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Nick: reduke84
Oggetto: A 100 ANNI DALL'ERUZIONE
Data: 4/4/2006 15.48.54
Visite: 99

L'ERUZIONE
E’ la mattina del 4 aprile 1906, ore 5.30 circa, da una bocca a quota 1.200 m sul versante meridionale del Vesuvio inizia a fuoriuscire una piccola colata di lava. Giuseppe Mercalli è sulla cima del vulcano e osserva preoccupato fratture radiali interessate da fumarole che si sono generate poco sopra la bocca. L’attività stromboliana del Vesuvio era sensibilmente aumentata a partire da metà marzo e le scosse di terremoto erano sempre più frequenti ed intense. Lo scienziato sospetta che tutti questi segni siano premonitori di un’eruzione esplosiva ormai imminente. E il suo sospetto si rivela fondato. 
E’ questo l’inizio della maggiore eruzione del Vesuvio nel 20° secolo.
Nei due giorni seguenti si attivarono altre bocche laterali a quota 800 m, sullo stesso versante meridionale,  a quota 600 m, poco più ad est, a quota 800 m sul versante sud-est ed infine nell'Atrio del Cavallo. Contemporaneamente l'attività esplosiva al cratere sommitale si fece sempre più intensa per raggiungere il suo apice nella notte tra il 7 e 8 aprile. Due forti scosse, avvertite in quella notte con spavento in tutti i paesi vesuviani, segnarono il collasso della parte sommitale del Gran Cono mentre la lava scorreva veloce a sud-est devastando l'abitato di Boscotrecase. La nube eruttiva, ormai imponente, iniziava a depositare cenere e lapilli nei paesi vesuviani ad est del vulcano tra cui Ottaviano e S.Giuseppe Vesuviano.

Il giorno 8 l'attività esplosiva continuò violenta: la caduta di cenere, oltre ad interessare sensibilmente Napoli, raggiunse anche la Puglia (~1 cm).
Dal pomeriggio del 9 aprile si arrestarono le colate principali e l'attività sismica scomparse quasi del tutto mentre la nube eruttiva continuava a depositare cenere nell'area vesuviana. 
Nella notte del 10 si ebbe l'ultima colata significativa dalle bocche di Bosco Cognoli che si arrestò poco prima di Boscotrecase. Nei giorni successivi l'attività andò diminuendo sempre più (ad eccezione di sporadici episodi esplosivi più intensi nei giorni 13 e 15) fino a cessare del tutto il 21 aprile, data in cui ebbe termine l'eruzione.
L’accumulo di cenere e lapilli causò crolli e distruzioni nei paesi vesuviani. Secondo quanto comunicato dalla Prefettura di Napoli al console di Francia, a Ottaviano e S. Giuseppe vi furono 197 morti e 71 feriti. In totale si contarono 216 morti e 112 feriti gravi (Nazzaro, 1997). Nella sola Napoli il crollo della tettoia del mercato di Monteoliveto, situato nell'attuale Piazza Carità, causò 11 morti e 30 feriti. Oltre 34.000 furono i profughi.







La testimonianza di Matilde Serao
Matilde Serao, scrittrice e giornalista napoletana dell’inizio del ‘900 ha, seguito l’evoluzione degli eventi legati all’eruzione del 1906 attraverso le pagine del “Giorno”, il giornale da lei fondato, e ha raccolto la sua testimonianza in un “Diario dell’eruzione”, lasciando un’ interessante documentazione ricca di riferimenti ad aspetti storici, sociali e psicologici che possono, in parte, essere ancora attuali. Di seguito sono riportati brevi brani di questo diario a titolo di testimonianza dell’evento visto da un cronista contemporaneo


Introduzione dell’autrice
In cambio di una glaciale disciplina letteraria troverai in queste pagine la storia semplice, profonda e tragica di quella che fu l’eruzione vista coi i miei occhi mortali.


