Nick: Casual Oggetto: Voto nazionale e Comunali Data: 21/4/2006 13.49.2 Visite: 173
E' un mio articolo che apparirà sulla rivista del Mutiny e del Risng South, in uscita fra qualche giorno con una tiratura di 10.000 copie distribuite gratuitamente. Nel prossimo numero ci sarà anche un racconto di Piero Franti, se qualcuno volesse collaborare mi contatti. di Rosario Dello Iacovo Ci sono voluti dieci giorni perché la Corte di Cassazione sancisse ufficialmente la vittoria dell'Unione alle Elezioni politiche 2006, ma alle 18 di mercoledì 19 aprile è finalmente arrivato il calcolo definitivo dei voti alla Camera. Alla compagine guidata da Romano Prodi sono andati 19.002.598 voti, 18.977.843 invece quelli raccolti dalla Cdl, uno scarto di soli 24.755 voti che comunque garantisce la vittoria all'Unione con una solida maggioranza alla Camera e una risicata al Senato, dove però Prodi incassa le dichiarazioni favorevoli dei senatori a vita. Ma il lungo braccio di ferro non sembra finire, con il centro-destra impegnato a negare a oltranza la vittoria degli avversari prima unitariamente e poi, dopo che Udc e An hanno accettato il verdetto della Cassazione, con Forza Italia e la Lega che ricorrono al Tar del Lazio. «Sino a quando Prodi non accetterà di aprire un dialogo con chi rappresenta più della metà del Paese noi semineremo i nostri dubbi sui risultati» è stato il minaccioso monito a caldo di Silvio Berlusconi. Una dichiarazione col sapore del ricatto, come dire «o inciucio o stasi». A sinistra hanno ribattuto che: «la corte di Cassazione ha confermato la vittoria del centrosinistra evidenziando il carattere puramente strumentale delle contestazioni sollevate in questi giorni dalla Cdl» come hanno commento i coordinatori dell'Ulivo, Fabrizio Morri, Renzo Lusetti e Giulio Santagata, aggiungendo che «il teorema di Berlusconi si è rivelato fasullo: i sospetti di brogli e i veleni, alimentati in questi giorni con toni inaccettabili per un paese democratico, sono stati spazzati via. Ora è tempo di voltare pagina». Una situazione di stallo che rappresenta una delle pagine più nere per la nostra democrazia e sembra presagire foschi scenari. C'è un pericolo golpe in Italia, come denunciato da esponenti della sinistra in queste settimane, o la resistenza berlusconiana è da interpretare come una trattativa finalizzata ad evitare al capo della Casa delle libertà lo smembramento del suo impero economico e delle posizioni di potere costruite nell'ultimo quinquennio? Ci sembra una domanda legittima nella situazione attuale, in ogni caso speriamo ragionevolmente che quando il giornale finirà tra le vostre mani la situazione sia un po' più chiara di quella che ci appare mentre scriviamo. Tuttavia potreste ritrovarvi nella nostra stessa incertezza, tanto più che l'incarico di governo a Prodi dovrà essere conferito dal prossimo Presidente della Repubblica dopo la scadenza del settennato di Carlo Azelio Ciampi. Tempi lunghi quindi per la formazione del prossimo esecutivo, almeno fino a maggio, che dovrebbe entrare in carica poco prima delle elezioni comunali di molte città italiane, tra cui Napoli. La risicata vittoria dell'Unione, che contraddice radicalmente le ottimistiche previsioni dei sondaggi e degli exit-poll, lascia però dietro di se i veleni della destra. Le sta provando tutte la coalizione guidata da Silvio Berlusconi: dalla delegittimazione del voto alla proposta di grande coalizione sul modello tedesco, fino al ricorso al tar contro le decisioni della Cassazione. È stato proprio il premier uscente ad aprire le danze coi gravissimi sospetti di brogli, ripetuti fino al punto da salire da Ciampi al Quirinale nella speranza risultata poi vana di ottenere la firma su un inedito decreto riconta voti. Poi è stata la volta del Viminale secondo il quale oltre c'erano 40.000 voti annullati da verificare, ma che dopo i controlli si sono rivelati essere poco più di 5.000 fra Camera e Senato. E ancora