Nick: harding Oggetto: tac! Data: 6/12/2003 15.8.32 Visite: 109
Pioveva forte quella notte. Pioveva come se non avesse dovuto mai finire. Le gocce d'acqua erano un unico continuo martello sulle lamiere delle auto parcheggiate ai lati della strada. Un rombo che saliva dalla strada e che copriva ogni rumore. Copriva anche il lamento che veniva dal portabagagli della Punto rossa messa un po' di traverso vicino ad una vetrina semilluminata. Da dietro il vetro impassibili manichini guardavano con un eterno mezzo sorriso quello spettacolo impetuoso di acqua e vento. E l'uomo con le mani sul volante .. e la testa sulle mani. Il suo respiro era affannoso, talvolta interrotto da parole bisbigliate come un Rosario in chiesa. Lui invece lo sentiva il lamento che veniva da dietro. Era qualcosa di netto e collegato alla macchia di sangue sull'orologio e sul suo polso. Un'ora prima guardava assieme a lei lo spettacolo delle nuvole squarciate dalla violenza dei lampi. Erano lontane ma l'accorciarsi del tempo tra il lampo ed il tuono indicava che la tempesta si stava avvicinando rapidamente. Ad un certo punto lei aveva detto "Che squallore". Lui si era girato dalla sua parte con aria interrogativa mentre scendeva dal muretto dove si erano messi per ammirare il panorama. "Cazzo dici?" era stata la sua trasparente reazione. "Siamo squallidi, noiosi". "Non so". "Ho l'impressione di aver fatto mille volte questa cosa" "Sei venuto da me, abbiamo scopato, poi siamo scesi qui a vedere questo cazzo di cielo notturno sul mare" "Se questa è la vita che ci aspetta io scendo, la finisco qui". Era la prima volta che parlava così, non se l'aspettava e il cuore gli era salito in gola. Era difficile pensare. "Se ci sono dei problemi perchè non ne parliamo" disse incerto capendo subito che quella era una frase fatta, stonata anche alle sue orecchie. Lei fece una risatina nervosa. "Noi non abbiamo problemi". "E' questo il punto" e poi "Noi ci stiamo lasciando scivolare addosso la vita giovane". Cazzo significava la vita giovane lo sapeva solo lei. "Non vengo da almeno un anno" disse e lui immediatamente cercò di pensare a quando fosse stata l'ultima volta che aveva avuto la certezza che lei fosse venuta ma aveva il buio nella testa. E un gran dolore stava nascendo dalla tempia per scendere giù lungo la faccia. "Emicrania a grappolo" la chiamavano. "Brava" disse con quanta più amarezza poteva metterci. Quasi come se lei avesse percepito il suo stato di malessere localizzato gli assestò un colpo secco col dorso della mano tra la tempia e l'orbita. Veloce, doloroso. Lui levò su le braccia a difesa della parte ed arretrò un poco. Non capiva e gli sembrava di avere commesso un grave errore di cui non aveva avuto coscienza. " Cazzo fai?" le urlò quando fu fuori dalla portata del suo braccio. Lei però si avvicinava ed aveva uno sguardo... "Sei una stronza! Me ne vado io!" fece per girarsi quando con la coda dell'occhio vide che lei raccoglieva una bottiglia da terra. "Senzapalle, finocchio reagisci!" urlò e gli si scagliò contro. Schivò di poco il colpo con la bottiglia mentre tentava di bloccarle il braccio. Fu un attimo e la testa di lei colpì con incredibile violenza il suo labbro inferiore che gli si aprì sugli incisivi. Non poteva essere vero. Era tutto un fottuto incubo. Il sapore del sangue in bocca, però, era reale. Scagliò rabbioso una manata un po' alla cieca che la prese vicino ad un orecchio e sembrò stordirla. Si era fermata ma non era stordita. Adesso rideva. Rideva gonfiando una ragnatela di vene sul collo mentre delle prime timide gocce di pioggia iniziavano a cadere. La bottiglia era sempre nelle sue mani. La ruppe contro un il muretto dove erano seduti poco prima generando un'impugnatura con numerose punte. E si lanciò verso di lui. Il loro rapporto non era mai stato conflittuale. A dire il vero non era mai stato neanche idilliaco. Si erano conosciuti ad un meeting di una community virtuale. Uno di quei posti pieno di acronimi tipo tvb,lol, di k al posto delle c e di gente che nasconde (o innalza) il proprio ego dietro un nickname. Fuori, però, si era fatto l'opinione che erano tutti uguali. Loro si erano visti in quella squallida discoteca uguale a tante altre e si erano piaciuti. Quasi naturalmente era iniziato un menage fatto di incontri serali, sesso e poche altre variazioni. Lei era in città per frequentare una scuola di specializzazione postlaurea mentre lui era un frustrato amministrativo in una ditta di trasporti. Tutto liscio, ovvio, normale. Fino a quella sera. Per quanto terrorizzato dalle punte del vetro non riusciva a distogliere lo sguardo dal viso di lei. Continuava ad essere carina con quei suoi capelli corti sul collo e gli occhi grandi e luminosi. In quel momento, però, la luce negli occhi era un'altra. Era una sorta di determinazione mista a furia. In un altro gesto semiistintivo lui mosse il braccio in direzione della bottiglia. L'orologio sul suo polso impattò col vetro mandandolo in mille pezzi. Dio abbia in gloria il signor Sector ed i suoi cronografi, pensò. Le schegge si conficcarono nella mano di lei e qualcuna raggiunse anche i suoi occhi. Nello slancio però non si seppe fermare e gli finì addosso. Non era molto pesante e l'impatto lo spostò solo di qualche centimetro indietro. Nonostante le schegge, la paura, la pioggia che adesso avvertiva più insistente riuscì a bloccarla. Con la sua giacca jeans le legò i polsi e con la bandana la imbavagliò. La spinse nel portabagagli della Punto, chiuse e partì. Era in uno stato di trance ed il tutto era accentuato dalla pioggia che lo isolava dall'esterno come un muro liquido. In una strada che non riconosceva si fermò davanti ad una vetrina illuminata. Sentiva che stava lentamente scivolando via. Non riusciva a non pensare alle sue feste da bambino. Tutto semplice, lineare. Giocava alla violenza. Giocava. La follia la vide la prima volta solo negli occhi della madre che indicandogli il soffitto gli diceva che c'era un uomo che la chiamava. Il soffitto era bianco e piatto ma la mamma continuava a guardarlo. Crebbe senza di lei ma si accorse di sentirne la mancanza solo da adulto. Ed adesso anche chi pensava di avere vicino aveva improvvisamente fatto il salto. Sentiva che stava lentamente scivolando via. Il lamento. Il portabagagli. La pioggia. Aiuto. Perdono. Apri. Ti prego. Scendo. La pioggia. Apro. Sciolgo. Un vetro. Ancora. Nella sua mano. Nel mio collo. Sangue. Freddo. Le mie mani. Sul suo collo. Stringo. Stringo. Stringo. Buio. |