Nick: pearl jam Oggetto: Omaggio umile e insindacabile. Data: 28/4/2006 11.50.49 Visite: 118
Solo al lato di una strada. Ho una vista sul mondo, particolare, come tante. Un grezzo ammasso urbano fatto di edifici che non hanno proprio nulla di poetico. Contenitori della spezzatura in diligente fila, uno di fianco all'altro. Paiono distratti. Sembrano piccioni sopra l'insegna di un rigattiere. Dormono. Colmi di cose inutili, che non son altro che i resti di altre cose inutili. Un processo eterno e struggente, quello dei rifiuti. Ma anche quello della vita. L'aria è frizzante. La sento col solo capo fuori dal finestrino. Il sole è ristoro, non come se fossi in un deserto. In una casetta a due piani, proprio di fronte a me, c'è una signora intenta a lavare le lastre del suo balcone. So che è suo. Lo sento. - c'è un silenzio assurdo intorno. qualche scarico di marmitta e i passi di una vecchia. lo stridio prodotto dal vento sopra i rami. - La signora continua a sciorinare con forza e lena, che al solo guardarla mi sento stanco. Lo fa come se quella fosse l'ultima possibilità che ha di salvarsi. Li pulisce come se pulisse un'anima nera, sporca di tutto il mondo. Come se quelle lastre fossero cariche di infamia e di sporcizia. Forse ha bisogno di riuscire a vedere bene fuori cosa succede. O forse vuole che la gente fuori, veda chiaro lo spettacolo infamante della sua casa. Per ammazzare l'inutilità del tempo, forse. Dov'è camilla? Mi chiede una cicas sciancata, posta al centro della strada. Ci conosciamo. Si starà preparando, sussurra un vecchietto che è lì di passaggio. Sorrido. Tutto mi è familiare, qui. Tutto pare appartenermi e io appartenere a tutto. Le case, la monnezza, la natura incolta, le femmine con sporte della spesa piene, come se fosse il giorno prima la fine del mondo. E la speranza che qualcuno si salvi. Nulla di particolare. Di fianco a me ho un grande supermercato. Un simbolo del progresso, direbbe qualcuno. Lì in zona han molto protestato per non farne aprire un altro. Qualcuno la chiamerebbe voglia di resistere dei piccoli commercianti. Per me è solo nostalgia. Questo posto mi piace, in fondo. Lo sento mio. Grezzo, ma con tanta poesia celata. Dovrebbero costruirci un cinema. O una piccola libreria. Di quelle in cui trovi prime copie con vecchie rilegature. Da dove sono io, ora, vedo che c'è una viuzza che scende fino ad una diramazione, che porta al centro del paesino. Sembra un rio scontento e di cemento. Ha proprio tutto del fiume: le anse, gli alberi ai lati, e la gente ci cammina sulle sponde. Macchine come battelli ci gravitano sopra. Gatti al posto dei pesci, solcano la superficie. La mia visuale è cieca. Arriva per 20 metri, per poi morire dietro un muro di cinta, che circonda la casa della signora dalle lastre lucenti. Ho aspettato lì, per un sacco di tempo. Forse mesi, ma valgono da più di trenta vite. Sempre la cicas a farmi compagnia, e delle volte il vecchietto. - Eccola, sta arrivando. - sento la cicas richiamare la mia attenzione. Scorgerei la sua linea a kilometri. Imbarazzata e distratta, come una suora ad una sfilata di moda. Un'armonia appena accennata. La borsa in sella, e lei sola attraversa il fiume. - E' sola. E' sola. Non ha più l'amore negli occhi. - Il vecchino pare animarsi oltremodo. Penso proprio che potrebbe morirmi qui. Io non riesco a muovermi. E non riesco a mettere a fuoco i suoi occhi. Cristo, penso, l'ho sempre fatto, come è possibile, ora che devo appurare qualcosa di così importante che non riesca a metterla a fuoco? I suoi occhi, i suoi occhi, dove sono??? Dio.. Mi agito, ansimo, chiedo aiuto alla pianta. - L'ho guardata bene, Arturo. Preparati. Sta venendo qui per dirti addio. - Mentre una cicas mi lesse la sentenza di morte, due ragazzini sfrecciarono su di un lem, senza casco, e con uno stupendo sprezzo per la vita. Mi urlarono qualcosa... - Hey coglione, cazzo ci fai ancora qui? - Conoscevo anche loro. E anche loro, l'avevano capito prima di me. "Non so piu' chi sono.Sono il fantasma d'uno sconosciuto." |