28-5-01
Siamo al refettorio. Sono passati ormai due giorni, e non so ancora nulla. Resto chiuso qui dentro, senza nessuno che mi dia notizie. Non so nemmeno se hanno raggiunto un verdetto o sono ancora “in attesa di giudizio”. Se la prendono comoda, tanto in galera ci sono io, mica loro.
Il ragazzo ha un atteggiamento strano, che non riesco a capire: a volte è curioso, mi osserva, mi riempie di domande.. altre volte preferisce restare sulle sue, quasi avesse paura di me.
Come adesso, per esempio: mangia velocemente, lanciandomi solo un’occhiata di tanto in tanto.
Un tizio gli passa dietro, tirandogli uno scappellotto che quasi gli fa cadere gli occhiali, poi si siede accanto a lui, di fronte a me.
Mi suona strano che il ragazzo non abbia il minimo accenno di protesta e continui a mangiare come se nulla fosse. Alzo gli occhi dal piatto e guardo il tipo, che ora sorride.
Se non ricordo male quello che mi spiegava Aaron, dovrebbe essere il “Portoghese”, un tipo che il Portogallo nemmeno sa dove sia, ma che dice di appartenere a non so che organizzazione ed è qui perché sospettato di omicidio. Tutti sanno che è colpevole, ma senza prove sufficienti è un “in attesa di giudizio” come me.
Quello che mi preoccupa è che lui è qui dentro da quasi un anno, non vorrei fare la sua stessa fine.
Il Portoghese mi squadra, sempre sorridendo. Io continuo a guardarlo, aspettando che dica qualcosa.
“Mi piaci amigo, hai le palle di reggermi lo sguardo”
Ecco. Un esaltato. Sbuffo e riprendo a mangiare, annuendogli appena. Aaron quasi ingoia senza masticare, pare che non veda l’ora di svignarsela.
“Ehi, sto parlando con tigo.. me guardi almeno in faccia?”
Poso la forchetta e appoggio i gomiti sul tavolo, guardandolo con la faccia con cui si accoglie un Testimone di Geova alle sette di domenica mattina.
“Allora, ascoltami bene.. muy bene.. qui siamo tutti una grande famiglia, e questa famiglia è il mio regno. Qui comando io. Se te dico una cossa, tu fai quella cossa. Claro, amigo?”
annuisco. Se basta così poco a farlo felice..
Poggia una mano sulla spalla di Aaron.
“Guarda amigo.. come fa esto muchacho.. che io gli dico di saltar e lui adesso salta! ”
sposto lo sguardo su Aaron, che in effetti si alza in piedi e salta. Incredibile.
Il Portoghese continua “e se gli dico de far la gallina, lui fa la gallina.. mira!”
E ovviamente il ragazzo comincia ad agitare le braccia come fossero le ali di una gallina, urlando un “coccodè” che provoca il riso generale. Annuisco ancora una volta, poi provo a continuare a mangiare.
“Allora amigo.. es todo claro?”
E per la quarta volta annuisco, chiedendomi quando questo idiota mi lascerà mangiare. Mi scosta il piatto.
“Non la testa.. devi dire: si, capo ”
Questo è troppo. Va bene che è una macchietta, ma “si, capo” non glielo dirò mai. Alzo di nuovo lo sguardo e lo fisso negli occhi.
“Che dici, amigo, posso mangiare o mi fai un altro po’ di cabaret?”
Non gradisce la risposta, tant’è che mi rovescia il piatto a terra.
Mi alzo lentamente, continuando a fissarlo. Mi scappa un leggero ringhio, che porta di nuovo l’attenzione di Aaron sulla mia bocca. Il Portoghese se la ride. “Tu es un cagnolino? Lecca la minestra, cagnolino! O vuoi un po’ d’osso?” mi canzona, mettendosi una mano tra le gambe.
Ora è Aaron a prendere coraggio e a parlare. Si volta al portoghese e gli urla in faccia “tu sei un idiota! Altro che cagnolino, questo è un lupo! Lo sai che ha fatto questo qui? Ha sbranato un uomo! Se adesso non alzi le chiappe e sparisci ti mangia il cuore mentre sei ancora vivo!”
