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Nick: thecrow75
Oggetto: Scalfaro assolto?
Data: 23/1/2004 2.30.39
Visite: 298

«Scalfaro assolto? Un atto pietoso»
Mancuso: in realtà la sentenza ha dimostrato che incassò
i soldi del "non ci sto"
di Sonia Sarno
«Il procedimento penale nei confronti di Oscar Luigi Scalfaro è stato benevolo fin dall’inizio. Non solo. Nonostante io avessi fornito - in occasione di tre interrogazioni urgenti che ho fatto in Parlamento - prove e documenti schiaccianti, il governo di centrosinistra ha negato l’evidenza ignorando le prove».
Filippo Mancuso, magistrato, ex ministro della Giustizia, ex deputato di Forza Italia passato al gruppo Misto, parla con toni sommessi: ma le sue parole sono macigni. Tra pochi giorni cadrà l’anniversario del celebre discorso rivolto alla Nazione, in tv a reti unificate, dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Era il 9 novembre del 1993. E Scalfaro, accusato da alcuni funzionari del Sisde tra cui il direttore Riccardo Malpica, di aver ricevuto soldi dai servizi segreti quando era ministro dell’Interno, scandì il suo famoso «Io non ci sto». Era l’inizio di un’inchiesta giudiziaria destinata a spaccare la procura di Roma, trascinandosi tra tensioni altissime. Scalfaro veniva accusato di aver ricevuto indebitamente dal Sisde, durante il suo incarico di ministro dell’Interno durato quattro anni, 100 milioni di lire ogni mese. Veniva anche accusato di aver ricevuto 350 milioni di lire, sempre dal Sisde, due giorni prima che smettesse l’incarico di ministro, e di avere erogato al Sisde otto miliardi di lire traendoli dai fondi riservati, per poi riappropriarsene con il concorso di Vincenzo Parisi, all’epoca direttore proprio del Sisde. Accuse dalle quali è stato assolto: il Collegio per i reati ministeriali del Tribunale di Roma, con una sentenza datata 2 luglio 2001, ha dichiarato l’archiviazione del caso.
Onorevole Mancuso, lei che è stato protagonista della polemica con l’ex capo dello Stato ai tempi dei fondi neri del Sisde, come commenta la sentenza?
«Male, malissimo. La motivazione è che non è stato dimostrato che quei soldi irregolarmente presi - e su questo la sentenza è chiarissima - siano stati utilizzati per scopi non pubblici. Scalfaro disse di averli impiegati per una funzione pubblica senza indicare quale. Questa motivazione ha il sapore di una scusante dell’ultima ora per non promuovere l’azione penale. Le indagini, comunque, non vennero mai fatte perché fu deciso che il Presidente della Repubblica in quanto tale non poteva essere perseguito. Sarebbe stato coperto da immunità, insomma».
Non crede che la magistratura abbia cercato, fin dall’inizio, di impedire un attacco alle istituzioni che avrebbe potuto avere conseguenze gravissime sullo Stato?
«La presa di posizione a tutela delle istituzioni da parte di Michele Coiro (il magistrato della Procura di Roma che dopo Vittorio Mele ha seguito il caso, ndr) è sacrosanta. Ma se avessi potuto dare un suggerimento a Coiro, in questo caso gli avrei detto che l’istituzione era incarnata da un peculatore, quindi così non si salvaguardava l’istituzione ma il peculatore. Si trattava di un evidentissimo caso di concorso in peculato con persone che dal Sisde gli avevano dato contributi ingenti e continuati».
Lei dice "evidentissimo caso" ma di fatto è stato assolto...
«Non si tratta di un’assoluzione. Il Tribunale ha accertato l’appropriazione dei 100 milioni il mese durante i quattro anni al ministero e dei 350 poco prima di lasciare l’incarico, ma ha sostenuto che - anche per reticenza di Scalfaro - non risultava che queste somme fossero destinate a usi non pubblici. In sintesi, si sa che i soldi finivano al ministro ma non si sa come venissero impiegati. Questa la valvola di salvezza utilizzata. Scalfaro ha goduto di parecchi favoritismi in tutta questa faccenda. L’ipotesi di peculato, per esempio, è stata retrocessa a quella di abuso d’ufficio. Oltre ad avergli concesso l’immunità come capo dello Stato, benché i fatti che gli venivano contestati si riferissero agli anni in cui era ministro dell’Interno».
Eppure in quel famoso discorso a reti unificate Scalfaro negò di averli mai ricevuti.
«Qualsiasi furfante farebbe come ha fatto Scalfaro, cercando di esimersi dalle responsabilità».
Ma se le prove fossero state tanto schiaccianti come lei dice, come potrebbe esserci una sentenza del genere?
«Legga la motivazione della sentenza in fatto e in diritto. Lo ribadisco: in fatto Scalfaro ha incassato i soldi e su questo il tribunale non ha dubbi; ma l’elaborazione escusativa consiste nell’assunto che si sarebbe dovuto dimostrare che se li era intascati in proprio. Comunque anche se i soldi fossero stati utilizzati per fini pubblici, è la stessa materialità di avere denaro che non gli spettava, proveniente da un servizio pubblico, che avrebbe dovuto determinare questo rinvio a giudizio».
Allora perché una sentenza del genere?
«Voglio sperare che si sia trattato di un atto di clemenza, un atto pietoso nei confronti di un uomo che stava uscendo dalla vita pubblica».
Se fosse come lei dice, allora la giustizia non sarebbe uguale per tutti. Al contrario, sarebbe gravemente ammalata.
«Speriamo che sia solo ammalata. Anche se, in certi casi come questo, parrebbe morta».
Allora lei condivide chi sostiene che i magistrati fanno politica?
«La condivisione è su questo concetto: fanno politica facendo i magistrati, cioè attraverso una indebita commistione. La veste è quella dell’azione giudiziaria viceversa distorta per finalità politiche. Ma qua il soggetto non è la magistratura, sono singoli magistrati ben individuati che si comportano in modo indebito. Magistrati verso i quali Scalfaro, per paura che emergessero le magagne della sua azione politica, ha avuto una tolleranza che ha contribuito a scompaginare del tutto l’equilibrio della giurisdizione».



