Nick: KAMIKAZE Oggetto: VIVONO IN AUTO AIUTIAMOLI Data: 21/12/2003 2.15.49 Visite: 155
fonte www.ilmattino.it c'è chi parte per il natale sulla neve, c'è chi spende e spande in regali e regalini e c'è chi ha perso il lavoro, vive in macchina con una figlia disabile, e ha perso pure la fiducia nel futuro. non voglio fare nessun papiello, questa vicenda mi ha reso troppo triste e vorrei fare qualcosa. a tutti quelli che leggeranno chiedo di fare qualcosa, mi piacerebbe che ognuno secondo le sue possibilità desse qualcosa a questa famiglia sfortunata. io apro la sottoscrizione con 50 euro, chi vuole dare qualcosa lo scriva qui che poi ci organizziamo e glieli consegnamo. dimostratemi che avete cuore. MARISA LA PENNA Nel piazzale antistante Porta Nolana è parcheggiata una vecchia Y10. Di giorno si confonde nel bazar degli ambulanti, tra le bancarelle improvvisate dei disperati dell’est che vendono le loro povere cose. La notte, quando le strade si spopolano, resta da sola nella piazza deserta. In quella vecchia auto vive, ormai da cinque mesi, una famiglia che non ha più una casa. Vincenzo Russo, 57 anni, sua moglie Lucia, di 47, e la loro figlia disabile, di 30, mangiano, dormono, fanno i loro bisogni in quel rottame di macchina. E non chiedono nulla. Non protestano, non urlano, non si lamentano, non reclamano un tetto. Dignitosi, rassegnati, impauriti. Di loro si occupa qualche abitante della zona che di tanto in tanto offre un pasto caldo, una coperta, un indumento. E il giovane parroco della chiesa che dà sulla piazza, don Bernardino, che li ospita in sacrestia quando non ci sono funzioni, che dà loro medicinali in caso di bisogno, che li assiste in quel che può. Fino a ieri. Quando alcuni residenti, indignati per l’indifferenza delle istituzioni di fronte al dolore dei tre senza tetto, hanno raccontato ogni cosa ai consiglieri circoscrizionali Gianfranco Wurzburger (Margherita) e Attilio Iannuzzo (Rifondazione Comunista) che hanno messo immediatamente nero su bianco investendo ufficialmente del problema l’assessore comunale, Raffaele Tecce. «Chiediamo una sistemazione urgente per questa povera famiglia, se non una casa, almeno una camera in un albergo. Separarli per dare loro un letto in un dormitorio pubblico ci sembra una cosa ingiusta che infliggerebbe un nuovo disagio, ovvero quello di vivere lontani l’uno dall’altra» spiegano i due consiglieri. L’esistenza della famiglia Russo è trascorsa in modo normale fino a quando Vincenzo ha avuto un lavoro. Artigiano, costruiva sedie in una fabbrica a Mugnano. Dal 1972 - anno in cui si sposò con Lucia Palmieri, casalinga - fino a quando la piccola azienda non chiuse i battenti, nel 1990. Nel frattempo i Russo avevano avuto tre figli: Gianluca, Rosanna (che già dalle elementari aveva evidenziato un grave deficit mentale) e Francesco. Vincenzo - per il quale il datore di lavoro aveva regolarmente versato i contributi - una volta perso lo stipendio si è sempre dato da fare per portare soldi in casa: ha venduto fazzolettini ai semafori, per un certo tempo ha fatto il cameriere in un piccolo albergo a ridosso di piazza Garibaldi. In questo modo riusciva anche a pagare l’affitto della sua piccola casa - due camere, bagno e cucina - in via Santa Maria del Pianto, nei pressi del cimitero di Poggioreale. Per qualche mese, però, non racimolò il denaro per il pigione. E così, nel giro di qualche mese, venne sfrattato e si ritrovò per strada. Trovò un buco a Giugliano, un monolocale senza contratto d’affitto, proprietario un pregiudicato che, all’improvviso, da un giorno all’altro, reclamò la casa sbattendolo fuori senza troppi complimenti. Era luglio. «Da allora mi sono arrangiato in macchina» spiega Vincenzo, come rassegnato all’ineluttabile. E spiega indicando l’abitacolo: «Qui viviamo, facciamo tutto. Anche i nostri bisogni. Aspettiamo la sera, quando nessuno ci vede. Per lavarci, l’acqua fredda di una fontanina». E la notte? «La notte passa ogni tanto una volante - rivela Vincenzo - ormai i poliziotti ci conoscono, ci chiedono se tutto va bene». E precisa: «No, nessuno ci ha mai molestato». Poi dai sacchetti di plastica che rappresentano il guardaroba e che sono accatastati in un angolo dell’auto - sporca e maleodorante - Vincenzo tira fuori un logoro album di foto. E mostra le immagini di quando la sua era una famiglia felice. Le foto ingiallite della comunione dei suoi figli, viste forse mille e mille volte: «Vede? Eravamo anche eleganti» dice come a voler dire che la sua vita non è stata sempre questa.
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