed in cui trova persone e cose preziose di cui aver cura. Sul piano psicologico non ha importanza che una persona metta la sua creatività nello studio o nello sport, nella politica o nella famiglia, nei rapporti con i suoi simili o in quelli con gli animali, nell'arte o nel lavoro. Conta che viva per costruire una buona vita, per spendere la sua energia, per manifestare i suoi talenti. Se la persona ha un rapporto amichevole con sé (grazie a ciò che ha ricevuto nell'infanzia o a ciò che ha chiarito ed accettato in un percorso analitico) ha voglia di spendere la sua vita e non si sente di vegetare in attesa che qualcuno "carichi le sue pile" (che comunque sono già cariche). Di fatto, in genere le persone vivono vite noiose e stereotipate, che invano cercano di riempire con le scampagnate del ponte pasquale, con le vacanze estive, col panettone natalizio, con la TV, con la voglia di parlare, parlare, parlare di niente. Ci sono poi persone molto impegnate in vari ambiti che però sembrano più ostinate a dimostrare qualcosa che interessate a fare ciò che fanno. Si tratta di persone che se hanno scelto ambiti validi di impegno sono a volte socialmente utili, ma mai umanamente raggiungibili: di fatto usano ambiti adulti di impegno per realizzare il sogno infantile di sentirsi importanti e per ciò (illusoriamente) accettabili. Quando invece una persona è in pace con se stessa, ha voglia di fare cose buone, per sé e per le persone amate, tra cui sicuramente il/la partner; desidera poi condividere con il/la partner qualche aspetto del suo impegno nella realtà esterna. Anche in tale dimensione di coppia non ha molta importanza sul piano psicologico se le persone risultano impegnate intellettualmente, socialmente o in ambiti più circoscritti come ad esempio l'interesse per la casa, per gli animali domestici o per i figli. Ciò che conta su tale piano è la dimensione creativa dell'impegno. Quando tale dimensione è vissuta, i momenti di distrazione, di svago sono "rigeneranti", complementari ed anche necessari, ma non sono l'obiettivo primario e non vengono sentiti come una necessaria fuga dalla noia quotidiana. Sulla questione dei figli vale la pena di fare una digressione, poiché l'apertura alla maternità ed alla paternità costituisce la più ovvia "apertura creativa" della coppia. In realtà, purtroppo, la procreazione costituisce in genere una grande occasione per trasferire illusioni ed atteggiamenti distruttivi dal/dalla partner ai figli. Tra gli atteggiamenti personali che comportano sicuramente gravi limiti nella capacità di aver cura dei figli hanno sicuramente una notevole importanza la leggerezza nella decisione di procreare e la sensazione di aver "bisogno" di fare figli. Molte persone si espongono alla possibilità di determinare una gravidanza facendo sesso senza anticoncezionali o utilizzando "anticoncezionali impropri" (il calendario o il coito interrotto). Consapevolmente possono anche semplicemente pensare che "probabilmente andrà tutto bene", ma da qualche parte ritengono o che un'eventuale interruzione della gravidanza non sia traumatica almeno per la donna o che l'eventuale nascita di un figlio possa essere gestita in modo accettabile anche se la relazione di coppia è molto fragile. In certi casi confuse idee religiose secondo cui il sesso dovrebbe esprimersi solo con un'apertura alla procreazione producono inevitabili "conseguenze" in coppie già formate, ma non in grado di aver sufficiente cura di un figlio o di un altro figlio. Non solo il fatto di procreare irresponsabilmente comporta conseguenze psicologiche devastanti quando la famiglia cresce nel momento sbagliato, ma costituisce già all'inizio l'espressione di una visione riduttiva della relazione di coppia e delle eventuali responsabilità genitoriali. Un altro problema riguardante l'esperienza della maternità e della paternità, spesso sottovalutato, sembra apparentemente un eccesso nella direzione opposta, mentre costituisce solo l'altra faccia della stessa medaglia. Gli adulti (e in questo caso soprattutto le donne) che sentono una specie di bisogno irrefrenabile di far figli non sono in contatto con l'ovvia realtà in base a cui il nascituro sarà una persona e non una soluzione per i problemi emotivi