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Nick: Franti
Oggetto: Unacentounocentomila
Data: 10/5/2006 13.0.22
Visite: 233

Stasera fa un caldo della madonna.
E voglia di uscire pari a zero.
Qualcuno mi aveva invitato a casa sua, su un terrazzo bellissimo, in un posto di merda che si chiama Afragola.
Ma voglia di uscire pari a zero.
Qualcuna mi aveva invitato a un taglio della torta, in un localino al Centro Storico di Napoli.
Ma voglia di uscire pari a zero.
Qualcun’altra mi aveva dato un mezzo appuntamento, per andare da qualche parte che solo io sapevo di quale parte si trattasse
Ma voglia di uscire pari a zero.
Però oramai questo mezzo impegno ce l’avevo e, nonostante ultimamente non sia dedito a formalismi e rispetto, ci sarei andato.
Speravo che questa Qualcun’altra si dimenticasse di me, dell’uscita in qualche posto eccetera.
Ma il cellulare ha squillato.
Quella Qualcun’altra mi ha chiamato e ha detto:

"Piè stasera esco col boy, possiamo rimandare a domani?".

E io?

"Ma non l’avevi lasciato?".

E lei:

"Eh…ma mi vuole parlare….."

Che cazzo dico adesso che non so cosa devo dire?

"Va bene, non ti preoccupare, si può rimandare. Ma stai attenta e abbi cura di te, mi raccomando".

Lei:

"Ehi…ci si vede domani. Un bacio".

Io:

"Va bene un bacio anche a te, buona serata".

Non è che me ne sia fregato tanto, devo dire la verità.
Un caldo della madonna stasera.
E voglia di uscire pari a zero.
Poi ci ho pensato tu.
Si, fa un caldo della madonna e voglia di uscire pari a zero, però mi andava di ripetere la solita frase che si dice ad una donna che esce con il suo ex.
La frase fa più o meno così:

"Lascia perdere. Là ci sono solo vestiti sporchi. Il tuo uomo ti sta lasciando o forse ti ha già lasciato, d’accordo, ma non è un grosso problema. Dammi un’ora, no, dammi mezz’ora e poi mi saprai dire".

Non l’ho pronunciata ‘sta frase.
Non mi andava.
O semplicemente non m’è venuta. Fuori.
Nel senso che non m’è uscita dalla bocca.

 



Non me ne fregava un cazzo.
Sarà che ho capito da tempo che è un problema generale con le donne, quello degli ex o dei quasi ex.
Davvero.
O sarà che, in una delle poche volte nella mia vita, non ho pensato solo ed esclusivamente a me.
Ma a questa Qualcun’altra. Vabbè, anche perché di questa Qualcun’altra non è che mi importasse poi tanto, ma cosa significa?
O semplicemente, come nella maggior parte dei casi, ho pensato solo ed esclusivamente a me.
Sara così? Boh.
Ma chi se ne fotte.
E poi fa un caldo della madonna.
E voglia di uscire pari a zero.
E tu fai quello che vuoi.
Comunque se proprio non ce la fai a non baciarlo, almeno non usare la lingua e dagli baci innocenti e fraterni sulle guance.

 




 



Quanto mi piace ‘sta cosa che parlo con me stesso, anche delle cose che non penso.
Credo sia addebitabile, questa cosa che parlo con me stesso, anche delle cose che non penso, al caldo della madonna di stasera ed alla mia voglia di uscire pari a zero.

Però che rottura di coglioni, a ben pensarci. Che scazzo.
Qualcuno dice che contro lo scazzo funzioni il Trallallà.
Sono quasi le undici di sera trallallà.
Ho fatto una doccia, trallallà.
Prendo un succo di kiwi, trallallà.
Mangio un panino, trallallà.
Con il salame, trallallà.
Eh, bisogna reagire.
Piego le gambe una sull’altra, trallallà. T
Tolgo una gamba, trallallà.
Perché fa caldo e la gamba mi si appiccica sull’altra, trallallà.
Mi fa male il dito del piede con la microlesione, trallallà.
Ma non ci penso, trallallà.
Dritta la schiena che ti viene una lesione a trent'anni Piero, trallallà.
Non penso a niente, trallallà.
Mi viene bene, trallallà.
Dritta la schiena su, trallallà.
E che cazzo, trallallà.
Madonna di Montevergine che palle, trallallà.
Con questa qualcun’altra esco domani sera, trallallà. Che poi stasera fa un caldo della Madonna, trallallà. E non mi andava di uscire, trallallà. E voglia di fare qualcosa pari a zero, trallallà.
Non avevo neppure spinta per andare ad Afragola, trallallà.
E neppure alla torta della mia amica, trallallà.
Non mi rompete il cazzo trallallà. Che quando stai così ti capisci solo tu trallallà.