All’inizio il fenomeno è sottovalutato
Le rose, tutte le innumerevoli rose dei cappelli, erano cosparse di cenere … Nulla era più strano di tutta quella gente, di tutti quegli equipaggi, di tutto quel paesaggio, che portavano le tracce curiosissime di un fenomeno tellurico abbastanza raro e di cui, diciamo la verità, nessuno si è preoccupato, salvo, a casa, le cameriere, i domestici, i cocchieri, i mozzi di stalla, che han dovuto portar via tutto, per spazzolare, per lavare, per detergere.
In quanto al sottoscritto, vittima del suo dovere, mentre scrive, cade sulla carta la cenere di cui i suoi abbondanti capelli sono cosparsi. Quia pulvis es …


La ferrovia Circumvesuviana
Ha fatto miracoli questa ferrovia, miracoli dovuti all’energia, alla calma e al tatto di Emanuele Rocco, miracoli dovuti all’ottimo direttore Ingarami, miracoli proprio, sdoppiando, triplicando i suoi treni … 


La gente di Boscotrecase e i visitatori
Quietissimi i popolani e le popolane di Boscotrecase fanno cornice ai touristes e nessuno piange e non vi sono volti sparuti e nessuno si lagna, nessuno domanda o pretende niente.


Il prete di Boscotrecase
Questo prete è ardentissimo ed efficacissimo, da due giorni parla, predica, consiglia la calma, consiglia la fiducia al popolo di Boscotrecase.


La colata di lava
A poco a poco il fascino di questa cosa tremenda, di questo mare nero e pietroso che è stato fuoco, che è ancora fuoco dentro ci prende tutti, i più schivi, le donne, i vecchi, i bimbi, si avvicinano imprudentemente e mettono i bastoni nella fornace e vi mettono gli ombrellini, e stuzzicano follemente la fornace e vi piegano il volto su e quasi vi mettono la persona, con un orrore mescolato di audacia, con una nuova follia. Intanto romba il Vesuvio proprio su di noi.


L’evento assume le proporzioni di un disastro e si diffonde la paura
Esso minaccia, ancora, oscuramente, misteriosamente, troppe persone e troppi paesi. Esso ormai fa paura ai più scettici e ai più audaci.


Accorata esortazione alla classe dirigente e ai mezzi di informazione
Che ognuno faccia il suo dovere e al flagello si opporrà un’altra massa di volontà, pesante e ragionante… Trionfi il sangue freddo e l’ostinata volontà di combattere il flagello e la vittoria sarà dell’uomo. Finisca questa follia di menzogne, d’invenzioni, di esagerazioni, finisca questa pazzia allarmista, finisca questa infamia delle false notizie, in certi giornali, solo per vendere delle copie. Chi, ha cuore lo mostri consigliando con tutte le proprie forze la calma, soccorrendo i miseri, provvedendo ai bisogni materiali e morali di tutte le vittime del sinistro.


Testimonianza dello scenario dell’eruzione nelle città vesuviane
… si sa che la ferrovia Circumvesuviana è interrotta, si comprende quanto sia difficile andare dove è necessario e andarvi presto, e andarvi utilmente.


Una vettura ci porta via da Napoli nelle ore pomeridiane e lasciamo la città in uno stato penoso, in una quiete insolita. E man mano che passiamo dal ponte della Maddalena a San Giovanni a Teduccio spariscono gli ultimi viandanti, solamente ogni tanto ci sorpassa un’automobile, pieno di gente mascherata e imbacuccata, ci sorpassa un car a bancs  chiuso fra sordide cortine, ci sorpassa un tram carico zeppo di gente, ma nessuno ride, nessuno parla.


Deserto e solitudine a Portici, non una donna a una finestra, non una persona innanzi a una casa.


Noi pensiamo: troveremo vita in Torre Annunziata che è focolare di pensiero, di azione, di lavoro… Così pensiamo e così speriamo, entrando in Torre Annunziata. Ahimè! Ecco qualche carro di mobili, che viene via, è un malato, un vecchio sopra un materasso, in una carrozzella. Tutto ciò se ne va lentamente verso Napoli… Al grido terribile che la lava si avanza verso la città, in una notte tremila persone hanno abbandonato i loro tetti,  hanno raccolto i loro cari e i loro averi e sono fuggiti, a Nocera, a Castellammare, a Sarno, a Salerno, a Napoli, in Calabria, in Basilicata.


Ha avuto anche il suo morto Somma Vesuviana: in contrada Margarita, un vecchio, Raffaele, detto Tuppete, è morto nel suo letto, sotto il suo povero tetto crollato… Gli uomini curvano il capo e tacciono … Essi dicono che la loro miseria è niente a confronto di Ottaviano distrutta, a confronto di San Giuseppe di Ottaviano dove son più di 150 morti. E noi impallidiamo. Ma è vero dunque? Per il lapillo, per le pietre senza lava, al punto opposto dell’eruzione è stata distrutta Ottaviano? Per il lapillo, per le pietre, per la cenere, sono morti tanti uomini a San Giuseppe di Ottaviano, mentre per la lava, nessuno o quasi nessuno è morto, altrove? Andiamo, dunque, poiché è vero.


