Nei matrimoni, a Napoli, può succedere davvero di tutto. La classica verve napoletana, la creatività, non manca mai. Anche a costo di rendere il giorno veramente indimenticabile.
Classici personaggi che non possono mancare ad un matrimonio, sono:
l’ubriacone
beve di tutto e di più, perché lui è grande bevitore. In realtà è solo un ubriacone, attirato dal vino che in queste feste scorre a fiumi. Berrà fino a sentirsi male, per poi dare la colpa all’impepata di cozze. L’ubriacone per antonomasia è quel tipo che, ve lo giuro, andò al matrimonio della figlia portandosi un fiasco da cinque litri di vino rosso. Ad un certo punto lo tirò fuori da sotto il tavolo, urlando “questa è ‘a nennella mia e nisciuno me l’adda tuccà”.
Il simpaticone
Quello che inizia a raccontare barzellette, cercando di coinvolgere più persone possibili. Quello che ti tira il gomito mentre stai mangiando, perché lo devi ascoltare. Quello che a fanculo, lo sai, non se ne andrà mai. Almeno non fino a quando, dopo aver preteso il microfono per raccontare l’ennesima storiella divertente, si troverà duecento occhi perplessi puntati contro.
La capèra
Di solito è donna. È quella che “si si bello ma quann s’è spusato mio figlio..”. E non dite che non esiste sta gente, su. Arriva la sposa, ed inizia notando come quel vestito le faccia il culo grosso. Poi vabbè, ‘a sposa già pesa novanta chili per un metro e mezzo di altezza, ma il culo grosso è solo colpa di chi le ha scelto quel vestito. Arriva un piatto di pasta al sugo e no, troppo banale, cafone e porzioni piccole, mentre al matrimonio del figlio le porzioni erano immense. Cosa tra l’altro vera, anche se sul “banale e cafone” avrebbero da ridire quelli che ricordano come, al matrimonio del figlio della capèra, si sia concluso con una pirofila enorme di aglio e olio.
l’anima delle feste.
Quello che ad un certo punto si alza in piedi urlando “un applauso agli sposi!!”. Cerca di movimentare. L’anima della festa, insomma. Che diventa anche “l’anima e chi t’è stramuorto” se quando lui urla tu stai ingoiando uno spaghetto, che per la paura (sta gente di norma è seduta al tavolo dietro al tuo) ti si strozza in gola. Alla prima incitazione, nessuno lo caga. L’anima si guarda intorno per sedersi sconsolato, ma non sconfitto: riproverà almeno altre due volte, con risultati simili.
Il parente cantante
Non riesce a tenere la stessa tonalità per più di due secondi. Non conosce le parole, se le inventa. Ha una voce a metà tra califano e Mario Giordano, ma con qualche difetto di pronuncia in più. Però ama cantare, incitato dai “comm canta bbell!” dei parenti. Si avvicina al piano bar, letteralmente strappando il microfono al tipo, con una buona dose di vino in corpo. Di norma, dopo la terza canzone viene abbattuto con una carabina di precisione dai camerieri, appositamente istruiti.
La spazzola piangente
Ossia, di norma, la madre della sposa. Piange per tutta la serata. È troppo commossa. Ma, sempre continuando a piangere, continua a far fuori piatti di melanzane ripiene e ogni sorta di munnezza che le capita a tiro. Spesso, sospirando “comme è bella ‘a figlia mia”, ingurgita buone quantità di vino. Di solito è lei che, a fine serata, lamentando un certo languorino apre le danze al ritmo di aglio e olio.
Lo sposo
È il personaggio principale. Quello che non ha capito ancora dove si trova e cosa ha fatto, preso dai postumi della sbronza della sera prima. È un personaggio da matrimonio? Direi di no, visto che è la persona meno cagata. Al massimo fa un giro tra i tavoli, chiedendo se tutto è a posto, mentre gli piange il cuore per il conto da pagare e che, spera, riuscirà a coprire con le buste.
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