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Nick: harding
Oggetto: ricordi in ordine non sparso
Data: 21/12/2003 22.38.30
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“E a cosa serve questo?” domandai stupidamente all'omone vestito col camice verde-ospedale
“Oh è semplice. Questa è la punta che utilizzo per aprire le camere pulpari quando ci sono situazioni di sovrappressione nel dente”
Con un sorriso continuò. “ Sai talvolta arriva qui gente che sta impazzendo dal dolore e basta questo per fargli tornare un po' di serenità sulla faccia”
Ho sempre avuto troppa immaginazione ed empatia per non aver provato un brivido profondo che mi si attaccò alla schiena come un grosso pipistrello.
Avevamo una stanza piccola.Occupata quasi interamente dal lettone matrimoniale. Poi c'era un terrazzino. Abbastanza grande per un tavolino e due sedie. Il brutto era che stava proprio sulla cucina del ristorante sotto. I greci friggono cipolla dalle 7 del mattino. La sera, però, si stava molto bene.
Una sera bevevamo Ypnos e mangiavamo Baklavà quando cadde sul tavolino, sul piatto di Baklavà per la precisione, un pipistrello. Era piccolo, un cucciolo. E non stava bene. Lo mettemmo al riparo sotto una grondaia con un po' di latte in una ciotolina. Stemmo lì a guardarlo mentre con una piccola lingua leccava il liquido bianco. Il mattino dopo non c'era più.
Il falò era quasi spento. Per tutta la sera avevo alimentato la brace e cotto salsicce e spiedini. Puzzavo, mi bruciavano gli occhi ed il vino pessimo che mi avevano passato mi aveva dato alla testa. Mi stesi. Da lontano Giorgio suonava la chitarra con garbo. La mia ex mi si avvicinò silenziosa. Feci finta di essermi addormentato. Lei mi diede un bacio: lungo e sensuale. Non le ho mai detto che, in realtà, ero sveglio e che è uno dei miei ricordi più erotici.
“Allora domani mattina ti sveglio io” disse mio padre. Ero emozionato come solo un bambino di 9 anni può esserlo la prima volta che va in settimana bianca.
Non riuscivo a dormire. Fissavo la porta della mia stanza in attesa che mio padre entrasse per dirmi di prepararmi. Ad un certo punto qualcuno entrò pronunciando qualcosa d'incomprensibile.
Scattai dal letto e corsi a lavarmi e vestirmi. Solo quando iniziai a prendere la mia valigia mi accorsi che era notte fonda e che tutti stavano dormendo.
Faceva caldo, caldissimo. Ai piedi avevo ancora i tremendi doposci ma in casa c'erano buoni 30 gradi tra camino e riscaldamento a gas. Lì tolsi e li buttai in un angolo. Eravamo al primo piano del residence e la neve era pochi cm sotto il terrazzino. Cazzo quanto nevicava. Avevo portato la Uno fin qui perchè unico maggiorenne patentato, non avevamo le catene, nè l'antigelo e proprio allora avvenne la fottuta glaciazione abbruzzese. Al telefono mia madre non si era accorta che in casa non c'ero da una settimana.
Lei era in Francia. Le telefonavo da una cabina sotto casa. In francese dovevo farmi capire dalla centralinista e chiederle di passarmi la stanza. Risate, rumori, maleparole in francese, poi lei.
“Sai che mi manchi?”
“No, non è vero” rispondeva
Non era vero però ho dormito una notte alla stazione di Dijon per rivederla. Chissà perchè...
Dovevamo andare a Verona. Facemmo uno scalo a Bologna per aspettare la coincidenza. Nella stazione non c'era nessuno. Non capivo.
Era l'81 e pochi mesi prima quella stazione era stata la tomba di tanti e nessuno si sognava di mangiare un cestino aspettando la coincidenza. Io non lo sapevo e a mia madre forse non interessava.
