Quasi duemila anni fa, lungo la trafficata strada che collegava Napoli a Pozzuoli, sorgeva un complesso termale frequentato principalmente da viaggiatori, mercanti, uomini d’affari.
L’edificio ha subito molteplici interventi nel corso dei secoli, che ne hanno modificato la struttura e l'organizzazione degli spazi, ed ancora oggi rappresenta uno dei complessi termali più interessanti della penisola. Venuto alla luce nel 1939 durante i lavori di costruzione della Mostra d’Oltremare, si può pensare che, oltre alla recinzione, le autorità non si siano prodigate in altri interventi atti a preservare una struttura di un tale valore storico e culturale. C’è da dire che attualmente l’edificio esiste ancora, proprio in via Terracina. Ci siete passati centinaia di volte e non l’avete mai notato? Non è colpa vostra. Qualche metro dopo viale Marconi, proprio di
fronte ad un grosso negozio di giocattoli, si possono “ammirare” le vecchie mura, o i ruderi ai quali sono ormai ridotti, se si aguzza lo sguardo cercando tra le erbacce e le sterpaglie che hanno invaso il sito. Persino uno degli ingressi principali, quello proprio dietro quel cancello arrugginito, è ormai impraticabile. A vedere da fuori, non si avrebbe mai l’impressione di trovarsi in uno dei siti archeologici più importanti e meglio conservati al mondo; per fortuna c’è una targa, “le terme di via Terracina”, con tanto di piantina e cenni storici, a segnalare che quei ruderi hanno qualche valore.
Il sito risulta, come indica un altro cartello, proprietà della “mostra d’oltremare s.p.a” ma ciò non toglie che sussiste una responsabilità, quantomeno morale, degli enti pubblici deputati alla valorizzazione di questo che è parte del patrimonio archeologico nazionale.
Cercando in internet, si viene a sapere che il sito è visitabile solo su richiesta rivolgendosi alla Sovrintendenza o al Gruppo Archeologico Napoletano, e che è stato inserito in uno dei percorsi del “maggio dei monumenti” del 2003. Si scopre anche che la scuola media Augusto lo ha “adottato”, con l’iniziativa “adotta un monumento”, di diversi anni fa. Probabilmente la burocrazia relativa alle adozioni è stata estesa anche alle adozioni dei monumenti, considerando le condizioni in cui versa la zona.
Vero è che lo stato attuale del sito potrebbe poco attirare eventuali turisti, ma se la zona fosse opportunamente rivalutata? Se fosse inserita in un contesto “fisso”, e non in episodici percorsi?
La zona è talmente trascurata che la sua stessa esistenza è sconosciuta ai più.
In una città dove l’arte pare essere così importante possibile che una delle prove di un passato eppur grandioso debba meritarsi una recinzione arrugginita?
Invece che pagare migliaia di euro per improbabili opere da apporre in Piazza del Plebiscito e che, forse solo ad un profano, sono come pugni in entrambi gli occhi, non sarebbe meglio fare una giusta politica di valorizzazione che possa garantire la dovuta dignità a quelle che sono le vere, indiscutibili opere d’arte che il tempo ci ha lasciato?
Se gli antichi romani avessero costruito nelle zone che attualmente costituiscono il centro e non in quelle che, solo nominalmente, sono periferie, chissà, forse oggi avremmo avuto le celeberrime “terme vomeresi”..
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