Nick: Marione Oggetto: Napoletano e Spagnolo Data: 11/4/2006 15.28.45 Visite: 493
La descrizione delle parlate campane è stata spesso oggetto di opere dilettantesche di scarsa qualità; restano tuttora tra le meno studiate d’ Italia. Con il passare del tempo però, il dialetto napoletano, sicuramente la varietà più diffusa, ha acquisito le sembianze di una vera e propria lingua: il prestigio del napoletano crebbe notevolmente a partire dalla fine del secolo XIX, avendo acquisito le caratteristiche di una vera e propria varietà letteraria, con una serie di opere letterarie in lingua (come le poesie di Salvatore Di Giacomo, gli scritti di Raffaele Viviani e in seguito le opere di Eduardo De Filippo). A questo punto il napoletano iniziò a stimolare le ricerche sulle sue origini e sulle influenze subite, in modo da riuscire a ricostruire una sua storia e una eventuale derivazione di alcuni suoi termini da altre parlate straniere. Tenendo conto che la zona era stata abitata da Greci, Bizantini, Longobardi e Francesi, i quali hanno tutti lasciato strascichi linguistici, si ritiene comunemente che una grossa influenza sia stata esercitata dalla lingua spagnola. Fin dalla prima metà del Quattrocento, conclusa la conquista aragonese di Napoli, già si ebbe la prima diffusione del catalano e del castigliano nel Napoletano: lo stesso re scriveva e parlava in queste due lingue, oltre alla corte e alla cancelleria, così si diffusero svariati vocaboli di trasparentissima origine spagnola come ad esempio formosura, desservitio, creato e taùto. Agli inizi del Cinquecento poi, a causa delle guerre del tempo e del consolidarsi della dominazione di Spagna, la lingua iberica si diffuse per ogni parte d’ Italia e divenne subito di moda, al punto da generare rimproveri e rimbrotti dei letterati italiani per quell’uso linguistico così diffuso per buona parte del Seicento: addirittura alcuni autori si dilettarono a comporre opere letterarie nella lingua straniera. Uno degli effetti più sensibili che questo uso produsse in Italia, fu l’adozione delle formule di cortesia in uso nella lingua di Spagna: il Don prese piede a Napoli fino dal Cinquecento, fino a quando non iniziò a scadere perché diffuso ovunque e riferito anche a persone che non erano di alta estrazione sociale. L’uso dello Spagnolo durò con costanza fino alla metà del secolo XVIII, quando i legami politici con la Spagna iniziarono a sciogliersi, ponendo fine alla lunga stagione dell’influenza spagnola su Napoli e lasciandosi dietro una serie importante di vocaboli, prestiti e parole spagnole "napoletanizzate", soprattutto in alcuni campi semantici sociali come i comportamenti e la vita di tutti i giorni; ecco un breve elenco di alcuni di questi termini: abbascio: significato giù; deriva da abajo abbusco: significato lucro, guadagno; deriva da buscar acetera: significato acetoliera; deriva da aceitera arronzare: significato fare le cose in fretta e furia; deriva da roncear assommare: significato comparire, affacciarsi; deriva da asomarse borraccio: significato ubriaco; deriva da borracho buffettone: significato ceffone; deriva da bofetòn cagliare: significato tacere, ammutolire; deriva da callar carta: significato lettera; deriva da carta crianza: significato educazione, buone maniere; deriva da crianza criato: significato domestico, servitore; deriva da criado enfadarse: significato adirarsi; deriva da enfadarse guappo: significato smargiasso, camorrista; deriva da guapo lazzaro: significato plebeo; deriva da làzaro muccaturo: significato fazzoletto da naso; deriva da mocador muntone: significato mucchio; deriva da montòn ncarrare: significato indovinare; deriva da engarrar ngrifarse: significato alterarsi, stizzirsi; deriva da engrifarse papello: significato decreto, documento; deriva da papel primmo: significato cugino; deriva da primo puntiglio: significato ostinazione, capriccio; deriva da puntillo quarto: significato appartamento; deriva da cuarto semmana: significato settimana; deriva da semana oh... oddio!!! |