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Nick: Precario?
Oggetto: re:Woodcock
Data: 20/6/2006 1.33.13
Visite: 59

Ahahahah, 'sto tipo è eccezionale. Qua veramente c'amma sta accort' pure nuj...

Cioè, non so se mi spiego, questo pezzo è uscito sul Corriere un paio di giorni fa, e alla luce di ciò, quel cazzo di cognome sembra sempre più appropriato:

Il personaggio: Henry John Woodcock
Clamori e incidenti di un pm d'assalto
«Noi del tribunale siamo fortunati, abbiamo un posto in prima fila nel teatro della vita»

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ROMA - «Dottore, lei è proprio forte. Se per sbaglio il Papa passa di qua, fate arrestare pure lui». Ogni tanto, Henry John Woodcock confessa di non capire se le battute dei marescialli che compongono la sua squadra di polizia giudiziaria siano frutto di adulazione o sonora presa per i fondelli. Piazzata com’è in mezzo ai boschi della valle del Basento, Potenza è bella. Ma con tutto il rispetto, non è New York. E neppure Roma o Milano. Da quando in città è arrivato il giudice Woodcock, invece si balla che è un piacere, sembra che ogni intrigo, ogni cospirazione abbia la Basilicata come inevitabile snodo.

■ La scheda: Henry John Woodcock

La mite Procura lucana è diventata così il lavacro di ogni vizio nazionale, grazie all’opera infaticabile del magistrato anglo-italiano, uno che lavora dalle 7 del mattino alle 22, e raggiunge l’ufficio in sella alla sua Harley Davidson, pioggia e o neve non importa, deciso ad applicare il suo metodo. Da una scintilla lucana, l’immane incendio. Woodcock parte da reati commessi in loco e poi allarga, allarga a tutta la Penisola, agendo con una incontinenza giudiziaria che gli è valsa più di un cazziatone da parte del Csm. Possibile che questa volta la sua indagine si riveli di granito, ma va detto che i precedenti non sono tutti incoraggianti. Quando hanno a che fare con Woodcock, i garantisti ad oltranza apparecchiano il banchetto. Nel dicembre 2003, per dire, si limitò a chiedere l’arresto di: Tony Renis, cantante; Anna La Rosa, giornalista, anche se l’avviso di garanzia la definiva «soubrette»; Nicola La Torre, politico all’epoca portavoce di Massimo D’Alema; Sergio D’Antoni e Franco Marini, ex segretari Cisl e anch’essi politici dalle diverse fortune. Varie ed eventuali, finirono nell’inchiesta anche due ministri, Antonio Marzano (Attività produttive) e Maurizio Gasparri (Telecomunicazioni), l’ambasciatore Umberto Vattani - che alla fine è stato davvero rinviato a giudizio per peculato per quei fatti, ma da altra procura -, ed il «noto» Flavio Briatore, così veniva definito, «noto». Furono i suoi carabinieri a spiegargli che Telecamere era un programma leggermente diverso dal Grande fratello, e che Tony Renis non era il marito di Rita Pavone. Woodcock ammette tranquillamente di non avere tempo per guardare la televisione e ascoltare musica d’antan.

La richiesta di misure cautelari del 2003 costituisce indubbiamente un unicum della giurisprudenza italiana, un’agile lettura di 7.856 pagine, ma non ebbe grande successo, e degli arresti non se ne fece nulla. Eppure, nonostante l’infausta sorte, quell’inchiesta dice molto della personalità di Woodcock, magistrato moralizzatore se ce n’è uno. Partì per dimostrare l’esistenza di una associazione a delinquere che ne faceva più di Bertoldo, dagli appalti per le pulizie degli uffici, alla compravendita internazionale di idrocarburi, alla riscossione di crediti fiscali. Scivolò subito nell’analisi sociologica del generone romano, il solito sottobosco di amicizie millantate, clientelismo e regalie abnormi. «Mercimonio», «logica dello scambio», «baratto», furono i savonaroleschi termini usati per descrivere quel mondo, citando come prova di corruzione anche «forniture di pesce fresco per alcune centinaia di Euro», articoli di abbigliamento, oggetti preziosi regalati da aspiranti playboy ad aspiranti veline. Il Gip fece notare che oltre allo sforamento della competenza territoriale c’era anche una impropria valutazione penale di storielle non certo edificanti, ma attinenti alla presunta dolce vita romana e alla sfera privata dei suoi protagonisti. Ma il pubblico ministero Henry John Woodcock non è uno che si scoraggia facilmente. Nato nel Somerset, Inghilterra, 40 anni, figlio di una signora napoletana e di un docente inglese dell’Accademia navale di Livorno, cresce a Napoli. Dopo la laurea, è uditore presso Arcibaldo Miller, attuale capo degli ispettori del ministero di Grazia e Giustizia. Diventa giudice nel ’96 e lo mandano a Potenza, dove si presenta col botto, facendo arrestare per falso il direttore della cancelleria, suo dirimpettaio di stanza. Nasce la fama di personaggio «strano». Nel 2002 diventa famoso per una inchiesta su sospetti giri di tangenti per il petrolio in Val d’Agri: decine di fermi, onorevoli, militari, imprenditori e manager Eni sotto accusa. Gli esiti dell’indagine furono rivedibili, di memorabile rimane solo un titolo del Manifesto: «La Basilicata entra nell’Opec». È un uomo ironico e schivo, che si piace molto e parla poco con i giornalisti. Velista, motociclista, si occupa di un settore che giudica «fisiologicamente scomodo» come la pubblica amministrazione, ma ha già dimostrato di poter spaziare anche in altri campi.

Frasi celebri: «Noi che viviamo in tribunale siamo uomini fortunati, perché, senza pagare il biglietto, abbiamo un posto in prima fila nel teatro della vita». I suoi marescialli, che gli vogliono bene, quando subisce un rovescio giudiziario (e capita spesso), lo rincuorano con i proverbi. Nel 2002, riferiscono le cronache locali, scaldarono il suo cuore con un «Dottore, finché ce n’è, viva il Re». Ecco, appunto.
Marco Imarisio
17 giugno 2006
Non c'è tempo, non c'è spazio. Statt' bbuon'.



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Woodcock   20/6/2006 1.28.46 (114 visite)   Precario?
   re:Woodcock   20/6/2006 1.30.3 (52 visite)   Rr.Selavy
      re:Woodcock   20/6/2006 1.33.13 (58 visite)   Precario?
         re:Woodcock   20/6/2006 8.53.13 (42 visite)   pearl jam
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