irrisolti dei genitori. Il cosiddetto "amore per i figli" sentito con intenso struggimento prima del lieto evento è in realtà irrazionale, poiché non si può amare una persona che ancora non si conosce e in questi casi si ama semplicemente un'idea. Il problema è grave, perché nascerà sicuramente una persona meravigliosa, ma reale, che inevitabilmente non sarà mai all'altezza delle aspettative (irrealistiche) dei genitori. Contribuire consapevolmente alla nascita di un nuovo essere umano comporta l'accettazione del fatto che avrà bisogno di tutto e non darà in cambio nulla tranne la meraviglia del suo esserci. I figli non possono servire a dare senso alla vita delle persone che non trovano un senso alla loro vita, non possono dare "compagnia" alle persone che si sentono sole, non possono riempire alcun vuoto. Non possono nemmeno tenere unite delle coppie che vacillano. L'idea di appoggiarsi psicologicamente ai figli è semplicemente stupida, ma è, tra le idee irragionevoli, infantili e nevrotiche, una delle più diffuse e meno comprese. Si parla di "sensibilità materna" a proposito di donne insoddisfatte e confuse che vogliono "realizzarsi" con la maternità e si prendono sul serio coppie che ricorrono a complicati ed artificiosi procedimenti per avere a tutti i costi dei figli anche quando l'età o altre condizioni non sono ottimali per il nascituro. Il fatto è che quando si sente il bisogno di far figli sarebbe meglio cercare un analista piuttosto che procreare. Sarebbe opportuno che procreassero solo le coppie formate da persone "disponibili" a ciò, ma non caparbiamente fissate sull'idea di riempire la loro vita appoggiandosi sulle spalle di chi ha invece bisogno di tutto l'appoggio possibile. "Disponibilità" e "apertura" sono termini che escludono sensazioni di bisogno e che presuppongono un senso di pienezza personale e di realizzazione individuale e di coppia. Se le persone unite in una relazione di coppia funzionano in modo adulto possono in certe condizioni trovare bella l'idea di contribuire assieme alla nascita ed alla crescita di una nuova persona a cui dare tutto senza pretendere nulla, salvo essere testimoni della sua crescita. In genere non è così, ma quando è così i genitori, pur non ottenendo "gratificazioni" possono sperimentare una felicità profonda e rendere felici i figli. In tale eventualità l'esperienza della maternità o della paternità dilata la dimensione del "fare cose assieme" e non costituisce un tentativo di compensare mancanze. Il desiderio di fare è presente nel momento in cui si accetta di non poter soddisfare bisogni infantili. E' presente se non si vive per cercare sicurezza, sostegno, accettazione, ma se si vive per vivere, per esprimere una ricchezza interiore che si sente solida e preziosa. A queste condizioni la partecipazione alla relazione di coppia e l'impegno nel fare cose buone in una vita condivisa con il/la partner risultano semplicemente un'espressione dell'essere vivi e adulti. Se non si ha alle spalle un'infanzia serena (o se non si sono accettati e superati in un percorso analitico i vissuti dolorosi del passato) si affronta la vita "con la bocca" anziché "col cuore": si vive per ricevere ciò che non è ottenibile anziché per fare ciò che è possibile. COME CONQUISTARE UNA DONNA ------------------------ 1. Riempila di complimenti 2. Rispettala 3. Trattala con onore 4. Falle le coccole 5. Baciala appassionatamente 6. Accarezzala 7. Amala con tutto te stesso 8. Ascoltala con attenzione 9. Stuzzicala 10. Consolala 11. Proteggila 12. Stringila a te 13. Fai di tutto per tenerla 14. Spendi soldi per lei 15. Riempile sempre il bicchiere di vino 16. Circondala di gioielli 17. Falla sentire sempre sicura 18. Preoccupati per lei 19. Stalle vicino 20. Sostienila sempre 21. Vai fino in capo al mondo per lei COME CONQUISTARE UN UOMO ------------------------ 1. Mostrati nuda 2. Impara a cucinare bene ! PS. TU pensavi fosse facile? diceva mio nonno: pè fà e ZEPPOLE.... e che ce vò! É necessario conoscere il punto dove bisogna fermarsi,il punto al quale arrivare. Conoscendolo,si ha la tranquillità. Avendo la tranquillità,si ottiene la pace. Ottenendo la pace,si possono prendere le decisioni.Potendo prendere le decisioni, si può agire |