Nick: `ReVaN` Oggetto: Operazione "Gotha" Data: 20/6/2006 11.0.48 Visite: 136
PALERMO - Agenti della polizia di Stato hanno eseguito 52 arresti su ordine dei pm della Dda di Palermo. Il pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone ha disposto il fermo dei componenti delle cosche che da alcuni anni sono al vertice delle famiglie mafiose del capoluogo siciliano. Sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione. Dall'indagine condotta dalla squadra mobile emerge la nuova mappa della mafia che ha messo le mani sulla città. Gli arresti disposti stamani dai pm hanno "decapitato gli attuali capi di Cosa nostra" che erano in contatto, attraverso i "pizzini", con Bernardo Provenzano. I boss progettavano attentati e omicidi e ordinavano estorsioni a imprese e grosse attività commerciali. L'inchiesta, che ha pure portato a decrittare i "pizzini" trovati nel covo di Provenzano dopo il suo arresto, e scoprire l'identità di alcuni favoreggiatori i cui nomi erano nascosti da numeri, è coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai pm Maurizio De Lucia, Michele Prestipino, Roberta Buzzolani, Nino Di Matteo e Domenico Gozzo, e si basa in gran parte su intercettazioni effettuate per due anni in un box in lamiera in cui si svolgevano i summit dei capimafia, che si trova nei pressi di viale Michelangelo, alla periferia della città. Tra i 52 fermi disposti dalla Dda vi sono anche 16 indagati accusati di essere gli attuali capi delle famiglie mafiose di Palermo, tre dei quali sono considerati in posizione "sovraordinata" rispetto agli altri. Una sorta di direttorio ristretto di Cosa nostra di cui faceva parte, secondo l'accusa, Antonino Rotolo, 60 anni, indicato a capo del mandamento mafioso di Pagliarelli, che partecipava ai summit nonostante fosse agli arresti domiciliari. L'uomo, bloccato stamani dagli agenti della Mobile, era stato condannato all'ergastolo per una serie di omicidi, ma aveva ottenuto alcuni anni fa la detenzione in casa per via di problemi di salute. Del direttorio avrebbe fatto parte anche il dottore Antonino Cinà, di 61 anni, che in passato è stato il medico di Totò Riina ed ha già scontato una condanna per associazione mafiosa. Il terzo boss a sovrintendere sugli altri 16 sarebbe Francesco Bonura, di 64 anni, indicato come il capomafia di Uditore. Tutti e tre sono stati arrestati stamani su ordine del procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone a capo del pool formato dai pm De Lucia, Prestipino, Buzzolani, Di Matteo e Gozzo. Le conversazioni fra Cinà, Bonura e Rotolo registrate dalla polizia nel box in cui si svolgevano i summit, sono la colonna portante dell'inchiesta. In questo luogo segreto, che si trova a una decina di metri dalla villa di Rotolo, venivano ricevuti i vari rappresentanti delle famiglie mafiose per affrontare problemi e discutere le strategie criminali. Sono stati gli stessi boss, a loro insaputa, a rivelare segreti e nomi di persone insospettabili che sono affiliati alle varie famiglie della città. Sono così emersi nuovi elementi di spicco di Cosa nostra, nuovi punti di riferimento delle varie zone. Gran parte dei quali sono stati arrestati stamani. Le intercettazioni confermano ancora una volta che Bernardo Provenzano, fino al giorno del suo arresto, avvenuto l'11 aprile scorso, era il "capo supremo di Cosa nostra". GRASSO, DA INTERCETTAZIONI DURO COLPO A COSA NOSTRA "Grazie alle tecnologie più avanzate è stato possibile acquisire un numero impressionante di conversazioni ambientali che per il livello degli interlocutori e per gli argomenti trattati ha ben pochi precedenti per la comprensione ed il contrasto a Cosa nostra". Così Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, commenta l'operazione della polizia che stamani ha portato al fermo di decine di persone disposto