Nick: sdr Oggetto: da L'Unità Data: 22/12/2003 13.28.1 Visite: 91
Par condicio per voce sola di Roberto Zaccaria Oggi ci sono tre fatti da inserire in un breve ragionamento. Il primo è l’orientamento emerso nella maggioranza di far seguire un decreto legge al rinvio alle Camere della legge Gasparri. Il secondo è l’annuncio, fatto dalla maggioranza parlamentare, «quasi per reazione» al rinvio della Gasparri. L’annuncio di voler procedere ad una modifica della legge sulla Par Condicio approvata durante il Governo di centro sinistra. Il terzo è il rinvio, assolutamente eccezionale, di ben 37 minuti, dell'edizione delle 13.30 del TG1 per dare spazio alla conferenza stampa del presidente del Consiglio, iniziata oltre un’ora prima. Si potrebbe dire che sono tre esempi del modo di intendere la Par Condicio da parte degli uomini che, con diverse responsabilità, stanno intorno al presidente del Consiglio. Vediamo allora se tutto questo sia giusto e vediamo se ci possono essere dei rimedi o delle alternative. Sul decreto legge i dubbi già espressi, in questi giorni dai costituzionalisti (Carlassare, Elia, Pace, Caretti, Balboni) sono pesantissimi. È uno strano senso delle istituzioni quello che porta a rispondere con un atto del Governo all’invito del presidente della Repubblica rivolto alle Camere, senza nessuna previa valutazione da parte di queste ultime. Dove potranno ricavarsi le «straordinarie ragioni di necessità e di urgenza» (art.77 Cost) che non derivino da una somma di ritardi parlamentari e come potrà ritenersi compatibile con la Costituzione (art.136 Cost) un rinvio di date che la Corte costituzionale aveva già giudicato improponibile? Non esistono emergenze occupazionali. I problemi di Rete 4 e Rete Tre, conosciuti da anni, sono diversissimi. Per la prima, se non la si vuol vendere o mandare sul satellite, esiste la soluzione del Digitale terrestre (Grandinetti) che il ministro Gasparri ha sbandierato come il pluralismo del futuro. Non c'è già la copertura al 50 per cento del territorio? Dunque se c'è la «sperimenti» l’amico Fede, magari sommandola a quella satellitare. Per Rete Tre la soluzione è un piccolo ritocco del canone (sull’esempio dello scorso anno, quasi il tre per cento, mi pare) e un recupero sulle altre due Reti, magari correggendo il limite settimanale dal 4 al 5 per cento. Soluzioni tecniche si dirà, ma molto migliori di questo catastrofismo «da operetta». E questa potrebbe essere una prima forma di Par Condicio. La riforma annunciata in questi giorni delle disposizioni sulla Par Condicio contenute nella legge n.28 del 2000 appare a sua volta singolare di fronte al consolidamento (e vorrei dire all'accettazione) che aveva assunto nel tempo quella disciplina. In effetti il centrodestra contrastò, all'inizio, vivacemente quella legge sollecitata dal presidente Scalfaro e fondata su tre principi fondamentali: 1) Allargamento del periodo elettorale; 2) Introduzione, accanto all’informazione, della categoria della comunicazione politica, fondata sul principio della parità di accesso tra le forze politiche; 3) Divieto degli spot politico-elettorali (troppo brevi e suggestivi) e introduzione dei messaggi autogestiti gratuiti (più lunghi e riflessivi). Ma perché appare singolare il disegno di modificare quelle regole, annunciato con tanta enfasi e quasi «a freddo» dopo il rinvio della Gasparri? Innanzitutto perché quella normativa, giudicata a suo tempo incostituzionale dal centrodestra era passata invece positivamente al vaglio della Corte costituzionale che con la sentenza (non «preistorica») n.155 del 2002 ne aveva confermato la piena coerenza con i principi costituzionali. «Si tratta di prescrizioni, - ha detto la Corte - che nella loro rigorosa previsione appaiono tutte ispirate dal ragionevole intento di prevenire in ogni modo qualsiasi influenza, anche “in forma surrettizia”, sulle libere e consapevoli scelte degli elettori, in momenti particolarmente delicati della vita democratica del Paese». Un'altra sentenza precedente della Corte costituzionale (n.161 del 1995 neppure essa preistorica) in relazione al «Decreto Gambino», aveva giudicato compatibili con la Costituzione le limitazioni agli spot elettorali, durante il periodo della campagna elettorale ed aveva «bocciato» invece il divieto di spot referendari. Ma oltre alle sentenze della Corte anche i comportamenti sembravano acquiescenti. Infatti Berlusconi, proprio in considerazione della legge sulla Par Condicio, decise di «anticipare» di un anno la sua campagna elettorale, con un impiego enorme, in tutto l'anno 2002, dei manifesti e delle televisioni. Cosa che fu ben evidenziata non dall'Autorità delle comunicazioni, ma dalla Rai che nel febbraio del 2000 pubblicò ed illustrò alla stampa i dati, estremamente significativi, del Centro di ascolto e dell'Osservatorio di Pavia. Berlusconi criticò molto quella «rivelazione» e si impegnò molto nel pretendere che durante la campagna elettorale del 2001 fosse scrupolosamente osservata la legge sulla Par Condicio. Ricordiamo le polemiche di quel periodo. Oggi che il controllo sulla televisione è diventato totale anche quei tiepidi principi di pari opportunità che potrebbero «bilanciare» la comunicazione a favore dell’opposizione devono essere spazzati via e nessuna preoccupazione ci si pone che ciò avvenga alla vigilia di una scadenza elettorale. Questa è una seconda forma di Par Condicio: potremmo dire pro domo sua? E infine la ciliegina sulla torta. Per fare spazio alla Conferenza del presidente del Consiglio viene spostato l'orario «sacro» del telegiornale (TG1). Questo non accade che per eventi del tutto eccezionali. Anche le partite di calcio si adattano ai telegiornali. I cittadini italiani sono abituati a regolare l’orologio su quegli appuntamenti. Oggi hanno dovuto «subire» un nuovo messaggio «quasi a reti unificate». Mi si dirà che sono ostinato, ma vorrei proprio chiedere rispettosamente all'Autorità delle comunicazioni, all'arbitro che dovrebbe garantire i nostri diritti, ma che arbitra all’inglese, fischiando pochissimi falli, se anche in questo caso il fallo non c'è e invece c'è la Par Condicio secondo Berlusconi. Terzo e ultimo esempio. PS. Vorrei solo aggiungere, in conclusione di questo articolo, che mi sento particolarmente onorato di poter scrivere su un giornale come l'Unità e per questo ringrazio la direzione. |