l'attacco dell'ex ministro padano Calderoli sull'illegittimità dei 45.000 voti della lista Alleanza lombarda, alleata dell'Unione, perché raccolti in una sola circoscrizione invece che «almeno in due, come previsto dalla legge», secondo le parole dello stesso mujaidin leghista. Interpretazione rigettata però dalla Cassazione. E mentre la destra, o una parte di essa, si arrocca arriva l'allarme del Financial Times, quotidiano economico inglese, in prima fila nel processo di globalizzazione a colpi di privatizzazioni e riduzione del costo e dei diritti del lavoro, secondo la quale gli esiti del voto, sommati alla disastrosa situazione dell'economia tricolore, potrebbero portare entro il 2015 l'Italia fuori dall'euro. Dichiarazioni da scenari argentini che la destra interpreta come una bocciatura per Prodi, quasi che in questi cinque anni fosse stata all'opposizione e non invece saldamente al governo. Allarme in parte condiviso dal Fondo monetario che ha ricordato come l'Italia abbia forato tutti i parametri e si trovi in una situazione economica catastrofica. A sinistra all'understatement di Prodi, hanno fatto da contraltare le dichiarazioni allarmate del segretario del Pdci Diliberto e del presidente dei Verdi Pecoraro Scanio che hanno parlato senza mezzi termini di «tentazioni golpiste» da parte della casa delle libertà. La paura del caimano fa 90 e il timore di colpi di coda sembra legittimo, non solo in virtù della violenta campagna elettorale della destra presentatasi alle elezioni - anche sul piano dei contenuti - con uno schieramento allargato alle ali estreme neofasciste di Alternativa sociale e Fiamma tricolore, ma anche per l'ostinato atteggiamento teso a non riconoscere i risultati del voto. Passando dall'ambito nazionale a quello napoletano ci sono motivi di moderato ottimismo. Stando al risultato delle politiche le comunali, previste a Napoli per il 28 e 29 maggio, non dovrebbero riservare sorprese con il centro-sinistra in vantaggio di oltre il 13% alla Camera e del 10% al Senato. Tuttavia l'indice di gradimento del Sindaco uscente Rosa Russo Iervolino non sembra essere elevatissimo e lo confermano i sondaggi (presi con la cautela resa necessaria dalle politiche) che attribuiscono all'outsider Marco Rossi Doria un ragguardevole 7%. Inoltre la candidatura dell'ex questore Malvano da parte del centro-destra potrebbe dare qualche grattacapo in una città dove l'emergenza sociale rischia di essere percepita tout court come problema di ordine pubblico. Chi invece ha motivi per gioire è Rifondazione comunista che sull'onda dell'ottimo risultato delle politiche a livello nazionale, a Napoli ottiene un ragguardevole 9% alla Camera e 10% al Senato. Cifre che se dovessero essere confermate andrebbero oltre il raddoppio dei consensi raccolti nelle comunali 2001 quando il partito di Fausto Bertinotti raccolse uno striminzito 4,3% equivalente a tre consiglieri e un assessore. La pattuglia del Prc a Palazzo San Giacomo potrebbe arrivare a 9 consiglieri e presumibilmente puntare a un secondo assessorato. Frutto di una campagna elettorale condotta con autorevolezza e dell'apertura che il partito ha operato a Napoli nei confronti dei movimenti, delle singole soggettività, degli artisti e degli operatori dello spettacolo. Terreno, quest'ultimo, appannaggio esclusivo dei Ds negli anni che vanno dalla prima giunta Bassolino al Comune a oggi. Una conferma in tal senso viene dall'indicazione di voto per Rifondazione espressa da artisti come Roberto De Simone, Francesco Di Bella dei 24 Grana, Massimo Iovine e Marco Messina degli ex 99 Posse e la candidatura di Sergio Maglietta dei Bisca alla Municipalità di Vomero-Arenella nelle liste del Prc. Caimano permettendo Rifondazione dirà la sua alle Comunali e sarà una voce importante in una giunta che deve necessariamente operare in discontinuità con quella che ha governato Napoli negli ultimi cinque anni. http://rosariodelloiacovo.blog.kataweb.it |