dai pm della Dda di Palermo. "L'indagine - rivela il capo della Dna - conferma ancora il ruolo di vertice di Bernardo Provenzano, punto di riferimento e di equilibrio in una situazione magmatica, sempre pronta ad esplodere". "Queste conversazioni - aggiunge Grasso - hanno consentito di tracciare l'attuale organigramma dell'associazione mafiosa palermitana; ma anche i rapporti tra le sue diverse articolazioni e i loro esponenti di vertice, mostrando un divenire assai complesso ed estremamente fluido di alleanze, di contrasti e di contrapposizioni". Il procuratore antimafia sottolinea che: "Sono stati arrestati i reggenti di 13 famiglie mafiose e di sei mandamenti". "La caratteristica particolare - precisa Grasso - é che questi capimafia arrestati sono stati in passato quasi tutti condannati per mafia ed hanno già scontato la pena. Una volta pagato il loro debito con la giustizia, sono però ritornati a delinquere, prendendo in mano le redini delle cosche". Grasso conclude elogiando le forze dell'ordine: "Grazie alla genialità investigativa, alla grande professionalità e all'estremo spirito di sacrificio degli uomini della sezione criminalità organizzazta della squadra mobile di Palermo, coadiuvati dal servizio centrale operativo e dalla sezione catturandi della Mobile, si è arrivati a scoprire gli attuali retroscena di Cosa nostra palermitana". INTERCETTAZIONI BOSS SVELANO I SEGRETI DEI PIZZINI Le intercettazioni effettuate per due anni nel box in lamiera in cui i capimafia effettuavano i summit hanno contribuito a decrittare i "pizzini" trovati nel covo di Bernardo Provenzano. In molte lettere esaminate dai pm e dalla polizia, sono stati trovati tanti punti che corrispondono alle conversazioni registrate dagli investigatori. In alcuni casi sono stati gli stessi boss, in particolare Nino Rotolo, a svelare inconsapevolmente alle microspie il numero con il quale si identificava nelle lettere che inviava a Provenzano. Emerge così che Rotolo era il numero 25, mentre il medico Antonino Cinà il "164" e Pietro Badagliacca, arrestato anche lui stamani, il numero "64". Con il "30" e il "31" venivano contraddistinti i boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Gli inquirenti hanno identificato anche altri numeri che sono inseriti nei "pizzini". Dalle intercettazioni emerge che Bernardo Provenzano, fino al giorno del suo arresto, avvenuto l'11 aprile scorso, era il "capo supremo di Cosa nostra", il punto di equilibrio tra tutte le sue varie componenti ed il riferimento essenziale attraverso il quale passavano tutte le decisioni sulle questioni di interesse generale o, comunque, di maggior rilievo.(ANSA). DA INCHIESTA CONTATTI FRA BOSS E POLITICA "Sono stati acquisiti elementi significativi sui rapporti degli esponenti di vertice dell' organizzazione, in particolare Antonino Rotolo, Antonino Cinà e Francesco Bonura, con esponenti del mondo politico". Lo scrivono i pm nel provvedimento con il quale è stato disposto stamani il fermo di decine di persone per associazione mafiosa e estorsione nell'ambito dell'operazione della polizia denominata "Gotha". Secondo i magistrati, sono stati raccolti elementi che proverebbero "il perseguimento di una strategia" da parte di Cosa nostra, "volta non solo - si legge nel fermo - ad appoggiare nelle competizioni elettorali candidati ritenuti di assoluta fiducia ma ad ottenere anche l'inserimento nelle liste dei candidati di persone ancora più affidabili perché legati agli stessi 'uomini d'onoré da vincoli di parentela o da rapporti ritenuti di uguale valore". Dall'inchiesta emerge che i boss arrestati avevano già trovato gli uomini da inserire nelle liste elettorali di due partiti che fanno parte della Cdl, che dovranno concorrere per le elezioni amministrative di Palermo del prossimo anno. http://www.ansa.it |