Nick: ADP Oggetto: La Boa Che Non Esiste Data: 31/12/2003 13.24.19 Visite: 91
Qui si conclude un periodo, e ne inizia un altro. Così la gente dice; io, per me, non farò altro che appendere al muro un nuovo calendario, in modo da non mancare ad impegni, e faccende che richiederanno la mia attenzione, in un giorno preciso, ad un’ora precisa. Tutto il resto, è un giro di boa, dove la boa non è mai esistita realmente. Capirai, tuttavia, che l’affaccendarsi della gente, i preparativi, l’atteggiarsi come se, appunto, fosse la fine di qualcosa e l’inizio di un’altra, mi pone in un certo assetto. Mi lascio contagiare dalla moda del domandarsi “cosa ho fatto durante quest’anno?”. Anche se, per uno come me, che si pone domande del genere fin troppo frequentemente, essendo eccessivamente duro con se stesso, questo non rappresenta che un altro momento di riflessione, uno come tanti, né più e né meno. Ciò che m’appare più evidente, nella mia vita, è l’instabilità, i cambi repentini d’umore, le illusioni distrutte, e la voglia di costruirne altre a dispetto dei risultati. O meglio, la certezza di non poterne fare a meno. Come tu sai, ero un bambino che scriveva poesie, e mentre tu seguivi diligentemente le lezioni di matematica, con la volontà che t’ha sempre caratterizzato, io volavo su tutto e su niente, col lo sguardo perso nel vuoto. Diciamoci la verità, da grandi, sognare costa di più. Ed ogni volta che lo fai, metti a repentaglio quelle che sono (o che erano) le tue sicurezze, ogni volta che un’illusione viene frantumata, ogni volta che i tuoi castelli in aria crollano miseramente, si portano dietro anche dell’altro. In più, conoscendo la rovina, cogli il suo germe in tutti i tuoi slanci, e questo, purtroppo, è una sorta di compromesso. Dar vita ad un sogno senza domandarsi come andrà a finire, e tipico dei giovani. Costruir qualcosa col dubbio che cada poco dopo, è affar dei grandi, ed è il presentimento del disastro, nonché la sua causa primaria. Più in alto voli, più ti fai male quando cadi, si sa... ed io, quest’anno, mi sono assunto la responsabilità di volare molto in alto. Forse troppo. Giorni fa arrivò una lettera, con la quale mi chiedevano l’autorizzazione a pubblicare un mio breve racconto, ormai quasi dimenticato. E’ singolare l’effetto prodotto da una lieta notizia, anche se di piccola portata, nel momento in cui non t’aspetti niente di buono. Ho creduto opportuno non aspettarmi mai niente di buono, in modo da gioire per ogni piccolo evento favorevole, ma ho anche concluso che non è un buon modo di vivere, in quanto la tristezza e la monotonia diventano tue compagne inseparabili. Allora ho provato ad aprire il mio cuore ai sogni, e mi sono reso conto d’essere cosa molto più fragile di quanto pensassi. Ora, credo d’aver compreso che l’atteggiamento giusto da tenere, dovrebbe essere un tipo di neutralità ben lontana dallo scetticismo, o dall’indifferenza. Uno stato di contemplazione, passiva ma attenta, che consenta di operare una specie di selezione verso gli eventi, che ci metta in condizione di poter afferrare ciò che “serve”, e di non curarci di ciò che è nocivo. E’ forse questo il regalo che il finire di quest’anno m’ha fatto, lo scendere un po’ più in profondità dentro il mio animo, trovando, nell’inutilità dei buoni propositi, nella frivolezza dei tanti “cancellerei questo, terrei quest’altro”, la rabbia e l’energia necessarie ad inquadrare quella che, invece, dovrebbe essere la strada che conduca ad una quiete tanto agognata.
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