Nick: LaNdel10 Oggetto: curve nella memoria Data: 29/3/2006 13.44.16 Visite: 181
1983 è una canzone di Lucio Dalla, quando l’ascolto mi ricorda l’odore delle marlboro rosse morbide 100’s, evaporate a suon di boccate, in uno stanzino che dividevo con altri due amici. Fu lì che fumai l’hashish per la prima volta e fu lì che mi contagiai di un fare prezioso di cui oggi non potrei farne a meno: la lettura. I primi libri che acquistammo costituivano la prima collana di saggi, con uscita settimanale, allegata a laRepubblica. Le pagine di "Opinioni di un clown" mi presero per mano e mi spinsero un po’ più in là di ciò che fino a quel momento ero stato, me lo ricordo ancora quel racconto. "Ottantatre sei lì come uno specchio, ci fai sentire diversi e nessuno sa perché" , era vero: ci sentivamo diversi. Avevamo un fondo cassa per il fumo, le marlboro 100’s e i libri, un frigo con tre birre sempre fredde e una radio "a diesel" che macinava chilometri di nastro non molto desiderosa di soddisfare il nostro udito: era necessario incastrare un fiammifero "svedese" sul tasto play perché gli ingranaggi avviassero il loro moto. Il latoB iniziava con Silvie, "oh Silvie Silvie…". Mario, Marco e Diego. Mario che si è sposato a ventitre anni perché "ha fatto il guaio" e che da dieci anni distribuisce lettere, ogni giorno, alla stessa ora, alle stesse persone che ormai conosce come fossero parte della sua famiglia, quando chiama "per firmare" lui anticipa:"Questa scende coi bigodini", "Quest’altra manda la figlia piccola", "Quello è pensionato, ha un cardigan granata che puzza di naftalina". Una volta ci dividemmo il suo lavoro, così da poterci sedere al tavolo di un bar con più calma e per più tempo; che impressione vedere lo smarrimento nelle facce della gente quando si accorgono che gli hanno cambiato il postino. Immaginai anche il sospiro di sollievo del giorno dopo quando alla loro buca si sarebbe ripresentato Mario. Marco è commercialista, ora ha lo studio del padre tutto per sé. Ieri sono passato da lui per un saluto dopo molto tempo, l’ho trovato dietro colonne di fascicoli e torri di moduli. Non gli piaceva il mestiere del padre ma oggi è alla sua stessa scrivania Gli ho chiesto come abbia fatto a "farselo piacere", ha alzato le spalle, ha guardato il soffitto e la sua risposta è stata un sospiro. Marco nel suo ufficio sembra Asterix nel palazzo della burocrazia. Ero sulla soglia in procinto di uscire quando rammaricato mi ha detto che suo padre "ha dato via lo stanzino". Cazzo, lo stanzino no! Lo stanzino era "nostro" ma lui (suo padre) non lo sapeva, lo stanzino era dell’83, nasceva nell’83 insieme a noi. Lui mi fa:"Ti ricordi l’ultima volta che siamo stati lì io, tu e Mario?". E chi se lo dimentica più, era la sera prima che io partissi per Bilbao, per il mio Erasmus in Spagna. Fumammo, la radio non funzionava più neanche con il fiammifero, ero eccitato dagli eventi e manco vi davo retta più di tanto. Bilbao. Cosa mi hai fatto ricordare Mario… Bilbao è una città che non t’aspetti, una città che, prima di partire, tutti mi dicevano essere bellissima, allora io me l’aspettavo bella, ma Bilbao non è solo bella, Bilbao non la si può spiegare ma chi la conosce non può fare a meno di provare a spiegarla. Oggi, dopo tanti anni, direi che Bilbao "è basca", punto. A me basterebbe solo questa definizione per capire di cosa si parla ma mi rendo conto che, per chi i baschi li conosce solo per le bombe, è insignificante dire che una città "è basca". I baschi adorano le loro città come fossero le loro mogli e i loro mariti. I baschi parlano il loro dialetto senza mai avere un minimo di imbarazzo, puoi leggere la fierezza nei loro occhi. Dopo cinque mesi avevo imparato più il basco che lo spagnolo, molto simili ma diversi. Ero uno di loro, loro mi fecero sentire così. Sono gente perbene i baschi. Bilbao ha sempre qualcosa da offrirti, non ti lascia mai a bocca asciutta, Bilbao si lascia volere bene perché non ti esclude, ti chiede di entrare in quel quadro di colori di cui ama vestirsi. Chi vive Bilbao non la dimentica più. Quando, anni dopo, vissi per qualche mese a Valencia per il progetto Leonardo, nutrivo le stesse aspettative, ma Valencia non è basca; oggi direi che è una città che vive sempre con l’ultima generazione. A Valencia sei in Europa come a Bruxelles. Le ragazze valenciane sanno già tutto e troppo spesso nutrono indifferenza per l’aspetto più remoto e nascosto delle cose. Questa però è un’altra storia, io parlavo di "1983", una canzone di Lucio Dalla che mi proiettava in un futuro al di fuori di uno stanzino pieno di fumo e libri, e che oggi, con la stessa forza, mi riporta a ventitre anni fa, con tanta nostalgia ma con non poca soddisfazione di ciò che è stato di me in tutto questo tempo. Ogni tanto è bello visitare "angoli del presente che fortunatamente diventeranno curve nella memoria, quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria". Questa,però, è un’altra canzone. Ti scrivo caro fiore che qui non nevica e non piove che sono sveglio da più di un'ora anche se giorno non è |