Nick: mir Oggetto: . Data: 20/3/2006 21.11.30 Visite: 133
Ho letto da qualche parte che in America i padroni di animali domestici morti spendono cifre incredibili per farseli clonare. Come se si potesse clonare l'affetto, i momenti trascorsi assieme, le abitudini. Immaginavo una sua applicazione umana. Lei mi lascia ma io ne ho conservato un capello (anche l'abbandono è un lutto). Me la faccio clonare e me la porto a casa. Sai che fregatura se dopo un po' anche il clone mi lascia. Vabbè. Quando parlo di morte con gli altri ho due tipi di reazioni. La prima reazione è del tipo: "Che me ne frega, tanto non ci sarò più". Ok. E' condivisibile ma mi sembra il comportamento di chi non rifletta troppo sullo stato "non esistenza". Il pensiero dello stato "non esistenza" rientra in quegli ingrippi mentali tipo "l'universo è infinito". Cosa cacchio significa "infinito"? Un ingegnere napoletano mi parlava di energia connessa, entropia e speranza. "Speranza?" dicevo io. "Eh! Speranza. Chella che te puort sempre appress e te fa verè chell ca nun c'è". La seconda reazione è fastidio. Questi fanno finta di niente. Per loro la vita è un solco dritto e non si guarda ai lati o avanti (quanto?). Chi gli parla di un contrattempo come la morte è un disfattista. Perdonate il fastidio. Allora questo pensiero è una accidente solo personale. Così com'è personale aver ricevuto affetto, aver trascorso del prezioso tempo assieme. E' personale vivere, amare, sbagliare, imparare, migliorare. E' personale vedere qualcuno che se ne va. E' MOLTO personale restare qui.
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