Filippo Mancuso, ex ministro della Giustizia del governo Dini, ora nel gruppo misto, è sempre stato convinto della colpevolezza di Oscar Luigi Scalfaro tanto da aver ripetutamente fatto interpellanze parlamentari, tutte lasciate senza risposta dal governo dell'Ulivo.
Di più: sollecitò lui stesso un' inchiesta sui fondi neri del Sisde assegnati a Scalfaro.
"Non sono mai stati iscritto al registro degli indagati, nessun magistrato mi ha mai contestato un reato" ha sostenuto l'ex presidente della Repubblica, ma non è vero, afferma Mancuso, documenti alla mano.
Ad esempio un "verbale di interrogatorio di persona sottoposta da indagine" del "Collegio per i reati ministeriali presso il tribunale di Roma" ove, dopo le generalità di rito, si legge:
Presidente del collegio:"senta, io adesso le do lettura dei capi di imputazione"
O. L. Scalfaro:"sono capi d'imputazione questi?"
Presidente: "capi di imputazione. Lei è imputato del reato di cui all'articolo .."
Mancuso conosce bene il caso Scalfaro perchè fu presidente della Commissione che indagò sulla gestione di una parte dei Fondi Sisde; infatti mostra una serie di sostanziosi faldoni sul suo tavolo tutti riguardanti gli atti e gli interrogatori concernenti Scalfaro e, precisa, sono solo una parte.
Ancora: " Gli venne formalmente contestato, davanti al Collegio per i reati ministeriali, di aver ricevuto, nella carica di ministro dell'interno, la somma di lire 100 milioni mensili, prelevata dai Fondi riservati del Sisde sul capitolo di bilancio n1117, "così intenzionalmente procurandosi un ingiusto vantaggio patrimoniale dal 1983 al 1987". Venne inoltre "accertata la circostanza del versamento di lire 350 milioni da parte del Sisde al ministro, due giorni prima della scadenza del suo incarico".
Poi Scalfaro venne prosciolto con una decisione compiacente. Non gli venne contestato il reato di peculato e gli venne accordata la formula della improcedibilità.
Per il primo reato si disse che si era trattato di un fatto compiuto secondo una prassi, in realtà rifiutata dal ministro Fanfani, in virtù della quale " le somme erogate dal Sisde servivano per attività di pubblica sicurezza, che però per ragioni di segretezza non sono state in concreto rivelate". Per il secondo reato si disse che la circostanza dell'avvenuto versamento "pur suscitando forti perplessità in ordine alla sua correttezza" non era "sufficiente ad integrare la responsabilità del ministro potendosi spiegare con adempimenti leciti per scopo d' istituto".
D'altra parte "nessuna legge, infatti, prevedeva che il Sisde potesse fornire denaro al ministro dell' Interno per adempiere compiti istituzionali. Il senatore non ha mai rivelato quale ipotetico utilizzo in senso pubblicistico ne abbia fatto. Si è sempre appellato alle ragioni di riservatezza."
Il resto è storia: i cinque funzionari del Sisde che accusavano Scalfaro vennero iscritti nel registro degli indagati contestandogli l' art. 289 del codice penale.
..." fu un modo per metterli fuori gioco contestandogli un reato da guerra civile...."
Il Giornale



Filippo alla caccia dell’Oscar "Egli sarà processato. Quello dei magistrati che querelano i giornalisti è un sistema di condizionamento della libertà di stampa. La sinistra non vuole il giusto processo". A colloquio con un ex Guardasigilli che prese in parola il suo Presidente (quando disse che avrebbe sfidato chiunque a dimostrare di aver preso soldi dal Sisde per fini non istituzionali), e lo sfidò.

