Nick: azad Oggetto: Un mio articolo Data: 11/3/2006 18.11.13 Visite: 136
"Se la violenza è un gioco" (rubrica "Costume & Società") di Marco Del Prete Per la maggior parte degli adolescenti di oggi la parola d’ordine da correlare al tempo libero sembra essere sempre di più: "videogame". Il virtuale impazza ovunque assumendo sembianze simili al reale. Ma cosa si nasconde dietro a questo "fantastico" mondo virtuale con i suoi contenuti e i suoi linguaggi? L’interattività è la caratteristica essenziale per gli attuali videogiochi; essi sono concepiti per animarsi e vivere in funzione di ciò che il protagonista-giocatore farà, delle scelte che farà. E’ un mondo virtuale che avvolge, in cui ci si immerge totalmente. Ma se da una parte alcune ricerche scientifiche ci forniscono un quadro preoccupante di questi fenomeni, altre parlano addirittura di un effetto positivo dei videogiochi sulla psicologia dei ragazzi, sottolineando come l’interattività chiami in causa le capacità di riflettere e di decidere. Detto questo, però, non è affatto scontato che un bambino o un adolescente posseggano l’equilibrio adeguato a distinguere tra ciò che è consentito in un mondo fantastico-virtuale, e ciò che è bene nella realtà. Ci sono alcuni giochi che propongono atteggiamenti e modelli che non sono accettabili in nessuna situazione, né immaginaria, né reale. Non esiste una dimostrazione certa del legame tra i videogiochi e il comportamento violento di chi ne usufruisce, ciò nonostante, esiste il grave rischio di creare una certa insensibilità alla violenza. In una recente analisi di 50 videogiochi pubblicata dalla sezione spagnola di Amnesty International, è risultato che più della metà di questi giochi incitano alla violazione dei diritti umani. Fenomeni come assassini, stupri, schiavitù, torture e sterminio di civili in zone di guerra, sono stati riscontrati come elementi frequenti in questi prodotti. E’ chiaro che chi produce e vende videogame è più attento e interessato ai risvolti commerciali che a quelli culturali ed educativi. E’ inoltre evidente che il problema dei contenuti diseducativi non nasce con i videogiochi ma riguarda tutti i mezzi di comunicazione. Allora tutto questo ci porta a formulare una domanda cruciale: è oggi possibile e opportuno concepire e adottare metodi di censura preventiva in famiglia? La risposta non è del tutto semplice non soltanto perché basta andare a casa di un amico per trovare il "famoso videogioco" che in famiglia viene proibito, ma soprattutto perché i media interattivi sono invadenti a un livello capillare finora sconosciuto. Attraverso i meandri di internet è poi possibile trovare e vedere di tutto senza alcun limite, compresi i trailer dei videogame di tendenza, e spegnere la rete o controllare l’accesso non è sufficiente quando esistono giochi rappresentati con mondi virtuali infidi e aggressivi. Destano perplessità quei genitori che non si preoccupano che il loro figlio minorenne abbia in mano un gioco consigliato ai maggiorenni; ma ancora di più ne destano quei genitori che credono di risolvere il tutto con una proibizione formale, senza entrare nel merito di ciò che il loro figlio vorrebbe fare o vedere, e senza preoccuparsi di dialogare abitualmente con lui. Si può compiere un passo in più: guardare assieme il gioco in questione, scegliere assieme e decidere di comune accordo scartando questo o quel gioco per passare, possibilmente, a un altro più interessante e positivo. Dunque in un mondo che consente sempre meno di sottrarsi all’aggressione di un fuori violento, la risposta efficace, forse l’unica è di andare fuori "insieme" mettendo a confronto le scoperte, le esperienze e le emozioni. "Progetto Uomo" n°15 - annoII Gennaio 2006 ....e voi che ne pensate? Non piangere se non puoi vedere il sole perchè le lacrime ti impediranno di vedere le stelle. |