Dalla triste notte del sabato sulla domenica, fra le prime minacce dell’orrida bufera, le campane delle chiese hanno suonato a stormo e tutti sono andati a pregare: è cresciuta la pioggia è diventata impetuosa, feroce. Allora il parroco Luigi d’Ambrosio ha convocato i suoi fedeli nella chiesa dell’Oratorio di San Giuseppe. Quanti erano? Trecento? Forse trecento… A un tratto, con un rombo immenso, sotto il peso della cenere è crollato il tetto della chiesa, …  su quelli che pregavano. Forse cento, forse ottanta sono giunti a fuggire, pazzi di terrore: è fuggito e si è salvato il parroco d’Ambrosio, ma da cento a centoventi persone sono restate schiacciate sotto le pietre e sotto le travi antiche della vecchia chiesa … Ora, mentre li dissotterrano i morti non appaiono sfracellati: appaiono quasi morti per soffocazione, per asfissia. Sono molte le donne: molti, ahimè, i bambini…
Ovunque è passata la lava, la gente era fuggita, ovunque è piovuto il fango la gente ha potuto fuggire, ovunque sono stati pericoli gravi, da Boscotrecase a Torre Annunziata, a Resina, a Torre del Greco, là sono corsi gli aiuti. Qui, qui da Ottaviano a San Giuseppe, attraverso la solitudine, l’abbandono, è passata l’ospite terribile, la Morte.


La critica agli allarmisti e agli speculatori
Vedremo più tardi, ma non molto più tardi, chi siano stati in questa orrenda catastrofe, tutti i vigliacchi, i perversi gli speculatori … che hanno gittato il panico più invincibile fra la gente … cagionando così, per la loro avidità, i danni più irreparabili alla popolazione sotto il Vesuvio, impressionando Napoli, specialmente tentando di distruggerne la vita!
E anche degli sciocchi bisognerà dire, degli sciocchi che ammorbano la vita pubblica con il loro cretinismo, degli sciocchi che sono un castigo di Dio, oltre la lava e oltre la pioggia di cenere, degli sciocchi che impediscono la gente di talento e di volontà di operare, degli sciocchi che sono un vero disastro.


Il riconoscimento a chi ha aiutato
Ma non un istante di più si deve tardare a proclamare chi siano stati, chi continuano ad essere, gli eroi di questa bufere di orrore e di strazio: i soldati sono stati gli eroi... Eroi non solo di coraggio, ma d’instancabilità; eroi non solo di impeto, ma di fedeltà; eroi non solo di fronte al pericolo, ma di fronte alle fatiche, ai disagi alle privazioni.


L’esortazione all’arcivescovo di Napoli e al clero per rassicurare il popolo
Queste immense nuvole ora bigie, ora livide ora rossastre e ora nere che ci arrivano sul capo, che si allargano dal Vesuvio sino a noi, che coprono il mare, che coprono la città, che celano il sole, che oscurano l’aria, queste nuvole, che più tardi, si disfano in pioggia lunga e desolante di cenere, queste nuvole che la scienza dichiara innocue, che l’ esperienza conosce innocue, che tutte le testimonianze dei tempi e della storia vesuviana dicono innocue, queste nuvole che avvolgono Napoli e la rendono tetra e oppressa, danno un grande spavento al popolo … Il terrore si è fatto strada, si è diffuso nelle forme più puerili e anche più invincibili e ormai il popolo napoletano non ragiona più su niente, il suo terrore è diventato una follia…
Nulla possiamo fare noi coi giornali giacchè il popolo napoletano, in gran parte, ahimè, non sa leggere…
Voi, arcivescovo nostro, dovete vincere questo pericolo. Voi dovete parlare al popolo, ancora una volta e con la parola tranquilla e ferma, dirgli che la sua vita non è in pericolo, che esso nulla ha da temere dai nembi che l’eruzione ci manda, dalla cenere che cade sulle vie e sulle case. Chiamate a voi il vostro clero e ditegli di parlare al popolo …





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A 100 ANNI DALL'ERUZIONE   4/4/2006 15.48.54 (98 visite)   reduke84
   sgraaaaaaaaaaaaaaaaat   4/4/2006 15.49.34 (42 visite)   fefy
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