Nick: pearl jam Oggetto: Un gambero, il tempo. Data: 15/6/2006 13.21.12 Visite: 148
- Non c'è altro da dire... - Marco si voltò dandole le spalle, e prese a guardare distrattamente i libri che giacevano morti sulla mensola in alto. Non voleva piangere. Sara non emetteva sibilo. Sempre così. Sempre un silenzio tombale la percorreva, quando si trattava di loro. Stavolta Marco, avrebbe lasciato che rimanesse così: immobile e bella, come una statua di sale baciata dal sole incastonata nell'oblio del silenzio. ****** - Vorrei avere un figlio da te... - - Smettila! Non fare lo stupido. - la voce tenue di sara illuminò il buio di quella stanza fredda. Il silenzio s'impossessò di nuovo dello spazio fra i loro corpi, addolciti dall'umidiccio sapore del proprio sudore. Marco pensava a loro due, proiettati in un futuro che lui sperava di scoprire insieme. Sara si attardava in una confusione emozionale, che traspariva da ogni poro. Marco la stringeva, e lei si lasciava stringere. Marco la baciava, e lei dischiudeva le labbra. Marco la toccava, e lei lo guardava. Qualche spiritoso raggio di sole iniziò ad oltrepassare il confine della stanza, rimbalzò sul muro bianco e finì dritto tra le cosce di lei. - Voglio davvero un figlio da te...- - Sì sì.. - e sara voltò la testa e finse di dormire. Marco l'amava, ma un vuoto enorme stava cercando spazio fra quell'amore che lui aveva sempre creduto stupendo. ***** Stavano cercando di concentrarsi sul film. Le immagini richiamavano la loro attenzione, ma c'era sempre qualche elemento di disturbo per marco. Ora erano i suoi zigomi. Marco era completamente ipnotizzato dai suoi zigomi. Quel viso smunto ma delicato, sul quale ergevano due torri sforzesche, per la quali lui pareva concepire ogni respiro. Ora gli zigomi, dopo le mani, prima gli occhi, e il mento, la piega delle ginocchia, le ciglia poco pittate, il sorriso e tutti i denti e... **** Sara venne pervasa da quella sensazione d'eccitamento che la faceva diventare logorroica e avvolgente. Marco ne era estasiato. Prese carta e penna da sopra la scrivania, ed iniziò a scrivere. - Allora: ci serviranno i vestiti. Il riso e un prete. Ah, e poi gli anelli, sì sì, gli anelli..- Marco sorrideva e l'abbracciò. Dio, quanto l'amava. Si strinsero così forte, da creare sagome del proprio corpo su quello dell'altro. Allora è così che è l'amore, pensarono entrambi. Tutto avveniva all'unisono. I pensieri, i sorrisi, la voglia di aversi e di programmare cose e che il mondo vada in malora. La dicotomia era solo un concetto allegorico nel quale non credevano più. Si spinsero sino al balcone, quello che dava sulla strada. Stretti e toccandosi. Anime una volta confuse, diluite sotto il peso dell'amore. Gli incubi avevan fatto posto ad una felice malinconia. Anche il sole era con loro, e con garbo prese a riscaldarli. Marco le passò una mano fra le cosce: anche lì trovò solo amore. *** L'incedere del tempo, sembrava sempre esser troppo lesto. I momenti passati insieme parevan sempre troppo brevi. Marco pensò quanto fosse strano. Avere di fianco una donna, per l'ennesima volta, e sentire di non averne mai avuta una. Sara era fantastica, e Marco pure. Parlavano di tutto, con enfasi e gioia. I loro pensieri erano oasi, e credere nell'amore non sembrava adesso così impossibile. Presi dagli stessi interessi, avvinghiati l'uno all'idea dell'altro, così teneri e confusi. Era da poco che si frequentavano, ma l'intesa era di quelle giuste. Il peso della leggerezza era l'unico dramma da affrontare. Sara era quella più restia a lasciarsi andare, ma ogni suo gesto, ogni sua parola, eran per Marco un valido motivo per chiudersi tutto alle spalle. Gli anni addietro erano solo tempo che non esisteva più. Marco sorrideva di questo, e della fossetta sul mento di Sara, mentre le chiedeva se mai fosse stata agli Uffizi, a Firenze. Sara rispose di no, ma il suo passato era sempre lì ben in vista. Agli occhi di entrambi. ** Il secondo appuntamento. Marco era ansiosissimo. l'avrebbe baciata? Dio, quanto avrebbe voluto. Quelle labbra evocavano mari e pirati, film d'amore e poesie strabilianti. Dentro quegli occhi, Marco ci vedeva il paradiso. Le mani disegnavano forme edeniche di cherubini e cavalli alati. La sua voce riecheggiava il ballo dei cigni di Chaikovskij e ogni altra cosa pareva solo sabbia e polvere: sì, si era innamorato per davvero. Arrivato all'appuntamento le aprì la portiera. Lei apparì come sole sulla superficie lunare: ogni cosa bruciò e Marco gioì di quella dolce morte. * Erano le 5 del pomeriggio. Marco se ne stava ad ascoltare il mare, tenendo lontano il trambusto della città e l'inutilità dei passanti. Prendeva spunti dalla natura. Il sole volgeva al tramonto ed il mare increspato, disegnava tanti piccoli serpenti in corsa verso qualcosa. C'era il vento che fumava una sigaretta insieme a lui, e il taccuino poggiato sul parapetto di pietra, era tronfio di periodi avvezzi alla solitudine. Il cielo era scandito da un'ironica bagarre tra rondini e un'altra specie di uccelli che proprio non riconosceva. C'era un'armonia precoce nella sua mente. - scusa, hai una sigaretta? - Marco si voltò, e si trovò davanti una fulgida visione primaverile. Pensò quasi subito, che era bellissima. - che ci fai con quel coso? Sei uno scrittore o qualcosa del genere? - - Qualcosa del genere. - Marco sorrise, mentre l'ultimo sole faceva capolino sull'orizzonte. - io sono Sara, comunque. - Sara, che bellissimo nome, pensò. "Non so piu' chi sono.Sono il fantasma d'uno sconosciuto." |