Intervista a Filippo Mancuso di Luigi Amicone Ce lo aveva annunciato un anno fa su queste colonne. "Un minuto dopo che egli non sarà più presidente, lo affronterò". Traduzione: gli presenterò il conto. E infatti, eccolo qua, l’onorevole Filippo Mancuso, Guardasigilli dell’unico governo della storia repubblicana che si sia presentato davanti alle Camere e abbia accettato la sfiducia ad personam di un suo ministro, Mancuso appunto, rimanendo in sella tutto il resto per non ostacolare il lavoro della manipulissima rivoluzione giudiziaria. Carta canta e Mancuso pure, dice: "Nel 1987, due giorni prima di lasciare il suo incarico di Ministro degli interni, Scalfaro ricevette dal Sisde 250 milioni e 100 milioni di lire! Che fini istituzionali potevano richiamare queste percezioni se l’istituzione, nella tesi che li avrebbe giustificati, era già scaduta?". Così parlò l’uomo dalla memoria più lunga del Parlamento, in aula, quella di Montecitorio, le cronache raccontano, "semivuota".
Onorevole, vedo che non è venuto meno a quella sua antica promessa fatta all’ex presidente Scalfaro...
Mai mancare alle promesse! Ci sono elementi di novità nell’inchiesta?

Sta emergendo quello che era già noto, e cioè che Scalfaro è stato sul libro paga del Sisde quando era ministro dell’Interno. La novità è solo che oggi Scalfaro non ha più la tutela dell’intangibilità presidenziale e perciò è una persona imputabile. Prima infatti, le denunce sui versamenti di denaro del Sisde a Scalfaro venivano insabbiate e, anzi, ritorte e carico degli imputatori, con l’accusa di "attentato alla libertà del capo dello stato". Ora che questo impedimento è venuto meno, rimane la mia denuncia penale, documentata anche in due interrogazioni alla Camera dei Deputati. Ho scritto su questo al giudice competente del Collegio per i reati ministeriali e ho chiesto di essere ascoltato. Produrrò nuovi documenti che provano come Scalfaro abbia effettivamente e indebitamente percepito quel denaro.
Quanto tempo occorrerà perché la giustizia si pronunci?

Si tratta di un procedimento dettato da una legge costituzionale, per cui i tempi dovrebbero essere rigorosi, anche se presto ci sarà un’interruzione per le ferie e quindi tutto ripartirà a settembre. Per il momento vorrei soltanto sottolineare che quanto ho documentato e quanto è emerso nella discussione alle mie interpellanze parlamentari non è tutto quello che c’è da dire sull’argomento. Mi riservo di continuare questa campagna di verità e tempo debito, e sempre sulla base di documenti.
In questi giorni si sta discutendo molto sul sistema delle querele dei magistrati che colpiscono soprattutto i giornalisti...
Dice bene quando parla di "sistema". È un sistema. Un sistema di condizionamento della libertà di stampa e anche della libertà di opinione, perché i giornalisti non sono gli unici ad essere colpiti dalle querele dei magistrati, ci sono anche i parlamentari e, in genere, chiunque si permetta una obiezione, anche una pura e semplice obiezione, nei confronti del loro operato. Mentre alcuni magistrati dovrebbero essere svergognati. Penso, ad esempio, alla conclusione della vicenda Nobili. Assolto, dopo la gogna, le manette, la cella di isolamento...
Paradossalmente, ai tempi della Prima Repubblica, non c’era questo bavaglio alla stampa...
Rispetto alla non certo ideale cosiddetta prima repubblica, la certamente peggiore cosiddetta seconda sembra aver introdotto il reato di opinione. Comunque si tratta di una violazione del regime costituzionale. Ma tutto ciò non sarebbe accaduto se la magistratura non fosse stata sospinta su questa china da Scalfaro.
Si dice che entro la fine di luglio la commissione parlamentare dovrebbe dare il via libera alle nuove norme sul cosiddetto "giusto processo". Lei crede nella possibilità di un accordo politico su questo tema?

No, non sono per nulla fiducioso sul conseguimento di un accordo. Faccio parte del comitato ristretto che, per l’appunto, deve occuparsi delle norme costituzionali del giusto processo. La sinistra, a richiesta della magistratura deviata, non vuole il giusto processo perché vuole avere sempre più mano libera nei confronti dei cittadini, della politica, dello stato.
Ammetterà che almeno a Milano, le relazioni tra i magistrati del pool e il politico Berlusconi siano migliorate, mentre dallo stesso Palazzo è partito il tam tam di richieste di arresti per uomini della sinistra...
Questi sono casi particolari. Quello che a me invece interessa è il clima generale legale e delle costumanze giuridiche.
di Amicone Luigi


P.S. NON C'è CHE DIRE...UN GRAN FIGLIO DI PUTTANA QUESTO OSCAR LUIGI SCALFARO!




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Scalfaro assolto?   23/1/2004 2.30.39 (297 visite)   thecrow75
   re:Ma che risate!?   23/1/2004 2.48.1 (35 visite)   MuS|CA'
      Non c'è nulla da fare....   23/1/2004 2.53.36 (38 visite)   thecrow75
         re:Non c'è nulla da fare....   23/1/2004 11.20.39 (28 visite)   MuS|CA' (ultimo)

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