Il Trallallà non funziona.

 



Lo sapevo già.

Provo a mettere su un disco, dai.
Anche se fa un caldo della madonna.
Anche perchè voglia di uscire pari a zero.

"Velvet Goldmine, you stroke me like the rain
Snake it, Take it, panther princess you must stay
Velvet goldmine, naked on your chain
I'll be your king volcano right
for you again and again
My Velvet Goldmine".

Questa musica mi disturba stasera.

 



Non è il caso.
Sarà colpa del caldo della madonna.
O della voglia di uscire pari a zero.

 



O di entrambe le cose.


 



Vedo un film.

 



Per la terza volta vedrò Perdita Durango.

 



Perdita Durango è un film bellissimo di Alex De
La Iglesia.
E'

ambientato al confine tra il Messico e gli USA.
E’ violento, amorevole, sublime e grottesco.
C'è una scena bellissima, in una piazza polverosa di un paesino messicano, che somiglia molto al mio paese, ove una specie di barbone gira con una batteria d'auto e dei cavetti a tracolla, urlando:

"Un dollaro per una scossa elettrica! Fatevi avanti signori, forza!"

Per campare e vendere emozioni.
E per permettere ad altri di acquistarle.
E' capitato pure a me.
Nel mio paese, tempo fa.
Solo che non "vendevo" scosse elettrice e non portavo nessuna batteria per auto a tracolla.
E neppure cavetti elettrici.
Ma qualcuno diceva che ero fuori di testa.
Qualcun'altro un drogato.
Ma ero felice lo stesso.
Oggi sono un Avvocato.
E provo a fare l'Avvocato.
Nessuno pensa più che sono fuori di testa.
E che sono un drogato.
Mi chiamano "Avvocato", dandomi del "Tu".

 



Specie i vecchietti amici di mio padre, con i quali mi diverto a giocare a briscola, nel bar.

 



Mi fa sorridere ‘sta cosa.
Ma non sono felice come un tempo.
E porterei volentieri a tracolla una batteria d'auto e dei cavetti.
Per vendere scosse.
Anzi, per regalarle.



 




 



Il film l’ho guardato a metà.

 



Anzi un po’ in più della metà.

 



Fino alla scena della scossa.

 



Me lo ricordo bene.

 



Mi sono addormentato.


 



Ho sognato "Una" che pareva uscita da "Rumble Fish" di Francis Ford Coppola, che poi in italiano è tradotto malissimo come "Rusty il Selvaggio".
Tutta in bianco e nero e i colori pastello solo nella scena dei pesci.
Ma non c'era alcuna scena dei pesci.
Non era mia quell'Una però.
Cazzo, che peccato.

Poi ne ho incontrata un'altra che pareva uscita da un romanzo di Scerbanenco, che tutti conoscono come Giorgio ma che in realtà si chiama, anzi si chiamava, Vladimir.
Bel nome Vladimir.

 



Se avessi un figlio maschio sono sicuro che lo chiamerei Vladimir.

Quest'altra era vestita da sposa di "Novecento" e mi baciava.
O meglio, tentava di baciarmi.
Vicino all'altare.
Io ero vestito di nero, con una cravatta altrettanto nera e sottilissima e una camicia bianca.
Sgualcita.
Molto.
Avevo una pistola sotto la giacca.
Non so di che pisola si trattasse perchè non me ne intendo di armi.
Men che meno di pistole.
Però ad occhio e croce era una pistola.
Ho spostato quest'altra vestita da sposa di "Novecento" che tentava di baciarmi e ho puntato la pistola verso il prete.
E gli dicevo:

"Se ti muovi rapido non vieni nella foto"

Poi ho sparato.
Il prete è morto.
Quest'altra vestita da sposa di "Novecento" che tentava di baciarmi era sparita, nel frattempo.
Come sempre, del resto.

