
Due ragazzi americani, Paxton e Josh, insieme ad Oli, islandese incontrato ad Amsterdam, sono in giro per l'Europa in cerca di emozioni forti. Una notte, vengono a conoscenza che in un paese vicino a Bratislava, in Slovacchia, c'è un ostello dove è possibile incontrare bellissime e disponibili ragazze dell'Est europeo. I tre amici si mettono subito in viaggio e, una volta arrivati nell'ostello indicatogli, si rendono conto che tutto corrisponde a realtà; infatti fanno subito conoscenza con due disinibite ragazze, Natalia e Svetlana. Ma il mattino dopo Oli scompare e i due amici, pensando che sia andato via con una turista giapponese, continuano a spassarsela, finché anche Josh scompare. Allora Paxton si metterà sulle sue tracce, scoprendo un orrendo commercio sotterraneo in cui la costosissima merce è la vita umana.
Campione d'incassi in patria e accompagnato da una efficace campagna pubblicitaria, giunge anche in Italia "Hostel", opera seconda del giovane Eli Roth ( "Cabin fever" ), un irriverente regista che ama molto il genere horror e sa svolgere a dovere il suo mestiere di spacciatore di brividi. Se nel suo film precedente aveva omaggiato il new horror anni '70/'80, con "Hostel" si getta sul filone sado-thriller, molto in voga in questi ultimi tempi grazie ai due fortunati capitoli di "Saw" e ad alcune pellicole asiatiche ( "Audition" in primis ) a cui lo stesso Roth dichiara di essersi ispirato.
Con la benedizione di Quentin Tarantino, che compare come produttore esecutivo, questo film ha fatto il colpaccio al botteghino Usa e si prepara a replicare anche in Europa, evidentemente grazie ad una perfetta alchimia ( almeno ascoltando i flani pubblicitari ) tra sesso e violenza estrema; tematiche hot che stuzzicano da sempre la curiosità dello spettatore. In effetti "Hostel" non ci risparmia affatto i particolari più "forti" e lascia ben poco all'immaginazione: da una parte abbiamo un primo tempo che porta lo spettatore in territorio "American Pie" ( anche se siamo molto più vicini a "EuroTrip" di Jeff Schaffer ), con ragazzotti piuttosto antipatici e vogliosi di esperienze hard che solo il Vecchio Continente sembra in grado di offrire, e un primo accenno di violenza, solamente suggerita. Ma nella seconda parte ci addentriamo in un microcosmo di perversione e violenza esplicita con mutilazioni, conati di vomito, urla di dolore e sangue a ettolitri. Lo spettatore è in grado di percepire realmente il dolore che provano i protagonisti del film e in alcuni casi può rimanere realmente disgustato, come accade nella tremenda scena dell'occhio cavato e tagliato via con una forbicina. Purtroppo, però, il film si ferma a questo: tanta violenza fine a se stessa e niente altro. La storia conta pochissimo e la sceneggiatura sembra quasi un pretesto ( probabilmente lo script ad opera dello stesso Roth conta poche decine di pagine ) per mostrare quanto in là possa spingersi la perversione umana. Da lontano risuona un eco di critica sociale che ci sottolinea quanto vuoti e bigotti possano essere i giovani statunitensi, con tanto di condanna per il turismo sessuale, e quanta crudeltà e sadismo possa veicolare la ricchezza economica, ma non vogliamo sbilanciarci e forse è meglio pensare che Roth abbia voluto fare un semplice e verace, nonché furbo horror, privo di qualunque presunzione intellettuale.
Efficace la fotografia sporca e funzionali le scenografie, soprattutto nella ricostruzione della fabbrica-mattatoio in cui i giovani turisti vengono massacrati. Naturalmente un applauso va agli effetti di make-up a cura di Greg Nicotero e Howard Berger. Inoltre il film risulta ricco di citazioni dal mondo pulp-horror: si spazia da "Pulp Fiction" ( si può intravedere una sequenza del film in tv nell' ostello ) a "Suicide Club", passando per "Non aprite quella porta".
In conclusione, "Hostel" è un notevole calderone di nudi ed efferatezze del tutto gratuite, sicuramente non adatto allo spettatore occasionale; il film è così ricco di enfasi per la violenza e voglia di scandalizzare che viene lasciata in secondo piano una efficace costruzione filmica e un intreccio convincente. Godibile ma non convince fino in fondo.
Curiosità. Nel film compaiono in brevi cammei il regista Takashi Miike e lo stesso Eli Roth.
Sembra che i fatti narrati in "Hostel" siano ispirati ad una pratica realmente diffusa; infatti il regista stesso si è imbattuto in un sito tailandese in cui pagando cifre salatissime viene data la possibilità di torturare fino alla morte giovani consenzienti. Parte dei ricavati dovrebbero andare alle famiglie delle vittime.
Il film in questione è riuscito a sollevare molte polemiche in patria ed anche in Italia è stato protagonista di una campagna condotta dal Codacons per il ritiro dei manifesti pubblicitari dai muri delle città.
DA VEDERE!!!!!!