Segue un attimo di silenzio. Il Portoghese smette di ridere e fissa Aaron; la sua gallinella ha fatto il gallo. Poi si volta a guardare me.
Io mi volto dall’altra parte e faccio per andarmene. “Ehi Gab, ma che fai?” è la voce di Aaron; si aspettava che facessi chissà cosa.. forse ha solo visto troppi film.
“me ne vado. Ho finito di mangiare” gli rispondo, indicandogli il piatto rovesciato, poi vado via per tornare alla cella. Il ragazzo si affetta a seguirmi. Di nuovo nella sala scoppia l’ilarità generale.
Quando siamo nella cella, Aaron mi fissa a lungo. È indeciso se parlare o meno. Solo dopo parecchi minuti riesca a rompere il silenzio.“Stronzo!”
Lo guardo sgranando gli occhi, con un mezzo sorriso e l’aria sorpresa.
“si, sei stronzo! Anzi, sei davvero stronzo! Ma come ti sei fatto trattare? Non hai visto che tutti ti ridevano dietro?”
Gli sussurro “coccodè”, come a ricordargli che le risate prima avevano avuto un altro bersaglio.
“Si, ma che c’entra, stronzo! Qui comanda lui, io mica mi posso ribellare! Quello mi fa tagliare la gola! Ma tu potevi.. e sai perché non lo hai fatto? Perché sei uno..”
“Uno stronzo, lo so”, lo interrompo io, “non ti preoccupare, la prossima volta lo sgozzo, così da qui non esco più”. Così dicendo mi stendo sulla branda, chiudendo gli occhi.
Il ragazzo non dice più nulla. Fiducioso in una mia reazione ha anche avuto il coraggio di urlare in faccia a quel tipo. Poveraccio, probabilmente adesso teme le conseguenze. Ma seriamente, potevo mai aggredire il Portoghese? Davvero non sarei più uscito da qui, e io in questa cella già mi sento di scoppiare.
31-5-01
sono passati altri due giorni, chiuso qui dentro. Aaron evita di mangiare con gli altri, rifiuta anche l’ora d’aria. Parla sempre di meno. Spesso farfuglia nel sonno, e da quello che riesco a capire credo che sia terrorizzato dal Portoghese. È diventata peggio di un’ossessione, la sua. È sicuro che alla prima occasione lo ammazzeranno. Dal canto mio, continuo a mangiare al refettorio, sopportando con pazienza quei cialtroni che abbaiano quando mi vedono passare.
Aaron si alza dalla sua branda e viene a sedersi sulla mia.
“Gabriel.. io ho paura”
Spengo la sigaretta e mi volto a guardarlo “e di che?”
“Come, di che! Di quel tipo.. ha detto che mi ammazza..”
“Ma dai, stà tranquillo.. quel tipo fa solo scena..”
“Oh certo, mi proteggerai tu! Il cagnolino.. è così che ti chiamano tutti, vero?”
Cazzo, mi ha fatto male. Non per la storia del cagnolino, figuriamoci.. è che nemmeno lui crede in me. È sicuro che io non sia in grado di proteggerlo..
“Gabriel, ti devo dire una cosa..”
Lo ascolto, accendendo un’altra sigaretta.
“Si tratta di Micaela..”
Alzo gli occhi verso di lui. “Micaela? Che c’entra?”
“Io.. gli ho detto tutto quello che mi hai raccontato. Come è fatta, dove abita, che lavoro fa.. ha detto che tra una settimana esce e le porta i tuoi saluti..”
Lascio cadere la sigaretta, afferrando Aaron “Che hai fatto, tu?”
Appena gli tocco il torace lancia un urlo di dolore. È bastato sfiorarlo. Ho paura che lo abbiano pestato per bene. Cristo, è solo un ragazzino..
Lo lascio immediatamente, poi raccolgo la sigaretta e continuo a fumare.
“Che hai intenzione di fare adesso, Gab?”
“Aspetto l’ora d’aria”
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