Poi tutti erano fuori dalla Chiesa.
E ho visto la scena finale di "Operazione San Gennaro".
Con quattro sgherri, dall'atteggiamento tra lo scazzato e il rassegnato, intenti "per forza" a portare la statua del santo Patrono.
Molto Pulp come scena.
La statua trasportata del Santo patrono non era San Gennaro, però.
Ma ero io.
Non Santo, ma di gesso.
Senza pistola.
Qualcuno mi ha fotografato, dalla strada.
E mi diceva:

"Se ti muovi rapido non vieni nella foto"

Non volevo venire in foto.
Non voglio venire in foto.
Non sono fotogenico e non ne ho voglia.
Se però ce quest'altra o quell'una iniziale, forse ci ripenso.
Ma non c'è né l'una né l'altra e quindi non ci ripenso.
Per il momento mi muovo rapido.
Pure se sono di gesso e qualcuno mi trasporta.
E non vengo nella foto.

Ho sentito in giro che qualcuno canticchia che i sogni son desideri.
Chissà perchè io desidero nulla.


 



I sogni son desideri, dicono.

 



La cantava Cenerentola mentre spazzava.
Serena che è bellissima, ha le tette piccole e un fascino tutto particolare, dice che Cenerentola non è affidabile.
E' una che porta scarpe di vetro e ha sposato un tizio di cui non conosceva neanche il nome.
E poi è una favola copiata male dalla Gatta Cenerentola, che aveva anche lei la scarpetta, ma di pelliccia di animale, come nella migliore tradizione popolare dei paesini dell'hinterland dell'epoca.
La pelliccia la si usava per coprirsi, per riscaldarsi, non per andare a fare colazione da Tiffany.
Che poi fa dei solitari niente male, Tiffany.

 



Oggettivamente.
Solo che a Serena non piacciono.

 



E neppure a me.
Non è la forma, è il nome che non mi piace.
Mi mette tristezza.
I sogni non sono desideri, sono comunicati del corpo.
Che ti avvisa in forma strana e fantasiosa che devi dormire di più e smetterla di mangiare puparuoli prima di metterti a letto.

 




 




 



Però l’altroieri sera è stata una bella serata
C'era caldo, ma non era un caldo della madonna.
E la voglia di uscire non era pari a zero.
la voglia di uscire era pari a otto.
Anche nove.
Nove e mezzo, và.
Trallalà.

Ehi, mi raccomando, se proprio non ce la fai a non baciarlo, almeno non usare la lingua.

Ehi, mi raccomando, se proprio non ce la fai a non baciarlo, almeno non usare la lingua.


 



Ehi, mi raccomando, se proprio non ce la fai a non baciarlo, almeno non usare la lingua.

 




 



Ehi, mi raccomando, se proprio non ce la fai a non baciarlo, almeno non usare la lingua.
 
Scusa ma non credere che io ripeta sempre le stesse cose.

Ma che cazzo me frega poi, visto che non ho un doppio fine con questa Qualcun'altra?
Ma davvero non ce l'ho.

 



Ho capito.

 



E’ l’egoismo.

 



O no?
E' colpa del caldo della madonna.
E della Voglia di uscire pari a zero.

 




 



SWWZAPPPPPPPPP!

 



Era una scossa.

 



Ci vuole un pezzo pop.

 




 



“Una-Centonuno-Centomila! Immagini di me!

 



Una-Centonuno-Centomila! Immagini di me!

 



Una-Centonuno-Centomila! Immagini di me!

 



Una-Centonuno-Centomila! Immagini di me!

 



Ma chi cazzo se ne frega poi?

 



Una-Centonuno-Centomila! Immagini di me!

 



Ma chi cazzo se ne frega poi?

 



Una-Centonuno-Centomila! Immagini di me!

 



Ma chi cazzo se ne frega poi?”

 




 



(Marlene Kuntz)


 



Mi muovo rapido, quasi quasi.

 



Così non vengo nella foto.

 




 



Bella serata però ieri l’altroieri, eh?

 




 




 



 



Ps – Grazie a un pezzo dei Marlene Kuntz (chenonmipiaccionopoitanto), a Serena per Tiffanyedintorni e al Nouvellecollage.

 







 




 



Ho visto fefy nel bar di rimpetto ad Architettura che cantava (con un panzerotto fritto in mano) "Luglio, col bene che ti voglio vedrai non finirà.
Lallallallàààààààààààààààààààààà".

Poi ha detto al giovinotto del bar se gli andava di cantare con lei



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