Nick: harding Oggetto: 1980 e 1991 Data: 15/1/2004 22.54.18 Visite: 154
In un giorno d'inverno come questo smisi di essere un bambino. Forse non ricordo esattamente il giorno ma era d'inverno, ne sono sicuro. Tornai a casa con la mia cartella piena di libri e quaderni e penne e portapenne e smisi di essere un bambino. La cartella era da bimbo viziato, lo ammetto. In velluto con qualche scritta in inglese che faceva molto tipo giusto. Ed era anche anatomica. Si si il commesso quando la vendette a mia madre ad un prezzo astronomico disse proprio così. "Questa cartella è anatomica e non fa venire la scoliosi al bambino". Sarà stato ma la cartella pesava lo stesso ed era così grossa che non entrava sotto al banco quindi la mettevo a terra e tutto il velluto si sporcava e nonna s'incazzava. Fatto sta che un giorno tornai a casa e mio padre non c'era perchè era all'ospedale e perchè aveva male allo stomaco e non trovai neanche mia madre perchè era andata anche lei all'ospedale. Trovai la cameriera. Per me era normale avere la cameriera a casa. C'era sempre stata. Piangeva quando mi aprì la porta. E mi mise subito tristezza addosso. Non mi parlava se le domandavo perchè piangesse. Dopo poco tornò dal negozio nonna e mi disse che dovevamo andare subito anche noi all'ospedale. Era strano perchè a quell'ora si mangiava e poi dovevo fare i compiti. Prendemmo il taxi che aveva i sedili in pelle finta che puzzavano di fumo e di tutte le persone che c'erano state prima. Ed aveva il tassametro che faceva un rumore tipo orologio con ingranaggi che si stanno per rompere. Arrivammo lontano in un posto che non conoscevo. L'ospedale era grande e si stagliava su un cielo opalescente che minacciava pioggia. Nel corridoio c'erano tutti quelli che riconoscevo come mia famiglia. Un piccolo gruppo stava intorno a mia madre. La puzza che c'era lì era, invece, di mangiare e disinfettante. Un paio di loro mi arruffò i ricci, qualcun altro mi accarezzò. Mio padre era in bilico e lo capivo solo in quel momento. La persona che conoscevo come mio parente stretto. Quello che mi prendeva in braccio e mi stringeva con la faccia ruvida di barba. Quello che, talvolta, vedevo la sera tardi quando tornava dal lavoro. Ecco quello. Forse stava per non essere più. E che significava quel senso di pericolo? Dalla malattia si guariva sempre. Io avevo avuto qualche volta le febbre o male alla pancia ma ero guarito. Molti anni dopo papà mi raccontò di averci visti tutti quanti nella corsia. Era un metro sopra di noi ed aveva, per così dire, una visuale aerea. Disse anche l'esatta disposizione di ognuno di noi sottolineando anche chi non era presente. Io non ci ho mai creduto. Ho sempre pensato che i nostri discorsi lo abbiano influenzato nei ricordi. Fatto sta che quel giorno scoprii la paura di non essere più. Che qualcuno vicino potesse non essere più. Ma anche che io potessi non essere più. Che tutta l'energia potesse sparire. Un giorno. E là finisce l'incanto, e la splendida incoscienza, di essere bambini. Non c'è niente da dire. Dedicato a Freddie Mercury |