Le leggi vergogna
Introduzione
La lista nera dei disastri del governo Berlusconi è talmente lunga che, da sola, occuperebbe un libro. Infatti ne ha occupati diversi, usciti negli ultimi due anni. Noi qui ci limitiamo a riassumere le leggi vergogna che hanno portato vantaggi al presidente del Consiglio, ai suoi cari e ai suoi coimputati. Nei quattro settori chiave della giustizia, del fisco, della televisione e degli affari. Quelle leggi non previste dal programma sottoposto agli elettori nel 2001 e che non rispondono ad alcuna reale esigenza politica. Conosciamo bene i guasti che hanno provocato e provocheranno «riforme» come quelle della scuola, della sanità, della legittima difesa, della droga, del diritto fallimentare, del Csm; e ancora la sanatoria per i fondi ai partiti infilata nell'ultimo decreto «milleproroghe» che renderà incontrollabili i finanziamenti fino a 50 mila euro; e decisioni come il taglio delle scorte ai magistrati, ai testimoni antimafia e ad altri obiettivi a rischio (come il professor Marco Biagi). E abbiamo ben presente il dibattito intorno ad altre leggi controverse come quella sul mercato del lavoro, cioè sul precariato selvaggio. Per non parlare della controriforma della Costituzione («devolution» e non solo), fortunatamente non ancora in vigore in attesa del referendum confermativo. E della legge elettorale che sprofonda il Paese in una versione pessima del proporzionale. Ma non è questa la sede per illustrarle, o perché erano previste in gran parte dal programma della Casa delle Libertà, o perché riflettono le legittime convinzioni di una coalizione di centrodestra, o perché manca lo spazio per entrare in tutti i dettagli di una legislatura devastante quant’altre mai. La sintesi che qui proponiamo ci pare più che esaustiva.
(IN)GIUSTIZIA
1. Falso in bilancio-1
Il primo atto della Casa delle Libertà al governo è, il 28 settembre 2001, la legge delega per la riforma del falso in bilancio. In dieci giorni viene riscritto l'articolo 2621 del Codice civile, norma approvata a tempo di record grazie anche all'«infortunio» del capogruppo Ds alla Camera Luciano Violante, che ha chiesto addirittura la «procedura d'urgenza» per il dibattito in aula. Relatori due forzisti: Giorgio La Malfa (condannato definitivamente per la tangente Enimont) e l'avvocato Gaetano Pecorella, difensore del premier imputato per falso in bilancio e presidente della commissione Giustizia. Dà una mano con preziosi emendamenti l'altro onorevole avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini. L'Economist parla di «una legge di cui si vergognerebbero persino gli elettori di una repubblica delle banane». Tre, sostanzialmente, le novità rispetto al passato (alcune delle quali già contenute nel progetto Mirone presentato dall'Ulivo nella precedente legislatura):
a) Il falso in bilancio da reato «di pericolo» (per i soci, ma soprattutto per il mercato, i creditori, i fornitori, gli investitori e i concorrenti), diventa un reato «di danno» (se non danneggia i soci o i creditori, non è più reato: ma chi falsifica i bilanci per pagare tangenti lo fa per avvantaggiarli, i soci, conquistando illegalmente nuove fette di mercato). E le pene massime, già lievi, scendono ancora: per le società quotate, da 5 a 4 anni, e per le non quotate addirittura a 3 anni. Niente più intercettazioni né custodia cautelare, nemmeno nelle ipotesi aggravate. Prescrizione ancor più rapida di prima (il termine massimo passa da 15 a 7 anni e mezzo per le quotate e addirittura a 4 e mezzo per le non quotate).
b) Per le società non quotate, il falso in bilancio sarà perseguibile solo a querela di parte (azionisti o creditori). Per le quotate, invece, anche d'ufficio. Così, paradossalmente, se il reato danneggia i soci (ipotesi più grave), sarà perseguibile soltanto se qualcuno lo denuncia (cosa che non avviene mai); se invece non cagiona danni (ipotesi meno grave), la magistratura se ne potrà occupare sempre, anche se nessuno l'ha investita (sia pur con pene irrisorie e prescrizione fulminea). In ogni caso, fra attenuanti e sconti vari, ogni pena detentiva sarà sostituibile con una piccola multa. «Stabilire la perseguibilità del falso in bilancio a querela dell'azionista ironizza il giudice Piercamillo Davigo è come stabilire la perseguibilità del furto a querela del ladro.»
c) Il falso non è più punibile sotto alcune «soglie quantitative». Chi tace a bilancio fino al 5% del risultato d'esercizio (calcolato sull'utile prima delle imposte), fino al 10% delle valutazioni, fino all'1 % del patrimonio netto della società (che comprende immobili, beni immateriali, partecipazioni, ammortamenti, utili, brevetti, magazzini) non rischia più nulla. Così, mentre gli Stati Uniti sono sconvolti dai crac di Enron e Worldcom, due mega scandali di bilanci falsi, e inaspriscono le relative pene, nell'Italia degli scandali Cirio e Parmalat si va alla deregulation pressoché totale. Secondo i calcoli de L'espresso, l'Enel potrà stornare 191 milioni di euro (quasi 400 miliardi di lire) all'anno, la Pirelli 241, l'Eni 408, il San Paolo Imi 105, la Fiat 79, la Fininvest 41. Cifre che, prese singolarmente, basterebbero a mantenere tutti i partiti politici italiani: basti pensare che la Tangentopoli più cospicua, quella dei fondi neri Eni, ammontava a circa 500 miliardi di lire accumulati in diversi anni. Ora la stessa società può accantonare il doppio, per giunta in un solo anno, senza rendere conto a nessuno. «E la modica quantità di falso in bilancio scherza ancora Davigo magari per uso personale, come per la droga.» Gli effetti della legge sono paradossali. Chi, come la Telecom, è quotato anche a Wall Street si trova in una situazione grottesca: a Milano Tronchetti Provera potrebbe impunemente creare provviste extrabilancio da centinaia di milioni di euro. Ma, una volta messo piede a New York, rischierebbe fino a 25 anni di carcere. Li infatti, in seguito agli scandali finanziari, i numeri uno delle grandi aziende sono tenuti a giurare sulla veridicità dei loro conti, con pene severissime per chi giura il falso.
Tutto questo per il governo italiano non conta. Grazie alla sua riforma, il Cavaliere ottiene la prescrizione nel processo per l'acquisto da parte del Milan del calciatore Gianluigi Lentini (10 miliardi versati in nero al Torino) e in quello per i fondi neri utilizzati per pagare nel 1991 una maximazzetta da 23 miliardi di lire a Bettino Craxi. E risolve anche la questione più spinosa: il dibattimento per i falsi nel bilancio consolidato del suo gruppo. Il 26 settembre 2005 il Tribunale di Milano, dove si tiene il processo All Iberian 2 per circa 1500 miliardi di lire di presunti fondi neri accantonati all'estero dalla Fininvest, assolve Berlusconi «perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato». Ciò è perché l'imputato lo ha, nel frattempo, depenalizzato. Grazie alla riforma, si salvano anche il fratello Paolo, il cugino Giancarlo Foscale e vari manager del gruppo, tra cui Fedele Confalonieri e Adriano Galliani.
Prossima parte: Falso in bilancio-2
Fonte: Le Mille Balle Blu, Peter Gomez e Marco Travaglio
